29 dicembre 2009

Lotta al terrore

La nuova arma dei terroristi è la mutanda imbottita


arrestato Rocco Siffredi


Mi hanno confidato che non corro rischi

Doh!


Ecco la cazzata di fine anno

23 dicembre 2009

un sonoro vaffanculo ha squarciato il silenzio della notte...

Ma perchè durante la notte mi viene di pisciare?
Ma perchè mi ostino ad arrivare in bagno solo con le luci di cortesia?
Ma perchè ci vado scalzo?
Ma soprattutto...
perchè cazzo fanno i letti con gli spigoli vivi?!

For the title and ispiration thanks to Valeriascrive

Il presente post è tutto frutto di fantasia, nessun alluce è stato maltrattato nella produzione dello stesso.

22 dicembre 2009

Disegnare con la luce

Dal poco che ne so "fotografia" significa, più o meno, disegnare con la luce e la prima cosa che viene in mente sono quei bei quadri realistici, magari di panorami, quei quadri che li guardi e dici: "Cavoli, sembra proprio una foto!". Però, ho scoperto, le foto non sono solo questo ma molto di più, perchè ci sono persone che con la macchina fotografica in mano non ti rappresentano soltanto un immagine, un disegno, ti raccontano una vera e propria storia. Quanta invidia, mi piace fotografare, mi piace tagliare la luce in modi particolari ma di fronte ad alcune foto rimango sempre a bocca aperta. Sapendo questa cosa, la mia amica Viola un giorno mi manda una mail e mi dici: "Guarda 'sta roba qui, l'ha fatta un mio amico", posso io, se un amico mi dice "Guarda 'sta roba", non guardare? No, assolutamente, ed era una specie di libro fatto di immagini e parole e davanti alle immagini mi sono detto che non sembravano nemmeno foto. Foto di oggetti comuni, di particolari di oggetti comuni, che non solo ti raccontano qualcosa ma è qualcosa che, tutto sommato non ci saremmeno nemmeno aspettati e, di solito, meravigliarsi non è nemmeno male. Questo progetto, questo libro, si chiama "Il teorema dello scaffale" e, davvero, incuriosisce e per togliersi la curiosità, in fondo, basta chiedere maggiori informazioni a chi lo ha fatto: ilteoremadelloscaffale@gmail.com

20 dicembre 2009

La mia strada?

c'è chi mi vuole come vuole
un po' più santo
più criminale
e un po' più nuovo
un po' più uguale
mi vuole come vuole
c'è chi mi vuole per cliente
chi non mi vuole
mai per niente
e c'è chi vuole le mie scuse
che ciò che sono l'ha offeso
di un po': te come ti vogliono?
di un po' tu come ti vuoi? tu come ti vuoi?
sono vivo abbastanza
sono vivo abbastanza
per di qua
comunque vada
sempre sulla mia strada
c'è chi mi vuole… Click

E tu c’hai ragione Ligabue ma se non si capisce più qual è la strada? Confusa nell’intrico di bivi e viuzze che si sono accavallati giorno dopo giorno? E’ un bel problema no? Come perdersi nella nebbia e non sapere, per davvero, da che parte andare. Anche io sono vivo abbastanza, cosa ti credi? Ma ci sono giorni in cui la strada non la vedo nemmeno, come se fossi al centro dell’autostrada di Los Angeles perso tra tutte le curve degli svincoli e poi, oh, non sempre c’ho “ancora la forza” come vai cantando tu; alle volte ci sono giornate, periodi, in cui vorrei solo dire: “Ok, avete vinto, dove devo firmare?”. Non tutti i giorni si ha la forza di lottare, anche Don Chisciotte c’eran giorni che si rompeva i coglioni di attaccare i mulini a vento, Cervantes non li descrive solo per ragioni narrative ma ce li aveva anche lui i giorni così. Quei giorni in cui ti stanchi di dover rispondere la risposta giusta a tutti che tu li devi capire gli altri, e tu, “gli altri”, non lo sei mai e, citando Pirandello, non è che desideri di essere Nessuno ma, ogni tanto, non ti dispiacerebbe essere disperso nei Centomila.

16 dicembre 2009

Dettatore

Che noi blogger siamo gente che ci piace scrivere si sa, però a noi ci piace scrivere le cose che ci vengono in mente a noi stessi medesimi, mica ad un altro. Insomma, se noi non potessimo scrivere le cose che ci vengono in mente a noi stessi medesimi ma ci fosse un altro, uno che ci dice cosa dobbiamo scrivere, non sarebbe una cosa nostra, sarebbe un dettato e a noi blogger non ci piace di scrivere sotto dettatura.

15 dicembre 2009

Sole, luna, acqua, fuoco, notte, giorno, terra, mare, troppo e poco

il post dalle parole di Zefirina


Promises

Il sole splende talmente forte lì in alto da far esplodere l'azzurro del cielo; guardo in su e per non abbagliarmi difendo gli occhi con le mani ed a guardale, le mie mani, mi ricordo di quando combattevo. Praticavo il full contact qualche anno fa, dicevano che ero bravo, che ero una promessa. Bisogna stare attenti quando si fa una promessa, bisogna sempre essere sicuri di poterla mantenere, ma io ci credevo davvero, mi allenavo per ore, giorni interi a massacrarmi il corpo per essere il più forte, il più veloce e poi salivo sul ring come se dovessi sfidare il mondo; il mio allenatore lo diceva: “il mondo non puoi batterlo tutto insieme, devi affrontarlo un avversario la volta” ma io ridevo e gli dicevo di farne salire anche due, tanto li battevo comunque. Allora ero così: sfrontato ed incazzato con tutto, geneticamente con la luna storta e sicuro di non avere rivali ma sarei tornato con i piedi per terra molto presto. Mi ero preparato per quel incontro chiedendo a me stesso più di quanto potessi realmente concedermi e quando, quel giorno, mi trovai di fronte il mio avversario, ai primi contatti capii che avevo chiesto troppo; ero lento e prevedibile e per i suoi colpi era uno scherzo raggiungermi dove facevano più male. Alla fine del primo round raggiunsi l’angolo a malapena ed il mio allenatore mi consigliò di gettare la spugna ma, come ho detto, allora ero sfrontato ed incazzato, nonostante la nebbia che avevo negli occhi ero ancora convinto che lo avrei battuto. La seconda ripresa stava andando come la precedente, sembrava la sua replica: lui che picchiava, bene, ed io che mi difendevo, male; non potevo continuare così, dovevo fare qualcosa, la cosa più giusta era abbandonare ma credevo ancora di poterlo battere e mi spinsi oltre; cercai di colpirlo con un calcio rovesciato, trecentosessanta gradi di movimento veloce, ma nella torsione sentii chiaramente i legamenti del ginocchio destro che dicevano basta al mio posto, una fiammata di dolore immediata, come se avessi avuto il fuoco dentro. Mi ci volle poco a capire che l’incontro era finito, come la mia carriera; caddi per terra urlando e tenendomi la gamba, il mio allenatore corse sul ring, sconfitta per abbandono. In ospedale mi confermarono semplicemente quello che già sapevo, erano saltati i crociati e mi sarei dovuto operare; passai la notte lì, piangendo per un dolore che i medicinali non mi potevano togliere perché è quel dolore che ti colpisce in faccia come un muro apparso all’improvviso, il dolore della consapevolezza. Smetto di guardarmi le mani, il sole è ancora lì a far esplodere il cielo, sento l’umido della sabbia sotto i piedi; questa spiaggia l’ho scoperta mesi fa, quando mi sono trasferito; troppi ricordi nella vecchia città, troppi segni di una vita passata. Ho scoperto che guardare il mare mi rilassava, mi sedevo sulla sabbia e lo fissavo. Un giorno, poi, ho visto un bambino che costruiva un castello di sabbia proprio sulla riva, le onde, sistematicamente lo buttavano giù e lui, sistematicamente, lo ricostruiva; avrebbe potuto farsi un po’ più indietro, dove l’acqua non lo avrebbe raggiunto ma non lo faceva, no, lui rimaneva lì e ricostruiva dopo ogni distruzione ed allora capii. Su questa spiaggia adesso ci vengo ogni giorno, all’alba, ma non vengo per contemplare il mare, vengo ad allenarmi ed ogni giorno mi sento più forte, ogni giorno mi sento meglio. Ho anche trovato una palestra dove praticano il full contact, ho iniziato a frequentarla, ogni tanto, faccio pesi, aiuto i giovani e qualche volta combatto; mi sono ricordato di una promessa e le promesse, in un modo o nell’altro, vanno mantenute. Mi tocco la cicatrice sul ginocchio, è coperta dal tatuaggio che mi sono fatto, brucia ancora un po’ ma quando lo guardo sorrido; è una fenice che risorge dalle fiamme e sopra c’è una scritta in latino: post fata resurgo.


Finalmente, dopo un po' di tempo, tornano "i post dalle tre parole", so che, in realtà, in questo caso non sono i previsti sostantivoaggettivoverbo ma essendo un gioco, qualche strappetto alla regola si può fare.
Gli altri li trovate qui.

11 dicembre 2009

Soddisfare dei bisogni

Ho bisogno di una scala a pioli, devo cambiare una lampadina ma è troppo in alto per me e per la sedia, anche sommati. Decido di andare al centro commerciale a comprarne una, non si sa mai possa servire per altro, le lampadine sono sempre troppo in alto; al centro commerciali hanno tutto, anche le scale a pioli in alluminio, anche quelle in legno, anche le lampadine se è per questo. E’ una bella giornata, fredda ma secca, di quelle che quando ti dicono: “Madonna che freddo”, rispondi “Sì, ma senti che bel secco!”. Guido verso il centro commerciale, una strada tutta curve in mezzo alla campagna, vado tranquillo tanto non ho fretta, al centro commerciale c’è abbondanza di scale a pioli, non me le finiscono di certo, anche stessero in offerta. Guido tranquillo e mi godo la vigna e gli ulivi, più gli ulivi della vigna a voler essere precisi e mentre me li godo vedo un tizio che raccoglie le olive all’antica: sale su una scala e scuote i rami facendo cadere le olive su dei teli che ha steso sopra le radici. Ho sempre avuto una curiosità su questo metodo di raccolta e decido che è la volta di soddisfarla. Accosto la macchina in uno slargo, ce l’ho fin da piccolo, la curiosità, non la macchina, e mi avvicino al tizio che è a metà della scala; “Buon uomo, mi scusi”, sono sempre una persona educata, “Mi dica”, tra gentiluomini ci si riconosce al volo. “Ho una curiosità che mi porto dietro da un po’, me la toglierebbe?”, “Certo, quale sarebbe questa curiosità?”, “Quando ci sono ulivi grossi come questo, come si fa a scuotere i rami più in alto visto che con la scala non ci si arriva?”, “Ma è molto semplice caro signore, cerco i rami più solidi e appoggiandomici, salgo più su e raggiungo i rami più alti, le faccio vedere”. Lo guardo salire agilmente per un altro paio di metri ed appoggiarsi con i piedi su un grosso ramo e da lì scuotere anche le cime più alte per far cadere le olive; lo guardo sorridendo e gli dico: “Molte grazie”. E’ stata una mattinata proficua, mi sono tolto una curiosità che avevo fin da piccolo ed ho anche trovato la scala a pioli che mi serviva, senza nemmeno andare al centro commerciale.

09 dicembre 2009

Adottiamola!

A cosa serve avere un blog? Serve ad un sacco di cose, fra queste anche quella di poter fare una cosa buona. Tazzozza mi ha chiesto una mano per trovare una casa a questa cagnolina qui sotto

Si trova a Molfetta, in provincia di Bari, se andate sul suo blog troverete maggiori indicazioni

06 dicembre 2009

Tinsegnotuttoio

"Tinsegnotuttoio" incontrò Esmeralda Matilde Lapis in un negozio di elettronica, davanti ad un televisore al plasma da 50 pollici, lei era lì che guardava beata un video di pesci che nuotano; "Tinsegnotuttoio" vide questa tipa alta alta e secca secca, con i capelli neri raccolti all'insù e gli occhiali, che guardava quei pesci inclinando lievemente la testa e sorridendo e sorrise empatica anche lei, disse al tipo che aveva vicino "Neutro, io vado a vedere da 'sta parte, tu vai ai piccì? Sì, ok, ci vediamo ai piccì" e si allontanò. Come al solito Neutro non aveva detto niente, nemmeno annuito, non aveva nemmeno fatto in tempo ad aprire la bocca e si diresse verso l'elettronica con il passo di chi voleva un lettore mp3. Esmeralda aveva le mani in tasca e quando "Tinsegnotuttoio" le si piazzò accanto si spostò lievemente per farle posto. "Belli vero?", le aveva detto "Tinsegnotuttoio" senza girare la testa ed Esmeralda, senza distogliere lo sguardo aveva risposto "Bellissimi, mi piacciono gli acquari, ma come fanno i pesci a stare in così poco spazio? E l'acqua, l'acqua da dove la mettono?". "Tinsegnotuttoio" aveva alzato gli occhi al cielo, lo faceva spesso, le persone secondo lei avevano l'urgenza di sapere e lei il dovere di colmare le loro lacune, era una missione per lei. Si era avvicinata allo schermo ed aveva preso in mano il cavo dell'alimentazione: “Lo vedi questo? L'acqua entra da qui”, “Ed i pesci?”, “Beh, quelli saranno sogliole”. Lo sguardo di Esmeralda si illuminò, come se avesse finalmente capito; nello stesso momento sullo schermo passarono le immagini di una partita di calcio, "Tinsegnotuttoio" prese subito per mano Esmeralda e la tirò via, “Andiamo, Neutro ci aspetta ai piccì”, aveva deciso che sarebbe stata la sua nuova amica.

La prima parte qui

05 dicembre 2009

Come se non avessi niente da fare...

Quando il buon berry ha iniziato a commentare i miei post parlando di blogger anonimi e rapimenti di vips e api Piaggio con cui scorrazzare, io non ho potuto che cazzeggiare di rimando. Contemporaneamente ci è venuto nel cervello lo schiribizzo di rendere questi due blogger più reali e portare i nostri commenti in un blog a parte, come se non avessi già un sacco di cose da scrivere. La vedete quell'ape verde lì a destra? Massì, sotto il blogroll! Ecco, se ci cliccate sopra vi porta dritti dritti a questo nuovo blog mio e di berry in cui troverete i primi due post e la nostra dichiarazione di intenti e chi vuole intenTere inTenTa!
Se poi, come si dice dalle mie parti, vi sfingete a far girare la rotellina e portare il puntatore a pungere l'ape, potete cliccare direttamente qui. Naturalmente questo blog continua a vivere la sua vita e a far apparire le mie cazzate, racconti "ispirati" compresi, mo non è che ve ne andate tutti lì eh! State qui e lì (e pure da berry, va)!

03 dicembre 2009

Selezione, innaturale, desiderare

Il post dalle tre parole di Fabrizio

Il viaggio


Fuori dalla macchina ci sono solo la strada, l’asfalto e la notte; un unico, uniforme strato di nero. Le stelle probabilmente sono andate a fare da sfondo dove sono più utili, magari a qualche coppia ferma in contemplazione, impegnata ad unire i puntini e disegnare costellazioni inventate aspettando che cada una stella per desiderare quello che entrambi vogliono ma non si decidono a fare. Qui la notte è così nera che potrei essere già arrivato e non me ne accorgerei, se sapessi davvero dove sto andando. Il buio è squarciato solo dalla luce dei miei fanali e da quella delle poche auto che incrocio, ci salutiamo con un colpo di abbaglianti riconoscendoci tra navigatori del nulla. Ascolto la radio per avere un compagno di viaggio virtuale, per non sentire troppo la solitudine; per fortuna la selezione musicale che stanno trasmettendo è una perfetta colonna sonora per il mio stato d’animo: Feeling good nella versione dei Muse.
It's a new dawn
It's a new day
It's a new life
For me..
And I'm feeling good
“Una nuova vita”, non è forse per questo che sto viaggiando? Mi accendo una sigaretta, apro il finestrino per non affumicare l’abitacolo. Fuori l’aria è frizzante, meglio, un po’ di fresco mi aiuta a rimanere sveglio; abbasso il volume della radio fino ad azzerarlo per sentire il rumore della notte, del viaggio, ma a parte il fruscio dell’asfalto sotto le ruote non si sente altro. Il silenzio è quasi fisico, palpabile; è innaturale, mi sembra di essere in un’altra dimensione, fuori dal mondo, lontano da tutto. I pensieri però sono ancora con me, come un fardello che non posso abbandonare a mio piacimento; per quanto ci allontaniamo velocemente loro sono sempre più veloci di noi.

02 dicembre 2009

Questo post non è in ritardo



No, questo post non è in ritardo, non è per la giornata mondiale per la lotta all'AIDS perchè quella lotta lì va fatta tutti i giorni e non solo il primo di dicembre.

29 novembre 2009

Ego, ipertrofico, bloggare

Il post dalle tre parole di Porzione


costipazione

- Ego te absolvo in nomine… -
Ormai non lo ascolto più, ho raggiunto lo scopo di lavare la mia coscienza e darle anche una bella inamidata perché, secondo me dopo non c’è niente, ma metti che mi sbaglio? Almeno così mi sono guadagnato la mia porzione di paradiso.
- Figliolo... Figliolo mi hai sentito? -
- Eh?! -
- Ho detto che puoi andare. -
- Grazie, non avevo sendido, guesto raffeddore mi sfinga, mi sendo duddo il naso bloggado ed ho un gerghio alla desda ghe non si immagina, mi berdoni. -
- Di nuovo? L’ho appena fatto. -
Pure il prete cabarettista doveva capitarmi.
- Hahahahahaha, simbadigo. Arrivederla badre. -
- E ricordati, ci vuole forza di volontà! -
La penso esattamente come lui, infatti sto uscendo dalla chiesa con la ferrea volontà di fare almeno un peccato mortale e due veniale entro la fine del telegiornale delle venti.
- Michele! -
Oh Signore, la Scassi! Ogni volta che la incontro non posso che cogliere l’infinita saggezza degli antichi romani che affermavano “nomen omen”, se mi attacca bottone mi scasserà, appunto, peggio di uno di quei film iraniani sottotitolati che vado a vedere per rimorchiare le intellettuali.
- Salve signora, gome sda? -
- Eeeeeh…. -
Eccola che inizia, ha lanciato il grido di battaglia.
- Come vuoi che sto? Son vecchia, mi fanno male le giunture, le ossa, sarà tutta questa umidità; pensa che stamattina non riuscivo nemmeno ad alzarmi da quanto mi faceva male la schiena, già pensavo che non sarei venuta in chiesa, come faccio tutti i giorni, poi ho fatto un sforzo ed eccomi qui. -
Che culo che ho avuto.
- Gabisgo ma sdia addenda, si riguradi. -
- Che caro che sei, Michele, l’ho sempre detto anche a mia nipote Genoveffa, “Michele è proprio un bravo ragazzo, sarei proprio contenta se vi frequentaste”. -
Dio me ne scampi! Sarebbe la volta che mi converto davvero; Genoveffa è così brutta che quando va in pescheria le cozze si aprono per manifesta inferiorità.
- Signora, mi lusinga, è drobbo buona. -
- Ma è la verità! Guarda il mio Fuffi come ti fa le feste. -
Feste un corno, mi sta ringhiando contro mostrandomi anche le gengive.
- Ghe garo… -
- Sì, il mio cucciolino ti adora -
“cucciolino” lo chiama; è un chihuahua ma sembra un cinghiale ipertrofico, una specie di incrocio tra una nutria geneticamente modificata ed un dobermann incazzato. Se potesse staccarmi una mano a morsi lo farebbe molto lentamente per godersi la mia sofferenza.
- Ora devo andare signora, mi sgusi ma non mi sendo moldo bene -
- Eh, me ne sono accorta, avrai preso freddo, ti sarai scoperto troppo… -
Ma che fa?! Allude?! Oddio che spettacolo indecente, ‘ste sottospecie di prugna secca m’ha fatto anche l’occhiolino!
- Signora, ma gosa dige?! Ieri ho breso dudda la bioggia dornando dal lavoro. -
- Povero Michele, se vuoi ti mando Genoveffa, è un’ottima infermiera. -
Sì, così oltre a starnuti e febbre aggiungiamo anche il vomito, ai sintomi.
- No guardi, sono moldo infeddivo e l’ultima gosa ghe voglio è ghe sua nibode brenda gualgosa da me. -
- Che peccato… -
Giuro che la prossima volta che mi viene voglia di lavarmi l’anima le do due gettoni, che se ne andasse da sola alla lavanderia automatica.


Visto che già so che Porzione, peggio della Scassi, avrà sicuramente da ridire sull’utilizzo del verbo questa volta ci metto un altro raccontino.

Seduta di autoanalisi

Tutto è cominciato per gioco, di solito va sempre così, invece di chiedersi “perché?”, ci si chiede “perché no?” e si comincia. Mi sono affacciato alla rete come fosse una piazza e forse lo è, la piazza più grande che ci sia, ed ho osservato. Poi è arrivato il blog, mettere le proprie parole sparse in frasi, anche piccole, di senso incompiuto, come fossero enigmistici pensieri da completare e stare a vedere cosa succede. Non posso non confessarlo, bloggare è stato come pompare benzina sul fuoco, il mio ego, già a malapena contenuto in un corpo tutto sommato abbondante, è cresciuto come un bubbone ipertrofico fino a straripare, ad esondare, sì, io “esondo” come mi ha detto un altro blogger, lui sì, bello e bravo, in risposta ad un mio commento. Esondo su tutti gli altri lasciando la firma come faceva zorro, lascio la mia “P” dopo la mia chiosa, cercando di lasciare il seme della zizzania solo per vedere l’effetto che fa. In fondo sono buono, buono e sagace, è la tastiera a portare le mie dita su parole che non vorrei ed a pigiare “pubblica”. Adesso che ho raggiunto il peggio del “non – essere” internettiano, adesso che non spreco nemmeno più parole perché “faccialibro” ha gli status ed i “mi piace, non mi piace”, solo adesso, guardandomi indietro tra una focaccina con lo strutto ed uno strudel di ciccioli alla carbonara, capisco che non posso più andare avanti così ed ho capito che devo chiedere aiuto. Mi chiamo M. e sono un blogger.

26 novembre 2009

Sto tornando...



Sono in Romagna, fermo per la notte, domani torno a casa e prometto che ricomincio a postare i "raccontini ispirati" altrimenti Porzione chi lo sente!
Vi abbraccio tutti

20 novembre 2009

Eh, quando arriva arriva....

Insomma, io in fondo l'ho sempre saputo no? Lo sapevate anche voi e gli altri e pure gli essi, massì che, in fondo, quando arriva arriva ed allora ci si toglie il dente e poi? Poi si fanno gli sciacqui col colluttorio alla menta inviperita, quella che dà il pizzicorino e poi "sputi qui", "NON SUL PAVIMENTO! QUI!!!" che, hai voglia ad averci mira se mi imbottisci di analgesico ed anestetico le gengive di sù ed il dente lo togli da quelle di giù. Non divaghiamo, dicevo che quando arriva arriva, massì che lo sapete, uffaaaaa, il traguardo sì; ti fai chilometri e chilometri e chilometri e chilometri, ma tanti eh, e poi, finalmente intravedi lo striscione con su scritto...PARTENZA...cazzo! Non fai in tempo a finire che devi ripartire e di nuovo chilometri e chilometri e chilometri e chilometri. Ma voi ci avete mai pensato? Non ai chilometri, al fatto che se ripeti una parola per un sacco di volte è come se non riuscissi più a collegarla al suo significato? Fine fine fine fine fine, no, quella rimane uguale ma è l'eccezione che conferma la regola. Uffa, continuate a farmi divagare ed io non voglio divagare il passato, in fondo è passato no? E' la vita girata nel passino del tempo, quello con pomello giallo, quello che mamma usava per schiacciare le patate e farci le crocchette, siamo crocchette questa è la verità: croccanti ed abbrustoliti fuori, morbidi, bollenti e filanti dentro, non si sfugge, alcuni al massino sono supplì. Ciò non toglie che quando arriva arriva ed è arrivato, il fatidico ultimo giorno e le ultime ore; di lavoro eh! Di lavoro milanese eh! Di lavoro milanese continuo e reiterato per giorni eh! Che con voi bisogna essere precisi che subito pensate che uno finisce altro. Non ho altro da finire ora se non le birre in frigo, magari mentre chiudo le scatole con mia mamma che me le romperà perchè qualcosa sarà troppo troppo ed altro poco poco e dopo quattordicimesiquattordici quasi mi sa che è meglio se mi vado a comprare dieci litri di Novalgina. Dovrei fare un bilancio ma li faccio già di mestiere e qui non c'è mai stato il mio mestiere perchè se molto spesso ciò che scrivo è vero ed ormai se non c'è falso in bilancio che bilancio è? Eh? Vabbè, arriva insomma, ore e minuti e poi "Beh, è stato un piacere ci sentiamo ci vediamo" e fai un sorriso e stringi mani e però un po' di magone, un pochino ti viene, diamine, mica siamo fatti di pietra pomice che galleggia solo, come stronzi, ma grattiamo via i calli. Magone per magone, che con un baol i magoni si trovano bene, cortesie tra colleghi, poi ti metti e pensi alle facce beccate ed a quelle mancate, ma mica a schiaffi è, quelle facce, massì, quelle che "cavolo sto a Milano vuoi che non ci incontriamo?" e com'è che voglio e poi non ci incontriamo? Non vuoi tu o non vogliamo? O non possiamo? O non sappiamo? Boh?! Beh, vabbè c'ho ancora le mie ore di città, di smog asfalto e facce strane, le ore per pensare alle mie ore future di paese, di zolfo e facce sceme. Ma pure facce belle e occhi azzurri chè non tutto si lascia, qualcosa si ritrova ed una birra non è birra uguale in ogni dove? In realtà no, ma meglio non pensarci ora, molto meglio.

Non preoccupatevi, sto bene.

18 novembre 2009

Francobollo, robusto, cascare

il post dalle tre parole di Lady Cocca:



Giorgione


Giorgione era un marcantonio di due metri e passa, robusto come una sequoia centenaria della Sierra Nevada e ruvido uguale. Una volta, tempo fa, mentre attraversava la strada fu investito da un tizio in moto, ebbe due mesi di prognosi, il tizio, per la moto invece non ci fu nulla da fare; quando, dopo un’ora che era stata chiamata, finalmente, si presentò l’ambulanza gli chiesero: “Lei si è fatto qualcosa?”, “Mi sono rotto i coglioni” rispose e se ne andò a casa. Non parlava molto Giorgione, non perché non avesse niente da dire, solo, non gli avevano mai fatto le domande giuste; certo, la sua espressione non proprio sveglia non aiutava molto, aveva lo sguardo sempre un po’ più in la, come se cascasse dalle nuvole ed allora tutti pensavano fosse un po’ ritardato, invece erano loro ad andare troppo di fretta. A Giorgione piacevano poche cose: i bonsai, le caramelle mou e dar da mangiare alle papere del piccolo stagno, quello che sta al centro del parco; però non le caramelle mou, ci aveva provato, una volta, e la papera era ancora lì che galleggiava, con le mosche intorno. Al parco si sedeva sempre sulla stessa panchina, vicino ad un vecchietto; gli piaceva quel vecchietto, era sordo come una campana e quindi lento quanto lui. Gli diceva: “Oggi fa freschetto, eh?” ed il vecchio: “Chi le ha fatto un dispetto? Qualche monello?”, “No, non ‘dispetto’, ‘freschetto’, la TEMPERATURA”, “Le fanno paura?! Grande e grosso com’è si spaventa di qualche ragazzino”, “MA QUALE PAURA?! TEM-PE-RA-TU-RA! IL VENTO!!!”, “Erano cento?! Beh, allora capisco che avesse paura, doveva chiamare la polizia!”. A quel punto, visto che alzare la voce era servito solo a far sapere le condizioni metereologiche a tre ettari di parco tranne che al vecchietto, Giorgione indicava lo stagno ed entrambi iniziavano a lanciare in acqua pezzi di pane duro che le papere si accalcavano per mangiare. Una volta ha anche rischiato di finire in un brutto giro, Giorgione; un suo lontano cugino, un poco di buono che si arrabattava tirando avanti con lavoretti al confine della legalità, il confine esterno però, un giorno gli disse che c’era da lavorare per il suo capo, che avevano bisogno di uomini di fatica, cose semplici niente di troppo intellettuale. A Giorgione non dispiaceva lavorare, si presentò con il cugino davanti al fantomatico capo, la sua faccia non gli piacque ma non andava troppo per il sottile, di solito non giudicava mai le persone dal primo incontro. Il capo lo osservò solo un attimo e gli disse che c’erano cento sacchi per lui, Giorgione si guardò intorno e chiese: “Dov’è il magazzino da svuotare?”, “Quale magazzino?”, il capo ora lo fissava, “Quello con i cento sacchi”; il cugino ricevette un’occhiata di fuoco: “Ma mi hai portato un cretino?” e poi, a Giorgione: “Senti, bestia, per ‘cento sacchi’ intendevo cento euro. Devi seguire un tizio, devi stargli appiccicato come un francobollo e non perderlo di vista un attimo, credi di esserne capace? Eh, minchione, ce la fai?!”. Giorgione aveva incassato tutto senza cambiare espressione, quella rimaneva sempre uguale, “Ma chi è ‘sto tizio?” chiese, il capo era in piedi davanti a lui, sì e no se gli arrivava al petto: “Tu ti devi fare i cazzi tuoi, non hai capito che non devi fare domande?! Sei veramente un deficiente”; il suono dell’ultima “e” non si era ancora spento che il palmo della mano destra di Giorgione aveva già abbracciato la parte sinistra della faccia del capo toccando con la punta delle dita la nuca e con la base del palmo le labbra. Non so quanto forte fosse stato lo schiaffo ma il cugino, che era accanto a Giorgione, fu spettinato dallo spostamento dell’aria ed il capo, ancora adesso, quando vede un palmo di mano aperto si rannicchia sotto il tavolo e piange.

16 novembre 2009

Reticoli?

Eccoci qui, lunedì della mia ultima settimana di lavoro milanese, faccio un'altra pausa dai "racconti ispirati". Mi sento strano, stamattina mentre arrivavo qui avevo in mente le parole di una canzone di Zucchero:

"Giorni neri, giorni tersi
velati di sonno
sempre uguali e diversi
comunque che vanno"

In fondo vado a chiudere un capitolo importante e ne vado ad aprire un altro; la vita, anche la più noiosa, è comunque un romanzo, spero solo che il mio non l'abbia scritto Moccia...

Visto che ci siamo ci metto anche un bel video (quante cose stamattina...), lo dedico ad una persona che non sta attraversando un bel periodo, spero che passi da qui ancora, perchè una persona che correva anche con -4 non può farsi abbattere dall'ennesima salita che ha incontrato sul suo percorso. Lo so, si è stanchi e quel sasso lì, al bordo del sentiero, dopotutto sembra comodo e cinque minuti di riposo fanno bene...però, attenzione, così si perde il passo.



Un abbraccio

14 novembre 2009

Amare, baita, emozionante

il post dalle tre parole di albafucens:


Monologo interiore

Amo il mio lavoro, lo amo soprattutto per le piccole cose, come la possibilità che mi sta dando di vedere quest'alba meravigliosa colorare di rosa i monti di fronte. La giornata è splendida, di una purezza emozionante direi. Non pensavo che oggi ci sarebbe stato sereno, sicuramente non si poteva nemmeno immaginare visto come nevicava ieri sera quando sono arrivato, non si vedono nemmeno le mie impronte, è tutto così immacolato. Mi piace questa purezza, mi fa stare bene; con la luce del sole è quasi abbacinante, per uno non abituato potrebbe addirittura fare male tanta purezza. E il silenzio? Il silenzio è quasi irreale, i già pochi rumori del bosco sono assorbiti dalla spessa coltre di neve fresca che copre quasi tutto; ogni tanto si sente il rumore di qualche ramo che cede al peso e subito dopo si rilassa per il sollievo di essersi alleggerito, una specie di rumore elastico, un sospiro della natura, ma serve semplicemente a sottolineare ancora di più il silenzio. Questa baita poi ha la fortuna di essere particolarmente isolata, dalla strada si vede a malapena, per scorgerla devi sapere che c'è e non tutti lo sanno, non tutti. Si affaccia sul lato più nascosto della valle e permette di vedere la natura che, all'alba, sembra esplodere, la luce aumenta e lei, piano, occupa tutto il campo visivo, l'ho detto, emozionante. Mi piace questa lontananza dalla frenesia, qui si ha il tempo di fare tutto con calma, rilassati, in questo silenzio che nemmeno le urla possono intaccare. Sì, rimarrei volentieri qui ma il mio lavoro è finito e poi, in realtà, non mi piace mai rimanere troppo a lungo in un posto, sono un nomade, in fondo, e mi piace variare. Mi sa che il prossimo lavoro lo prendo al mare, sì, una bella spiaggia di sabbia bianca. Adesso devo proprio andare ma con calma, non voglio spezzare l'incanto di questo posto, tanto passerà un bel po' di tempo prima che scoprano i cadaveri.

12 novembre 2009

Esmeralda Matilde Lapis

Esmeralda Matilde Lapis decise di fare la maestra il giorno che capì che la sua amica, quella che aveva incontrato nel negozio di elettronica, voleva sempre insegnarle tutto; si disse che no, che non poteva credere di non sapere niente, doveva dimostrarle che anche lei sapeva qualcosa e non solo, la sapeva anche trasmettere agli altri. Esmeralda Matilde Lapis era detta “matita”, non so perché, forse derivava da Matilda ma a lei non dispiaceva; in realtà a lei non dispiaceva niente, come usava dirle spesso l’amica “tinsegnotuttoio”, e così sorrideva dolce a tutti. Anche all’amica sorrideva sempre, mentre lei si intestardiva a spiegarle come utilizzare il pc, era buona Esmeralda Matilde Lapis, non ce la faceva a dire all’amica che il suo era un Mac e così le lasciava cercare per ore il tasto “start” mentre biascicava frasi del tipo “ma che ce l’hai attaccata a fare ‘sta cazzo di mela sullo schermo?!”. Esmeralda Matilde Lapis era curiosa di natura, per questo l’amica le piaceva, lei era tutto un mistero, diceva di studiare lingue ma una volta, mentre erano insieme l’amica “tinsegnotuttoio” le chiese se volesse andare a casa sua a prendere un tè e lei, per essere simpatica e farle vedere che qualcosa la sapeva anche lei le risposte “of corse” ma amica la guardò strana e le disse: “non c’è bisogno di correre”. Ci aveva pensato per giorni Esmeralda Matilde Lapis, a questa cosa qui, giorni interi, poi si era convinta che l’amica non studiasse inglese tra le tante lingue. Quello che Esmeralda Matilde Lapis non capiva era l’amico di amica, un tale Neutro che si dicesse sapesse tutto, lui sì, non l’amica; Neutro però non parlava mai, non si esprimeva, nemmeno annuiva, quando gli veniva chiesto un parere l’amica “tinsegnotuttoio” diceva subito: “La pensi come me, vero Neutro?” e subito partiva ad esporre il suo punto di vista sulle cose. Poi, un giorno, Esmeralda Matilde Lapis chiese all’amica: “Ma tu, amica, che lavoro fai?”, l’amica la guardò strana e sorrise senza darle una risposta. Il suo corpo fu ritrovato sul greto asciutto di un fiume, un po’ qui ed un po’ la e non si capì mai chi fosse stato; quando veniva chiesto all’amica “tinsegnotuttoio”, orfana inconsolabile di Esmeralda Matilde Lapis, chi le avesse fatto fare quella fine, lei rispondeva: “Non lo so” e poi guardava strana e sorrideva, mentre Neutro spalancava solo gli occhi. Fu così che Esmeralda Matilde Lapis non riuscì a fare la maestra.


Faccio un'altra pausa dai "racconti ispirati", con un...racconto ispirato :)
Come era già successo qui, ancora una volta un post di Inenarrabile è come se mi avesse sfidato, non ho potuto che risponderle...

09 novembre 2009

Mosaico, trapassare, secolare

il post dalle tre parole di Maraptica:



DiVersi

Quando ti ho vista la prima volta
mi hai trapassato con lo sguardo
e mi hai lasciato trafitto lì
in un tempo che non è finito,
non ho avuto modo di reagire
al tuo sorriso splendido, beffardo
ti ho fatto un cenno con la mano
ma tu avevi già capito.
T'ho baciata di un bacio lieve
sotto i rami d'un ulivo secolare
in un estenuante mezzogiorno
nel frinire di un milione di cicale;
abbiamo speso tutto il tempo
a stare zitti o a parlare,
nella sincronia dei nervosi,
quando non sai cos'è bene e cosa male.
Il sole a picco in mezzo alle foglie
disegnava un mosaico d'ombre e luci,
volevo prendere un raggio con la mano,
tremavo come fosse inverno e tu hai riso.
Mi hai chiesto: “Ma noi dove andremo?”
“Non m'importa, verrò dove mi conduci”.
Ancora adesso quando non guardi
passeggio gli occhi sulle curve del tuo viso.
Ti sfioro il naso mentre dormi
in silenzio, con le dita della mano
così caccio via tutti i pensieri
che accumulo durante il giorno,
Nemmeno adesso so dove andremo
forse potrà essere lontano
la verità è che non mi interessa,
finché “siamo”, il resto è solo contorno.

08 novembre 2009

E' finita l'avventura...

Faccio una pausa dai "racconti ispirati" perchè era da un po' di giorni che dovevo scrivere questo post qui e visto che l'altro giorno scartabellavo tra i miei post ed i ricordi annessi ed ho ritrovato questo che, all'epoca, ebbe molto successo ed ho pensato al ritorno, al mio ritorno a casa. Sì, come dice il titolo, l'avventura e finita ed a fine mese tornerò a casa e rivedrò quelle luci, le luci del mio paese e mi chiedo come mi sentirò nel rivederle non dopo un'uscita per una pizza e nemmeno sapendo di andare via di nuovo, no, rivederle dopo un anno via e per restare. Con molti di voi ho parlato di questa scelta e molti di voi hanno espresso pareri l'uno diverso dall'altro; quando, più di un anno fa sono partito per salire a Milano ero pieno di paura (direi proprio terrore), non sapevo cosa o chi avrei incontrato, non sapevo come sarei stato, non sapevo che impatto avrebbe avuto su di me la vita in solitudine; come più volte ho detto, non credevo di abituarmi così in fretta ma sono stato bene, tanto che, adesso, ci sono cose che mi dispiace lasciare. Torno indietro per tanti motivi, torno perchè la lontananza dall'Oceano è dura da sopportare, perchè ho bisogno del profumo della sua salsedine e della sua umidità perchè ho paura che, alla lunga, mi si secchi l'anima. Torno perchè, forse fin dall'inizio, sapevo che sarebbe stata una cosa a termine, torno perchè ho qualcosa da dover gestire, nonostante sia la cosa da cui sono "scappato". Torno, perchè mi sono accorto che da essere quello sorpassato, la mattina, andando al lavoro, sono io che mi infastidisco della lentezza degli altri. Torno perchè pagare la frutta come dal gioielliere mi fa venire il nervoso. Torno, ma... Già, i "ma" ci sono sempre, no? Se nello scegliere tra restare o tornare ci abbia pensato tanto e ancora adesso non sia sicuro della scelta, ci sarà un motivo no? Significa che è stata un'esperienza importante altrimenti non sarebbe stato difficile decidere di tornare, sarebbe stato un fuggire a casa, invece no, invece tante cose mi mancheranno. Mi mancheranno le possibilità trasversali alla mia attività che stare qui mi offrirebbe, le possibilità di avere a che fare con situazioni che, a casa, ai bordi della periferia dell'impero posso scordarmi. Mi mancherà quella libertà conquistata con la resistenza, sì, mi mancherà questa libertà, non c'è niente di male, è così, sfido chiunque l'abbia provato a darmi torto. Mi mancherà Milano, che ci crediate o no; prima di partire ne ho sentite di ogni, per alcuni, se fossi andato nel peggior slum di Mumbai sarei andato comunque in un posto più bello di questo, beh, gli occhi vanno anche usati; Milano va guardata con lo sguardo a 45° per godersi le prospettive e quando beccate una giornata di cielo terso, verso il tramonto andate da San Babila verso il Duomo, la luce sulle guglie fa un certo effetto. Mi mancherà la possibilità di andare a piedi a vedere un megaconcerto, le mie passeggiate domenicali e le facce una diversa dall'altra, tutte con una storia diversa. Mi mancherà avere, in un solo mese, la possibilità, tra presentazioni varie, di incontrare: Mario Biondi, Maurizio Crozza, Giovanni Allevi, Stefano Benni, Niccolò Ammaniti, Curzio Maltese, gli Avion Travel e i Placebo. Mi mancheranno un sacco di cose e so che, in questo anno passato, sono cambiato e non sono esattamente lo stesso, magari sono pure peggio, non so ma era normale che non rimanessi uguale è cambiato anche il mio modo di scrivere però, almeno, se un giorno avrò bisogno di stirarmi una camicia so che ce la potrò fare senza problemi. Ho detto quello che avevo da raccontare, ora torno a spremere i neuroni sulle parole e sui racconti, un abbraccio a tutti.

03 novembre 2009

Passeggiata, sole, equivoco, ferro da stiro

il post dalle tre parole di enne di niente:


Tutti possono sbagliare

Il corpo era riverso sull'asfalto, seminascosto da una siepe del parcheggio del grosso centro commerciale, gli occhi sbarrati dal terrore ed una grossa ferita nella zona frontale della testa; anche le mani erano ferite, probabilmente alzate in un estremo, inutile, gesto di difesa. Il primo ad accorgersene fu un bambino, a quell'età non sono ancora annoiati dal mondo, osservano sul serio e non si limitano a guardare. Una volta visto il corpo lo aveva indicato alla madre, furono le urla di questa a far accorrere la gente, famiglie con il carrello colmo della spesa della settimana; alcuni di loro avrebbero avuto il sonno disturbato per giorni, altri, quelli più “di mondo”, guardarono la scena con l'espressione di chi ha visto ben altro e poi rimisero tutto il pranzo vicino all'auto. I primi ad arrivare dissero che era drogato, una frase che volevano dire dal 1995, quelli dopo, più moderni, dissero che erano stati gli albanesi. Intanto il corpo era lì, a prima vista un maschio bianco sulla trentina, curato e sportivo; la pozza di sangue si allargava vicino alla testa ed un impietoso sole di luglio ci si rifletteva dentro facendolo brillare, era fresco. Solo dopo i primi attimi di panico, dopo che era stata chiamata un'inutile ambulanza ed avvisata la polizia, ci si accorse della donna in evidente stato confusionale, ad una decina di metri dal corpo. Una signora di bell'aspetto, doveva avere circa cinquant'anni ma si coglievano solo con uno sguardo attento, con un caschetto rossiccio e le labbra tremanti. Nella mano sinistra teneva un kinder bueno che ormai doveva aver ceduto al caldo ed alla presa stretta; nell'altra stringeva ancora quella che doveva essere l'arma del delitto: un ferro da stiro sporco di sangue. Tra la folla serpeggiava la paura ma anche una curiosità morbosa, c'era chi, denotando poca fantasia, ipotizzava un tentativo di stupro. All'arrivo della polizia la donna sembrò destarsi dal suo torpore, si accorse del ferro da stiro e lo gettò via, lontano da sé; una poliziotta le si avvicinò guardinga e lei iniziò a farfugliare qualcosa, diceva che era tutto un equivoco, un errore. La fecero sedere in macchina e cercarono di calmarla con un po' d'acqua, le chiesero cosa fosse successo, ripeté che era stato un equivoco, era uscita per una passeggiata in macchina e si era spinta fino a quell'ipermercato, ne aveva approfittato per fare la spesa, doveva comprare un nuovo ferro da stiro ed era stato proprio al settore dei piccoli elettrodomestici che aveva incontrato quell'uomo, anche lui doveva comprare un ferro da stiro perché era in procinto di iniziare una nuova vita; era simpatico, ci aveva bevuto insieme un succo. Dopo un po' si erano avviati verso le rispettive auto, all'uscita lui aveva incontrato una coppia di amici. La donna si era fermata un attimo per un altro sorso d'acqua, lo sguardo della poliziotta la spronò a continuare. Erano una coppia di amici e al momento dei saluti la ragazza aveva domandato all'uomo se quella donna fosse sua madre; alla donna era ritornato lo sguardo spento ma continuò a parlare, l'avevano scambiata per la madre di un trentenne, sembrava la madre di un trentenne, lei! E lui a questa cosa rideva di gusto, lei voleva solo farlo smettere, in una mano aveva il kinder bueno, nell'altra il ferro da stiro, lo aveva colpito con la mano sbagliata, era stato un errore, era stato un equivoco.

01 novembre 2009

Libro, fumare, saporito

Il post dalle tre parode di LaCapa:


La profezia

“Lui sa! Lui sa!” Lo chiamavano 'il predicatore', andava in giro per le vie della città con addosso una tunica che vedeva l'acqua solo nei giorni di pioggia. Era il nostro matto, predicava sventure ed apocalissi ma nessuno lo prendeva sul serio. Ne subiva di ogni, il predicatore, ingiurie, sputi, sassate; ci avvisava che il male era tra noi e con quello veniva ripagato. Diceva che era tutto scritto nel libro, un tomo rilegato in pelle che si portava sempre dietro e che, diceva, era stato scritto da un monaco pazzo; a me veniva da ridere, lui che dava del pazzo ad un altro era un gran bel controsenso. Una volta mi ci ha beccato sul serio, a ridere, mi ha guardato dritto negli occhi, ha alzato sopra la testa il libro e mi ha additato con la mano sinistra: “Tu sei un miscredente e per questo capirai prima degli altri”. Vaticinava che saremmo stati gli uni contro gli altri e che saremmo stati capaci di perdere tutti, nessun vincitore; ed io pensavo che era già così, ché ci si urlava contro senza nemmeno un motivo. Finiva il suo monito dicendo che eravamo ancora in tempo e poi si allontanava borbottando “Lui sa! Lui, sa!”. Naturalmente non gli credeva nessuno, fino a quando non ci siamo svegliati e parte della città fumava ancora sputando nuvole di polvere e cenere, polvere di macerie e cenere di corpi. Eravamo diventati sempre più particolareggiati nello scegliere chi odiare fino ad arrivare a prendercela con la nostra stessa ombra. Non avevamo voluto ascoltare chi ci aveva avvisato, non avevamo voluto vedere ciò che era sotto i nostri occhi ed adesso ci aggiravamo tra quello che rimaneva della città, guardandoci le spalle anche da noi stessi, cercando qualcosa da mangiare che fosse, non dico saporito, ma almeno commestibile e se non ne trovavamo, cercavamo di dormire in nascondigli improvvisati senza sapere nemmeno di chi avere paura. Cercavamo di dormire per non sentire le urla della fame e nel silenzio della notte, ripensavamo al predicatore, lui che ci aveva sempre raccontato, per anni, come sarebbe andata e non non gli avevamo mai creduto. Noi tutti, noi che lo chiamavamo pazzo, troppo impegnati ad arrivare sempre più in alto, in quel momento lì in cui eravamo tutti perdenti, capimmo il motivo che ci aveva portato tra quelle macerie: noi lo chiamavamo pazzo ma la verità era che portava sfiga.

29 ottobre 2009

Sfera, camminare, lagnoso

il post dalle tre parole di Suysan:


Débâcle

“Ci dispiace ma non rientra nella nostra sfera di competenze, non possiamo aiutarla”. Un altro “no” ed un altro vicolo cieco, ormai si era perso dentro le circonvoluzioni della burocrazia; solo per una multa. Una multa fatta ad un'altra auto, in un altro luogo, ma non si sa come, arrivata a lui. Erano ore che camminava, sbattuto dal comando dei vigili al più periferico degli uffici amministrativi fino in centro, nella sede principale del Comune. Aveva fatto più chilometri sul linoleum dei pavimenti istituzionali che sull'asfalto, impegnato com'era, da una stanza all'altra per poi tornare alla prima, sempre con la multa in tasca. Ormai aveva ripetuto tante di quelle volte la sua storia che, davvero, la interpretava alla perfezione. Le aveva provate tutte, aveva fatto l'incazzato e l'accomodante, il simpatico ed il pedante; aveva parlato in modo minaccioso e accondiscendente, brillante e lagnoso davanti allo sguardo bovino di decine di persone diverse. Solo l'esito era sempre stato lo stesso: la multa era ancora a suo nome; sapeva a memoria tutti i nomi di tutti i moduli che servono per qualsiasi richiesta ma c'era sempre qualcosa che non andava bene, a volte c'era una copia in meno, un'altra una firma di troppo ma quando si sentì dire che avrebbe dovuto fare un'autocertificazione firmata per certificare la sua stessa firma su un modulo ebbe un giramento di testa e non solo. Aveva lasciato un pezzetto di pazienza in ogni ufficio in cui era stato, ad ogni sportello a cui si era affacciato e non ne era avanzata niente per lui proprio quando gli sarebbe stata più utile ma non urlò, no, esplose all'interno ed abbassò il capo davanti alla sconfitta, non ce l'avrebbe mai fatta; mormorò un “grazie” e si avviò allo sportello dei pagamenti.

28 ottobre 2009

Pullman, accarezzare, coraggioso

Questo è il post dalle tre parole di giulia:


Cambiamenti

Aveva accarezzato l'idea per mesi passandosela nella testa come una caramella mou e poi,un giorno ha detto solo “parto”; lui l'ha guardata per qualche secondo come a volersi fissare in testa i lineamenti del suo volto ed ha parlato: “C'è un che di coraggioso in quello che fai, un che di folle, sì, devi essere pazza” e poi l'ha abbracciata senza aggiungere altro. Non aveva mai pensato che sarebbe stato facile, in fondo, se si è diversi da un piano all'altro di un condominio, pensa te in un'altra nazione, parlano addirittura una lingua diversa in un'altra nazione. Quella però era la parte solida della sua idea, ciò che aveva accarezzato per mesi adesso era tatto sotto i polpastrelli, ed ora non poteva che sopportare il peso dei tanti piccoli cambiamenti quotidiani. Passare da una routine all'altra è sempre duro ma, nonostante gli ostacoli che ogni giorno si trovava tra le caviglie, su quel pullman rosso vermiglio sentiva di aver fatto la scelta giusta, “sì, devo essere pazza” pensò e si sorrise.

Ok, si comincia, prossimamente il successivo post "ispirato"

Prima di cominciare

Premetto che il primo dei post "ispirati" è pronto per essere postato e stamattina ero deciso a farlo poi, mentre venivo a lavoro in metro ho sbirciato una piccola notizia sul quotidiano di free press che leggeva il mio vicino di palo (no, non mi sono dato alla lap-dance). Ve la riassumo in breve: un paio di imbecilli di una scuola superiore hanno deriso ed umiliato un loro compagno disabile ed il preside della scuola li ha tenuti per un'ora con i pantaloni calati, davanti alla porta aperta del suo ufficio, in modo che li vedessero tutti; poi sono passati un paio di insegnanti che lo hanno fatto smettere e, pentendosi, lo stesso, si è autosospeso. Ecco, a parte che sembra vada di moda l'autospensione, spero che al dirigente "punitore" non succeda niente e che la sua autosospensione finisca presto perchè se un ragazzo è talmente stronzo da umiliare un disabile, se i genitori sono talmente teste di cazzo che non gli hanno insegnato quel minimo di educazione civica per la quale non si prendono in giro i disabili beh, la punizione ci sta tutta. Esagerata dite? Non credo. Sono contro la teoria dell'occhio per occhio, soprattutto ad alti livelli ma credo anche che ci siano dei piccoli casi come questi nei quali ci stia molto bene, sì, perchè i due "soggetti" in questione non avrebbero che gioito di una sospensione e se fossero stati costretti a stare vicino al compagno disabile per "capire", avrebbero sicuramente trovato un modo per perseguitarlo ancora. No, gente così deve essere presa per il culo giornalmente per almeno dieci anni, deve provare dentro il dolore dell'umiliazione che quel povero ragazzo ha sentito e forse, magari, in questo modo la prossima volta ci penserà due volte a sfottere qualcuno più debole. Tanti anni fa, avrò avuto circa 10 anni, ho accennato una presa in giro ad un ragazzo lievemente disabile, per il suo modo di parlare, ed uno dei suoi parenti mi ha fatto sentire talmente una merda che me lo ricordo ancora ed io a 'sto tizio qui non lo ringrazierò mai abbastanza, primo perchè mi ha fatto capire il dolore che si prova e secondo perchè ha evitato di dirlo ai miei che ci avrebbero rifoderato i divani, con la mia pelle. Si legge anche che i due ragazzi sarebbero stati picchiati ed insultati dal dirigente, prima di stigmatizzare questo comportamento andrebbe definito il concetto di "picchiare" perchè se per "picchiare" si intendono un paio di ceffoni ben assestati non credo ci sia niente da eccepire.

Fiumi di parole...

Che dire? 33 triplette di sostantivoaggettivoverbo! Certo, alcune non sono triplette giuste ma non sto tanto a fare lo schizzinoso, ne ho di roba da scrivere, se ci riesco c'ho da postare per i prossimi sei mesi! Perchè? Pensavate che avrei scritto un post unico con tutte le parole? No no, scriverò, o almeno cercherò di farlo, un post per ogni tripletta andando in ordine come sono state proposte; come mi ha detto oggi una persona: ho voluto la bicicletta? E mo devo pedalare! Vabbè, spero di cominciare quanto prima.

25 ottobre 2009

Ma c'ho la gotta all'immaginativa?

Basta! Sembra proprio che la mia ispirazione stia dormendo della grossa, c'è bisogno di una bella spinta; facciamo così, voi, nei commenti, mi lasciate un sostantivo, un aggettivo ed un verbo ed io cerco di scriverci su un racconto, i commenti restano aperti fino a martedì sera e poi si vede cosa ne esce fuori.


Già che ci sono: oggi sono stato a vedere la mostra su Hopper, se siete nei paraggi di Milano io vi consiglio di farci un giro, certo, manca Night Hawks ma le opere che ci sono sono ugualmente molto evocative.

addenda delle 23:50 del 26 ottobre 2009: attenzione che i commenti verranno chiusi improrogabilmente alla mezzanotte di domani martedì 27 ottobre 2009

Ok, commenti chiusi

23 ottobre 2009

Orsù, che dovrei fare?



Chi legge il mio blog, chi mi conosce, sa bene che passione ho per il Cyrano de Bergerac, ho anche "rubato" una sua battuta per rispondere all'anonimo nei commenti del precedente post (e Giulia, come mi aspettavo, mi ha beccato subito). Ho letto Cyrano per la prima volta tanti anni fa, spinto prima dalla visione di un film che ne era la versione in chiave moderna, fatta da quel genio di Steve Martin e poi dal bellissimo film di Rappeneau con Depardieau. Ho letto il libro, dicevo, attratto da questo romantico sognatore, l'ho letto nell'adolescenza; chi non è un romantico nell'adolescenza? Io poi, goffo, con un naso "importante" e follemente innamorato di una compagna di classe a cui dedicavo versi su versi, potevo non avere una specie di "affinità elettiva" con questo personaggio? Impossibile! Ho letto il libro sia in versi che in prosa, l'ho letto e l'ho amato, l'ho fatto mio, imparato le battute a memoria e le ho ripetute nella mia mente, ho rivisto il film tante e tante volte ed ogni volta sorrido al Cyrano beffardo e guascone e piango ai suoi sguardi a Rossana. Cyrano mi ha insegnato un bel po' di ironia e mi ha fatto convivere con tutti i miei sogni chiusi nei cassetti. Tutto questo per dirvi che sabato e domenica scorsi, forte dell'appoggio di uno dei miei migliori amici e del fatto che, lavorando nell'ambito teatrale, fosse riuscito a trovare con così breve preavviso due biglietti, sono andato a vedere la rappresentazione del Cyrano al teatro Argentina, a Roma. Mi sono svegliato presto sabato mattina e sono andato in stazione a prendere uno di quei costosissimi treni rossi che, senza fermarsi in mezzo, ha annullato la distanza tra Milano e Roma e mi ha portato dalla città in cui sto vivendo e che, stranamente, sento mia e spesso mi fa sorridere, ad una città che amo e che ogni volta mi fa rimanere a bocca aperta, nel bene e nel male. Mi mancava vedere il Cyrano in teatro, certo, ne ho perse tante versioni: quella di Proietti o anche quella di Allegri, il signore che nel video qui sopra, meravigliosamente, declama una tirata che sembra scritta venti minuti fa. Ne ho perse di versioni, sì, ma Popolizio non me le ha fatte rimpiangere e, come Cyrano dovrebbe essere, si ergeva più alto anche di attori più alti di lui, magia del teatro? Non so, so solo che ero lì, appoggiato alla balaustra con lo sguardo sognante che anticipavo le rime e le battute.
Quanto al resto, beh, ho rivisto cari amici ed incontratone di nuovi, gente che, comunque rimarrà sempre dentro di me e questo è bello, direi meraviglioso. Ho salutato la città dalla stazione con mezzo cuore, magari mi ricresce o magari lo ritrovo lì quando torno ma l'ho lasciata con gli occhi luminosi e luccicanti, in fondo, per me vedere il Cyrano è stato come tornare a tanti anni fa quando ero me stesso ma con le cicatrici ancora in formazione. Concludendo, se potete, cercate di salire sempre senz'aiuto.



Tanto per cambiare un attimo discorso, nella puntata di giovedì scorso del Dr. House, quella del 15 ottobre, il caro dottore dice al suo amico Wilson che mette le foto della Cuddy, nuda, sul suo blog, sbaglio o in questo post di più di un anno fa lo dicevo già io? Qualche avvocato si faccia avanti che facciamo una bella causa eh!

13 ottobre 2009

E c'hai raGGione da vendere LB!

Ma voi volete mettere? Quante volte vi trovate ad ascoltare le solite, ennesime, mirabolanti stronzate immani, quelle che ormai si sentono dire in media ogni cinque minuti anche con l'mp3 a tutto volume nelle orecchie? Cioè, non capita solo a me di sentire tra una sistole ed una diastole di un'iperteso frasi ripiene di luoghi comuni alla "si stava meglio quando si stava peggio", vero? Del tipo "E gli immigrati... E i meridionali... E l'inquinamento... E le mutazioni climatiche... E i maya...". Volete mettere, dicevo, trovarsi a sorpresa in mezzo alla classica smitragliata di minchiate dell'italiano medio che nemmeno in un assalto della s.w.a.t.; talmente a sorpresa che non fareste in tempo nemmeno a buttarvi sotto il treno della metropolitana che sta arrivando e mentre siete lì che leggereste pure Moccia parafrasato da Alberoni, stile Sapegno con Dante, pur di non farvi sfiorare dalla discussione, mentre siete lì e vorreste avere il dono dell'invisibilità, uno qualsiasi dei cianciatori si accorge di voi e vi chiede: "Lei, come la pensa?". Ecco, volete mettere alzare la testa e guardarli così...



Eh?!

09 ottobre 2009

Nobel

Barack Obama ha vinto il premio nobel per la pace...

alla faccia di questi tizi qui

08 ottobre 2009

Lodi, lodi, lodi...

L'italiano è uguale per tutti ma non la sua declinazione, ebbe ad essere convinzione di questa cosa qui e per questa motivo, essendo che sono una delle quattro più alte cariche di questo blog me medesimo si può permettere che può scrive come meglio è sicuro che serve a voi lettori che ce lo so che sette su dieci di voi sono come me che se invece adesso ci erano quelli che l'italiano seguono tutte le regole. Adesso sapessimo tutti come sarebbe questo blog qui medesimo esso, e il 72% dei blog sono in mano a professori di italiano e ci sono un minoranza di amministratori di blogger che sono di splinder e vengono contro un blog leggittimamente creato. Non mi interessa che l'accademia della crusca disse che l'italiano debbe essere uguale ed usato uguale io va avanti e non ascolta quello che dice De Mauro che si conobbe lui come la pensasse.

28 settembre 2009

Heavy Cross



"It's a cruel cruel world, to face on your own,
A heavy cross, to carry alone,
The lights are on, but everyone's gone,
And it's cruel"

Si rese conto che ognuno ha la sua croce mesi fa mentre, radendosi, si guardò negli occhi e sprofondò, non bisognerebbe mai guardare troppo nell'abisso chè quello guarda dentro di noi poi, no? Non era Nice che diceva così? Ma farsi troppe domande è inutile quando si è di passaggio e si è sempre di passaggio, è la nostra condizione. Non muoveva un muscolo della faccia, una statua di sale, spariva la schiuma e riappariva la pelle ed intanto metteva apposto se stesso nei suoi ripostigli, troppo semplice essere uno ed uno solo talmente semplice che in realtà è impossibile, siamo fatti di infinitesimi che si sommano all'infinito e se non ci rendiamo conto che abbiamo la forma dell'acqua, come diceva Camilleri, se non ci rendiamo conto di questo, beh, possiamo solo diventare pazzi ed andare ad allungare la fila di quelli che si creano una routine giorno per giorno come molliche di pane per ritrovare la strada. Tant'è, si disse, che la mia vita è una routine in cui, ogni giorno, torno a casa per una strada diversa e guardo facce diverse. Ma qual'era la sua croce? Qual'era la pesantezza del mondo crudele che si era caricato sulle spalle? L'incertezza nonostante delle basi salde, il futuro che faceva paura a lui più di quanta ne facesse a chi non ha le sue stesse fondamenta; lo straniamento, quel senso di essere altro anche quando si è uguali e pure la consapevolezza che non è fatto di una sola musica ma di spartiti diversi che troppo spesso suonano insieme in una cacofonia di strumenti musicali, era musica da camera a volume troppo alto, era quella la sua croce, essere la musica diversa dal contesto che alle volte suona bene alle volte suona male, dipende dall'orecchio che ascolta. Era questa la sua croce e lui, di buon grado se ne era fatto carico spostandola, ogni tanto, da una spalla all'altra.

23 settembre 2009

Notte sovrapensiero

...solo una parte infinitesima, un microcosmo di emozioni e poi tutto tace e si mescola al silenzio fuori e si confonde con il buio intorno. La memoria diventa un'ipotesi fatta di macchie immerse nel nulla, sprazzi di immagini apparse per sbaglio e mezzi sorrisi raccontati a se stessi. Felicità scordate, accantonate in un ripostiglio in mezzo alla notte, ci cullano lontane da sguardi indiscreti. Ci domandiamo il motivo di noi, quello che siamo diventati giorno dopo giorno, infinitesimo dopo infinitesimo...


Pareva brutto che non avessi dato ancora un mio contributo al club...ecco un mio (ispirato) pensiero-sovrapensiero

18 settembre 2009

Aggiornamento

La mitica Gata, oltre a farmi venire l'acquolina in bocca con ogni post del suo blog di ricette, tramite l'altro ha contribuito al nostro piccolo club con questo contributo.
Menzione d'onore per Gata!

13 settembre 2009

Tremenda constatazione

Ormai è chiaro, sto diventando un razzista: ogni volta che incontro uno con una copia de "Il Giornale", mi sta su cazzo.

10 settembre 2009

Niente da fare, c'ha sempre raGGione lui...

Hai voglia a cercare di farlo sbagliare ma il gran maestro Porzione, colui che ha fatto della zizzania (e delle focaccine ripiene di strutto) il suo pane quotidiano, ci azzecca sempre! Era infatti questo il racconto ispiratomi dal quadro e lui, essendo uno che NON legge ogni mio post, lo ha beccato subito (certo, è anche uno dei pochi in cui lo cito...ma vabbè, queste sono illazioni da Giornalaccio qualsiasi). Quello è uno dei post da cui era nata una bella collaborazione incrociata in un altro blog, poi, visto che lui non si fa intimidire da nessuno, appena gli hanno detto che scriveva racconti troppo lunghi ha smesso di scrivere. L'ho sempre detto: è il mio modello di coerenza, anche io voglio il suo share!

09 settembre 2009

Ci pensavo così...

Ero così, sovrapensiero (come al solito insomma) è mi è venuto in mente che il quadro del post precedente ha anche velatamente ispirato un mio vecchio racconto...sapete dirmi quale? No, non si vince nulle (e ci fù il fuggi fuggi generale...)

04 settembre 2009

Sono aperte le iscrizioni all’absent-minded club

Come ha scritto 24 fotogrammi, da oggi è possibile iscriversi all'esclusivo absent-minded club, il club dei sovrapensiero. Con un commento vi ritroverete iscritti a questo club il cui scopo è studiare, trovare notizie e curiosità sul mondo del sovrapensiero, che non ha niente a che vedere con il sovrannaturale eh! Come ha scritto la co-fondatrice: "Giochi di parole, seri e scientifici abstract, approcci spirituali, vignette. Accettiamo tutto. Tutto quello che può contribuire ad approfondire il grande mondo del sovrapensiero."

il mio contributo è un quadro di Edward Hopper:
Chi c'è di più sovrapensiero del tizio di spalle?
Questo anche per dirvi che dal 15 ottobre ci sarà la mostra su Hopper, qui a Milano...ed io non vedo l'ora!!!

29 agosto 2009

Reazione a catena

Mario: Cara, hai presente il gazebo che ho messo sotto l’acacia per evitare che la resina mi cadesse sulla macchina?
Anna: Sì, perché?
M.: Ecco, si è giustappunto coperto di resina.
A.: Vabbè, lo hai preso per quello no? Puliremo con il solvente.
M.: Sì, solo che le mosche, attirate dalla resina, ci sono rimaste appiccicate.
A.: E che sarà mai, laveremo via anche quelle, non preoccuparti, l’idropulitrice è molto potente.
M.: Certo, certo, però vedi, le lucertole, attirate dal banchetto gratuito di mosche sono rimaste invischiate anche loro.
A.: Che schifo! Ci vorrà la paletta per staccarle.
M.: Penso di sì, solo che, ehm, sai il gatto della Bissoni, quello che caccia le lucertole?
A.: No! Anche lui?! E’ uno zoo ormai il gazebo!
M.: Camminava sul muro accanto, non gli è parso vero che ci fossero tutte quelle lucertole e si è buttato al centro, ora è lì che miagola.
A.: E poi dicono che i gatti sono furbi. Prendi la scala e vallo a staccare di forza ché altrimenti la Bissoni è la volta buona che ci denuncia.
M.: Sì, ma c’è un problema.
A.: Un altro?! Festa grande oggi! Cos’altro c’è?
M.: Ricordi che il gatto non cacciava solo lucertole ma anche piccioni?
A.: Si sono attaccati anche quelli?
M.: No, però quando hanno visto che il gatto era lì bloccato hanno cominciato, diciamo così, a “bombardarlo”.
A.: Con cosa?
M.: Gli cagano addosso!
A.: Azz. Vendicativi ‘sti piccioni, vabbè, ma quanta ne potranno fare? Sono sicura che esauriranno presto le armi.
M.: No perché i figli della Marchetti per fare una cosa divertente gli hanno dato da mangiare molliche di pane imbevute di guttalax! Ormai quelli sono armati come uno stormo di F14 americani, non la smetteranno per ora.
A.: Quei ragazzini andrebbero messi in riformatorio per il bene della comunità. Allora mettiti la cerata ma vai a salvare il gatto.
M.: Ma non posso passare, non posso raggiungere il gazebo.
A.: E quanto hanno già cacato ‘sti piccioni?!
M.: Mannò, in mezzo al cortile c’è l’ambulanza che ostruisce il passaggio.
A.: Un ambulanza?! Cos’altro è successo??
M.: I ragazzini hanno usato tutto il guttalax del nonno e quello ha avuto un blocco intestinale, lo devono portare a fare un clistere d’urgenza.
A.: Quanta poesia nelle tue parole…
M.: Ma è la verità!
A.: Senti, fa una cosa, visto che i garage sono comunicanti, passa nel complesso vicino ed esci da lì, così aggiri l’ambulanza.
M.: Non si può andare nell’altro complesso.
A.: E perché?
M.: E’ colpa di Rossetti.
A.: Il signore che sta al 10B?
M.: Sì, quello ha il balcone sopra il nostro gazebo quindi è finito nel fuoco incrociato dei piccioni, quando si è accorto che le sue gardenie erano ricoperte di guano è corso a prendere il fucile da caccia perché voleva fare un antiaerea.
A.: Un pazzo…
M.: aspetta che non ho finito; è scivolato sulla cacca di piccione mentre sparava ed ha colpito la centralina dell’allarme di quelli di fronte, i Simeoni.
A.: I paranoici?
M.: Sìii, è andata in corto ed ha preso fuoco la tenda da sole.
A.: E loro erano in casa?
M.: No, sono ad un seminario sulla sicurezza.
A.: E te pareva…
M.: Solo che quelli hanno anche sistema anti incendio collegato con la centrale dei vigili del fuoco.
A.: Non stento a crederlo, hanno anche il metal detector sull’uscio.
M.: Davvero?!
A.: Sì, mi ha detto l’amministratore che l’ultima volta che è andato per riscuotere i millesimi, quando ha suonato al campanello, una voce registrata gli ha detto “depositi tutti gli oggetti metallici nella cassettiera”.
M.: Nooooo….Vabbè; sono arrivati i pompieri a sirene spianate, non lo hai sentito il casino?
A.: No, ero sotto la doccia con lo stereo a palla, ma l’incendio è stato spento?
M.: No, non potevano entrare con la camionetta perché c’è l’ambulanza ed allora, per sicurezza, hanno fatto sgombrare tutto il palazzo e lo hanno interdetto, per questo non posso passare.
A.: Marò…
M.: Sì, pensa che si è trovato che stavano caricando il nonnetto sull’ambulanza che a vedere ‘sta gente che usciva di corsa ha chiesto cosa stesse accadendo e gli hanno risposto “evacuano” e lui sai cosa ha detto?
A.: Cosa?
M.: “Beati loro”…
A.: Si spiega da chi hanno preso i nipoti. Ma perché l’ambulanza sta ancora lì?
M.: Perché non può spostarsi più.
A.: Ma è terribile! Il vecchietto come farà? Potrebbe morire!
M.: No, è per colpa sua che l’ambulanza non può più muoversi.
A.: Vuole schiattare a casa sua?
M.: Anche tu poetessa eh?!
A.: Ehm, volevo dire: “desidera morire nel suo letto?”
M.: Noooo, è che quando si è accorto che la gente scappava per l’incendio si è spaventato talmente tanto da rendere ormai inutile corsa in ospedale e clistere, ha fatto da solo insomma.
A.: Oh mamma…
M.: Essì, ed ora l’ambulanza è impossibilitata a muoversi, sta aspettando che i pompieri spengano l’incendio per usufruire delle manichette, dare una ripulita e portarsi via la portiera.
A.: E cosa c’entra la portiera adesso?
M.: Beh, tra piccioni, vecchio nonno e acqua per spegnere l’incendio, quando ha visto come è combinato il cortile, ha avuto una crisi isterica ed è svenuta.
A.: Caro…
M.: Sì?
A.: Che ne dici se togliamo l’acacia e pavimentiamo?

22 agosto 2009

Qualcosa da dire...

I miei genitori sono delle belle persone, storicamente democristiane, nello specifico degli andreottiani di ferro; lo so, quest'ultima considerazione potrebbe cozzare con la prima ma credetemi, è così. I miei genitori, in un modo o nell'altro mi hanno reso quello che sono e qui molti potrebbero storcere il naso e fargliene una colpa...vabbè, capita. Sono democristiani dicevo, ci moriranno, come anche loro dicono; quando erano giovani loro erano in molti, moltissimi, quando poi lo scudo crociato s'è riciclato in mille rivoli diversi, nessuno di loro s'è perso d'animo, a differenza della maggior parte, i miei non sono passati dalla parte del signor B., tutt'altro, mia madre all'uomo delle "cene simpatiche" praticherebbe volentieri il lavaggio della faccia a sputi e non andrebbe oltre solo perchè è una signora. Mio padre è più pacato e cerca semplicemente di far capire a chi lo ascolta che le cose che il tipo che "fa aspettare il Cancelliere tedesco per finire una telefonata" va cianciando, sono porcate (tanto per citare De Andrè). Insomma, è da quando ho la capacità di intendere e di volere (che non è arrivata la settimana scorsa ma, ahimè, da molti anni) che sento sempre parlare di politica. Ecco, ancora adesso dai miei, dagli amici dei miei (che, per la precisione, a differenza dei miei genitori, si sono riciclati ottimamente nel partito del Padrone), dagli amici degli amici dei miei, ogni volta che si parla di politica, arriva puntuale lo sguardo alla "voi giovani cosa ci capite", a parte che dire "voi giovani" ad un trentatreenne laureato, abilitato e masterizzato mi pare lievemente riduttivo; si continua imperterriti a considerarsi portatori della verità, a sentirsi quelli che hanno fatto la politica vera, e palle simili. Vorrei solo dire a queste persone, perchè non credo che si limitino alla cerchia di quelli che conosco io, vorrei solo dire che, in realtà, non ci hanno mai capito un CAZZO di politica perchè se ci avessere capito anche solo un decimo di quello che dicono noi adesso non avremmo uno che parla di insegnare il dialetto nelle scuole, non si parlerebbe di minorenni mandate dalle madri tra le gambe di persone "importanti", non si sarebbe ai minimi storici di considerazione da parte del mondo civile e via così.

08 agosto 2009

Come state?

E' un'eternità che non scrivo, sapevo che il cambiamento di città mi avrebbe rallentato nello scrivere e, ahimè, nel leggere ma non pensavo di arrivare a questo livello; mi sento un po' a corto di idee e quando, raramente, arrivano, non riesco a svilupparle; spero sia una transizione, ci passiamo tutti no? Anche perchè non mi va di abbandonare il blog, la scrittura e la lettura...bisogna lasciarsi qualche gioia nella vita. Sono a casa da una settimana e stasera prendo il mio Oceano e ce ne andiamo un po' più a sud spero a sentire caldo e a fare tanti bagni e passeggiate; il posto è il classico ed usuale ma tutto sommato, dopo circa dieci mesi a Milano credo che anche l'abitualità mi faccia bene, magari riesco pure a scrivere qualcosa. Quest'anno poi sarò anche connesso, se la vodafone ed il portatile di mio padre permetteranno (oltre al tempo che spero di dedicare ad altro...).
Vi abbraccio tutti, cercherò di seguirvi quando possibile e vi faccio la solita raccomandazione che lascio tutte le volte che parto: non abbandonatemi! (Che soffra di paura di essere lasciato? Mah...voi non fatelo comunque) :D

23 luglio 2009

C'era un posto molto bello



ma, come al solito, c'è sempre uno stronzo di troppo al mondo, come scrisse Primo Levi "che i vostri figli possano torcere il viso da voi".

Spero torni quello che era...

21 luglio 2009

Oramai tra di noi, solo un passo...



Quando cominci a mangiare le tortillas sbriciolate nella salsa messicana come fossero cornflakes mi sa che è tempo di rivedere la propria alimentazione...

15 luglio 2009

No line on the horizon

Ci siamo svegliati che erano le cinque e mezza, io e Oceano, e per un attimo abbiamo pensato di essere alle cascate del Niagara, il rumore che passava attraverso i buchi delle tapparelle non erano gocce di pioggia, era il rumore di un unico blocco di acqua che cadeva dal cielo. Ogni tanto si vedeva esplodere una luce e poi, molto molto ravvicinato si sentiva lo scoppio, troppo ravvicinato per illudersi che fosse una cosa che si allontanava. Entrambi abbiamo pensato la stessa cosa, lì, immersi nel caldo, abbiamo pensato che tutta quella pioggia avrebbe potuto sconvolgerci i piani e rimandare, se non cancellare del tutto, l'evento che aspettavamo. Cercavo di confortare il mio Oceano che si agitava convincendo anche me stesso che un temporale non può durare così a lungo, ma le ore passavano e si avvicinava il momento in cui avrei dovuto essere pronto per andare, perché l'evento era la sera ma l'ufficio mi aspettava di giorno. Dopo una corsa nelle viscere della terra, pressati come sardine già stanche prima di finire sulla pizza, la pioggia mi ha accompagnato fino al portone del palazzo dove lavoro e non mi voleva lasciare, mi si è abbarbicata addosso cambiando il colore dei miei jeans dalla caviglia sino al ginocchio. Tutta la mattinata è passata con me che lanciavo sguardi alla lama di cielo che si vede dalla finestra e con Oceano che pregava sgranando un rosario di canzoni. Verso l'ora di pranzo noi, come il tempo, ci siamo calmati, confortati da ore asciutte e macchie di azzurro tra le nuvole; le news parlavano di sottopassi allagati ed auto che navigavano ma non di eventi sospesi e così siamo riusciti a far volare il tempo fino alla sera. Dopo un altro viaggio nel sottosuolo ancora più pressati, tanto che respiravo con i polmoni di quello davanti a me, vedo la porta di casa ed oltre Oceano ad aspettarmi. Come in un veloce rito abbiamo preso lo stretto indispensabile per l'evento e ci siamo avviati verso la meta, siamo confluiti in un fiume di gente felice e variopinta che si mischiava in gruppetti separati e noi in mezzo come bambini che vanno dal gelataio con i soldi per due coni grandi con doppia panna. Meticolosi come solo un fisico ed un commercialista sanno essere ci siamo indirizzati a colpo sicuro verso i nostri posti, colpo quasi sicuro perché i sedili arancio avevano una strana numerazione da numerologia azteca. Ci siamo seduti che ancora c'era la luce del giorno ed abbiamo visto lo stadio riempirsi in ogni dove, i puntini colorati dei sedili pian piano sparivano per fare posto a teste e braccia alzate. Dopo lo sguardo panoramico ci siamo imbambolati davanti a questa struttura enorme, questa specie di ragno a quattro zampe alto come un palazzo di sette, otto piano e l'unico aggettivo che veniva in mente era “immenso”. Dopo i supporter che ce l'hanno messa tutta per non farsi cacciare a sventagliate di fischi ed urli dell'Oceano agitato è arrivato, sull'ultimo imbrunire, il momento della fibrillazione, quando ogni attimo è quello in cui stanno per uscire e poi appaiono, raggiungendo il centro del palco passeggiando su un ponte costruito apposta sul momento ed iniziano a far nascere note e parole. Ottantamila voci facevano da coro e noi lì in mezzo, felici come due bambini che vanno dal gelataio con i soldi per due coni grandi con doppia panna ed il gelataio ci spolvera sopra anche il cacao in polvere. Quando poi tutto è finito e le luci dello stadio ci hanno detto che non sarebbero usciti ancora, ho guardato il mio Oceano finalmente quieto come quello delle spiagge tropicali e ci siamo infilati di nuovo in mezzo a tutta la gente variopinta e senza voce che tornava a casa.

09 luglio 2009

Nomen omen

Il leader dell'organizzazione Volontari Verdi, ronde vicine alla Lega Nord, che mira a sostituire Blue Berets nella metro milanese, si chiama Bastoni...poi dicono che gli antichi romani non avevano ragione...sono lievemente preoccupato, mi sa che è meglio se mi rado...
ps
Presto in arrivo post sul concerto degli U2

02 luglio 2009

Le mie parole



Ho sempre amato questa canzone di Pacifico che Bersani ha portato al successo, perchè conosco il potere delle parole, la loro capacità di costruire qualsiasi cosa, ponti, strade oppure muri. Le parole hanno un potere enorme, messe lì in fila rimangono a guardarci mentre le leggiamo e ce le facciamo bruciare dentro. Le parole fanno ridere e piangere, per questo mi piacciono, perchè non sono facili come si pensa; crediamo che comunque avremo sempre qualcosa da dire ed invece capita che ti ritrovi senza parole e non lo sai spiegare, proprio tu, quello che le parole le ha sempre sapute usare. Le parole fanno male, quelle che sputiamo sulla faccia degli altri guardandoli con rabbia o peggio con cinismo, con quel sorrisino cattivo che ci mette sopra un piedistallo. Ma le parole che fanno più male sono quelle non dette; quante volte mi sono macchiato di un peccato del genere, come diceva Cyrano, mi viene "la gotta all'immaginativa" e rimango lì senza parole, proprio quando ne servirebbero mille, proprio quando in realtà di parole ce ne sono mille e più di mille ed invece niente. Un amico a cui vorresti dire un fiume di cose ed il fiume invece ti lascia lì, quasi affogato, stremato sulla riva, zuppo di parole e sensazioni che non hai la forza di strizzarti via. Sono momenti che capitano, vero? Ci siete passati tutti, hai la fottuta voglia di dire un miliardo di frasi e ti escono le cazzate peggiori perchè in quei momenti lì l'orecchio che hai di fronte accetterebbe una ed una sola parola ma proprio quella te la scordi tra una sinapsi e l'altra, magari a chiacchierare con il ricordo nascosto ed il pensiero sconcio; la parola è lì ma non esce mica la bastarda, no, ti lascia a morire di figura di merda dicendo le cazzate più immani. Sarebbe bello avere il copione della vita invece di un goldoniano canovaccio, avere le parti già scritte e mettersi lì e ripeterle, avrei voluto un sacco di volte una cosa del genere; quelle volte in cui la mia amica del cuore, l'ansia, mi stringe alla gola e mi fa mancare il respiro io vorrei avercele le parole per urlarla fuori, quando mi sembra di essere agorafobico e mi ripeto come un mantra "Andrà tutto bene, andrà tutto bene", com'è che diceva Hubert ne "L'Odio"? Ah sì: "Fin qui tutto bene, fin qui tutto bene; il problema non è la caduta ma l'atterraggio". Con quali parole dire che i miei atterraggi sono tutti devastanti, in un modo o nell'altro? Non fatemi mai guidare un aereo. Da quasi un anno vivo una mutazione al giorno, senza respiro alcuno, passando dall'esaltazione al "resisti" ed in tutto questo sono in piedi, sembrerà una cosa da niente ed invece no. Ti capita di vivere una vita dando sempre la risposta giusta e poi sei quello che fino alla fine dei suoi giorni, spero tanti tanti tanti giorni, sentirà più spesso la frase "da te non me lo aspettavo", ironico no? Eppure è così; potrei dire che non ci faccio più caso ma non è vero, il caso non c'entra, non diciamo, manchiamo di parole proprio quando sappiamo che servono, lo sentiamo che servono ed invece di dire parole che sarebbero un abbraccio al massimo diciamo parole che assomigliano ad un sorriso ed una pacca sulla spalla. Non saremo mai capaci di dire tutto quello che vorremmo, non saremo mai capaci di leggere tutto quello che ci sarebbe da leggere nè di scrivere tutte le parole possibili; siamo essere complicati, dobbiamo sapere a prescindere ed anche questo è ironico oppure sentire anche noi la nostra dose di parole che arrivano ad ondate come le piene dei fiumi. Lo dice Pacifico, le parole sono sassi e con i sassi si possono fare anche cose utili, magari accendere il fuoco che ci farà mangiare. Non so se le mie parole mi faranno mai mangiare ma se mangiassi come uso le parole, sarei bulimico, con tutto il rispetto per chi affronta questa malattia. Ormai so bene che non sarò mai capace di raccontarmi totalmente perchè ci sarà sempre una parola mancante od un significato nebuloso perchè, che Dio sia lodato, sono stranamente molto di più di quello che le lettere messe in fila riescono a dire ma questo, come tutto, ha i suoi pro ed i suoi contro. Spero di postare presto qualcosa di divertente anche perchè come mi hanno fatto notare in molti, da quando sono qui al nord, oltre a scrivere poco, non faccio più ridere, e questo per me è un male. Intanto che aspettate (spero poco...le attese lunghe sono proprio brutte), vi abbraccio tutti.