Una piccola premessa per i nuovi lettori (ed una rinfrescata di memoria ai vecchi, se ce ne sono ancora); il 25 ottobre 2009, in preda al timore di avere l'ispirazione molto stanca ho chiesto ai miei amati lettori di propormi tre parole, per l'esattezza un sostantivo, un aggettivo ed un verbo, e poi io ci avrei scritto un post. Oltre le mie più rosee aspettative mi sono state proposte trentaquattro triplette di parole ed io mi sono ripromesso che avrei scritto un post per ognuna delle trentaquattro triplette. E' passato un sacco di tempo e più della metà dei post è stato scritto, li potete leggere tutti cliccando qui ma ne ho ancora altri da scrivere: una promessa è una promessa no? Questo è uno di quei post.
Il post dalle tre parole di Shaina
Il senso del dubbio
Mi chiamo Domenico Malatesta, ho compiuto cinquantatre anni ed insegno matematica al liceo. I miei amici ed i colleghi affermano che sono all'antica perché dico ancora “incantevole” davanti ad un tramonto ed uso l'acqua di colonia, faccio passare prima le donne e sull'autobus mi alzo per far sedere gli anziani; anche se, ormai, dovrei far parte anch'io della categoria. Insegno matematica da oltre venticinque anni ma amo le parole tanto quanto i numeri, infatti alla fine dell'anno scolastico, all'ultima lezione, dopo mesi di teoremi e studi di funzione e di segni astratti che compongono una lingua a parte, leggo un lungo passo di un libro. Non dico subito il titolo, solo al termine, consapevole che, nella maggioranza dei casi poi il libro verrà scovato in qualche libreria e letto tutto; “L'Aleph” di Borges, “Il barile di Amontillado” di Poe oppure “Ultimo viene il corvo” di Calvino o altri ancora. Dopo aver finito di leggere chiedo sempre, ai ragazzi, la stessa cosa; domando loro quanta matematica c'è nelle parole. Mi diverte il loro smarrimento prima di rispondere, quella perplessità in cui ci si chiede se si è inteso bene la domanda e quale possa essere la risposta. Lo si legge negli occhi, il senso del dubbio, la necessità di elaborare una risposta anche solo con la fantasia; adoro quel brillare negli occhi perché significa che tutte le parole che in un anno ho donato loro, gli ho tirato in faccia o costretto ad ingoiare; anche avessero la forma di numeri o segni astratti, sono servite a qualcosa; significa che ho vinto.
Il post dalle tre parole di Shaina
Il senso del dubbio
Mi chiamo Domenico Malatesta, ho compiuto cinquantatre anni ed insegno matematica al liceo. I miei amici ed i colleghi affermano che sono all'antica perché dico ancora “incantevole” davanti ad un tramonto ed uso l'acqua di colonia, faccio passare prima le donne e sull'autobus mi alzo per far sedere gli anziani; anche se, ormai, dovrei far parte anch'io della categoria. Insegno matematica da oltre venticinque anni ma amo le parole tanto quanto i numeri, infatti alla fine dell'anno scolastico, all'ultima lezione, dopo mesi di teoremi e studi di funzione e di segni astratti che compongono una lingua a parte, leggo un lungo passo di un libro. Non dico subito il titolo, solo al termine, consapevole che, nella maggioranza dei casi poi il libro verrà scovato in qualche libreria e letto tutto; “L'Aleph” di Borges, “Il barile di Amontillado” di Poe oppure “Ultimo viene il corvo” di Calvino o altri ancora. Dopo aver finito di leggere chiedo sempre, ai ragazzi, la stessa cosa; domando loro quanta matematica c'è nelle parole. Mi diverte il loro smarrimento prima di rispondere, quella perplessità in cui ci si chiede se si è inteso bene la domanda e quale possa essere la risposta. Lo si legge negli occhi, il senso del dubbio, la necessità di elaborare una risposta anche solo con la fantasia; adoro quel brillare negli occhi perché significa che tutte le parole che in un anno ho donato loro, gli ho tirato in faccia o costretto ad ingoiare; anche avessero la forma di numeri o segni astratti, sono servite a qualcosa; significa che ho vinto.