Sapevo che il mago B mi aveva lasciato come ultimo il lavoro più difficile, ne ho avuto la certezza appena mi è arrivata, fermo posta, la foto.
Si chiama Giovanni ma si fa chiamare Gio; un volto inquietante con il pizzetto. Certo, a prima vista può sembrare innocuo ma ho troppa esperienza per non capire che si sarebbe rivelato un soggetto ostico da terminare; niente a che vedere né con il
primo lavoro, né con
il secondo. Anche in questo caso cerco di ottenere le prime informazioni dal
suo blog, leggo il primo post e mi colpisce la prosa asciutta, leggo il secondo e mi meraviglio della sagacia, leggo il terzo e mi insospettisco della poetica, leggo il quarto e mi sembra di cogliere una certa ripetitività, dopo il quinto "La città delle donne" di Fellini, al confronto, sembra "300", al sesto ormai potrei scrivere un post come il suo anche io:
oh [nome di donna]
stanotte ti ho sognata, eravamo in [un giardino, un castello, una spiaggia, una città sconosciuta]
guardavo [i tuoi occhi, le tue labbra, il tuo viso, il tuo corpo]
e non mi importava di quello che avevamo intorno anche se c'erano [dei banditi, dei nazisti, dei vampiri, dei lanzichenecchi]
che avrebbero voluto [rapinarci, ucciderci, violentarci, farci iscrivere a scientology]
ma io ho sfoderato [la mia spada, il mio mitra, il mio sorriso, la mia parlantina]
e li ho sconfitti e tu [ti sei messa a piangere, ti sei messa a cantare, ti sei accasciata, ti sei spogliata]
e ci siamo uniti in un amplesso (il finale è sempre quello).
Alla fine della lettura del blog ho letto più di donne che nei verbali delle intercettazioni del caso Tarantini. Ho la conferma che sarà un lavoro duro da svolgere, durissimo. Arriva il momento di avvicinare il soggetto, è un ricercatore fisico, deve parlare ad una conferenza sulle interazioni tra particelle, mi insinuo tra il pubblico. Il suo intervento è dopo il coffee break, cerco di prendere qualche pasticcino infilando una mano tra due professori che litigano su una teoria e si stanno per accapigliare su una formula matematica che hanno scritto con la crema dei cannoli su un fazzolettino di carta e vedo il mio bersaglio, sorseggia un caffè parlando con un collega ed intanto guarda la cameriera, mi ricorda un documentario che ho visto una volta in tv, c'erano un pitone ed un porcellino d'India. Per il suo intervento, mi siedo defilato in terza fila ma deve aver capito qualcosa ed avermi drogato perché appena inizia a parlare mostrando delle slide vengo colto da una pesante sonnolenza, deve aver usato un gas perché prima di crollare vedo che tutti quelli che lo stanno ascoltando stanno subendo lo stesso effetto. Mi sveglio che mi stanno cacciando perché, addormentandomi sono crollato in avanti ed ho dato una testata fortissima sulla nuca del rettore di una università straniera che mi sedeva di fronte e l'ho mandato all'ospedale; l'ultima cosa che vedo è il soggetto che avvicina la cameriera e le fa una battuta stantia cingendole una spalla; ricordo che alla fine del documentario il porcellino d'India non c'era più. Decido di usare un approccio meno diretto e di avvicinare i suoi conoscenti, vecchi e nuovi, per scoprire se ha qualche punto debole, oltre alle donne. Fingendomi un suo amico che vuole organizzare una sorpresa contatto dei suoi ex compagni di liceo; per prima vado a casa della sua vecchia compagna di banco, una bruna; "Gio è sempre stato un ragazzo molto poetico, ricordo che si infervorara per la politica e per la storia. Mi diceva che ero l'unica stella della classe e che le altre erano solo il mio riflesso; mi diceva che le vere donne sono le brune. L'ultima volta che ci siamo visti è stato una decina di anni fa, siamo usciti insieme e mi ha offerto da bere, poi non ricordo molto altro, in realtà", mi dice carezzando la testa del figlio di dieci anni, un bambino inquietante con il pizzetto. La seconda è la migliore amica della compagna di banco, una bionda; "Gio è sempre stato un ragazzo molto simpatico, ricordo che scherzava sempre sulla filosofia e la geografia. Mi diceva che ero l'unica stella della classe, che gli piaceva fossi a distanza così poteva guardarmi meglio, che le altre erano solo il mio riflesso; mi diceva che le vere donne sono le bionde. L'ultima volta ci siamo visti circa sei anni fa", mi dice mentre aspetta che il figlio esca dal suo primo giorno di scuola, un inquietante bambino biondo con il pizzetto. Vado a parlare con la sua vecchia professoressa di italiano, una rossa di circa sessant'anni, "Gio è sempre stato un ragazzo molto studioso, ricordo che partecipava attivamente alle mie lezioni ed andava bene sia allo scritto che all'orale...aaaaaaah...ehm... Dicevo, andava molto bene, mi confessava che aspettava solo che arrivassi in classe, che aveva occhi solo per me, che le sue compagne erano solo ragazzine svampite e che le vere donne sono le rosse. L'ultima volta che l'ho visto ci siamo presi un caffè, circa cinque anni fa" mi dice carezzandosi il pizzetto sul volto inquietante. Dal periodo della scuola superiore non avevo ottenuto molto, se non il numero di telefono della professoressa che ho buttato appena chiusa la porta alle spalle. Passo ai colleghi dell'università, sperando di avere maggior fortuna; riesco a contattare una cinese con cui ha seguito un seminario, è una seguace buddista, completamente calva; "Gio è sempre stato un collega molto affascinante, ricordo che mi dedicava le costellazioni ed inventava storie. Mi diceva che ero l'unica stella nell'università, che le altre erano solo il mio riflesso; mi diceva che le vere donne erano le calve perché viene fuori la loro vera bellezza senza l'orpello dei capelli. L'ultima volta ci siamo visti circa dieci mesi fa, mi ha offerto una tisana ma non ricordo molto altro", mi dice allattando al seno un neonato con la testa inquietante ed il pizzetto. Oltre al fatto che abbia poca fantasia con le frasi ad effetto non ho ancora scoperto nulla; provo con il suo collega di laboratorio; "Gio è sempre stato un gran lavoratore, analizza dati e fa analisi per tutto il tempo, sta sempre al pc ma non vuole che gli diamo una mano, un vero altruista. Dice che sono il suo unico amico, che gli altri sono solo conoscenze occasionali, che la vera compagnia è quella di un sodale maschio. L'ultima volta che ci siamo visti è stato ieri sera, mi ha offerto una birra ma non ricordo molto altro", mi racconta carezzando un chihuahua dal muso inquietante e col pizzetto. Prendo un appunto mentale che, nel caso di avvicinamento al soggetto, non devo farmi offrire nulla. Decido di seguirlo per carpire meglio i suoi segreti, il mago B mi ha insegnato le tecniche per non farmi scoprire e mi sono utili perché, altrimenti, sono sicuro che mi scoprirebbe subito. Mentre decido sul da farsi passo davanti alla porta del professore con cui ha svolto la tesi, faccio un altro tentativo; "Gio è sempre stato un discente molto attento, ricordo ancora le sue domande pertinenti sull'atomo e le sue particelle. Diceva che ero l'unico professore competente dell'università e che gli altri vivono di una effimera rendita dei passati splendori. Mi diceva che ero come un padre per quanto gli avevo insegnato, anche sulla vita. L'ultima volta l'ho visto circa sei mesi fa, l'ho invitato nella mia baita nei boschi, con la mia famiglia, diceva di conoscere bene quei luoghi. Una persona davvero squisita, pensi, si è offerto anche di portare il cibo alla mia cagnetta", mi racconta guardando la foto di un cane lupo con attorno una cucciolata dal muso inquietante e col pizzetto. Bingo! Finalmente qualcosa di interessante, conosce molto bene i boschi, è un indizio, significa che ci va spesso, potrei avvicinarlo con la scusa di essere un cercatore di funghi che ha bisogno di aiuto. Il soggetto ha una moto di grossa cilindrata con cui sfreccia sulle strade, gli piazzo un segnalatore gps e lo seguo via satellite e così scopro che un paio di volte a settimana passa la notte nello stesso posto, al centro del bosco. Faccio un sopralluogo, trovo una baita che, con una veloce ricerca, scopro essere di proprietà di una società di comodo; non è difficile forzare gli archivi della società e scoprire che il vero proprietario è il bersaglio; significa che ha qualcosa da nascondere; me lo conferma anche il modernissimo sistema di allarme, con tanto di videosorveglianza, che difende la baita. Il lavoro è davvero difficile ma non posso deludere il mago B, soprattutto in questo caso. Disattivo gli allarmi ed entro nella costruzione, sembra tutto normale, niente di particolare ma so che ci deve essere qualcosa; apro il frigorifero ma dentro c'è solo qualcosa da bere, non c'è cibo. Trovo la porta che scende in cantina, appena la apro ho un brivido, dal basso arriva un ronzio di un motore, come quello di un grosso frigo, tipo cella frigorifera. Accendo una luce e vedo che, sotto, c'è praticamente un monolocale arredato con tanto di letto matrimoniale e cucina e sulla parete di fronte alla scala, la porta di metallo di un grosso freezer; quando la apro rimango atterrito dal terrore. Dentro la cella frigo ci sono, quattro cuccioli di foca appesi ai ganci da macellaio, un quarto di rinoceronte bianco, mezzo panda ed un dodo intero. Chiudo prima di svenire e scopro, sul tavolo della cucina, un libro di ricette "manicaretti in via d'estinzione"; devo portare a compimento questo lavoro, non posso lasciare il soggetto libero e, soprattutto, vivo. Fuggo via nella notte, ormai so come colpire. Mi prendo un paio di settimane per organizzare le cose per bene e poi lo aspetto fuori dall'università, mi passa davanti mentre, al telefono, sta cantando il Don Giovanni a qualche ragazza dall'altro capo dell'apparecchio, probabilmente lontana, la povera giovane non sa che fortuna è quella distanza anche perchè, a sentirlo cantare Mozart mi viene voglia di essere Beethoven, per la sordità. Chiude la telefonata e sale in moto, lo lascio andare avanti, so che strada deve fare, è giorno di baita; ad un semaforo lo avvicino anche io su una moto potente e lo guardo con derisione e sfida, so che ha un ego grande quanto Giuliano Ferrara, sicuramente non si tirerà indietro, ed infatti comincia a far rombare la sua moto per raccogliere la mia sfida, al verde parte di scatto ed io lo seguo, conosce le curve a memoria, pensa di battermi facilmente ma anche io ho studiato bene il percorso. Non visto ho dato un taglio leggere al tubo dell'olio dei freni della sua moto, ho calcolato esattamente quando avrebbe perso pressione; arriviamo dove lo volevo portare, su un rettilineo che porta ad una curva a gomito su uno strapiombo, iniziamo a tirare, vince chi stacca per ultimo, lo faccio quasi arrivare in fondo dove frena esattamente sulla macchia di olio che avevo preparato, scivolare giù è un attimo, lo raggiungo che respira ancora, la moto è poco distante, distrutta; con calma mi avvicino, ha la visiera alzata, nonostante la paura il suo sguardo è sempre quello del pitone, gli dico solo "mago B" e lo sguardo diventa quello del porcellino d'India, è solo un attimo, gli spezzo il collo, nessuno capirà che non è stata la caduta a farlo. Gli metto qualcosa in tasca e poi mi avvicino alla moto con molta attenzione, per fortuna non si è incendiata, sostituisco il tubo dell'olio per non far vedere il taglio e vado via, se lo era scelto bene il posto in cui avere la baita, la strada è battuta pochissimo, infatti i soccorsi vengono chiamati solo dopo ore. In tasca gli verrà trovato un mazzo di chiavi ed una cartina con una x ad indicare la baita; la polizia non ci mette molto a scoprire quello che c'è dentro la baita, i giornali, successivamente, ne hanno parlato per giorni.
Tempo di preparazione ed esecuzione del lavoro: sei mesi
Livello di sputtanamento del soggetto: estremo
Questa volta il mago B si è detto addirittura entusiasta.