Una volta ho dato dell'idiota ad una persona, dopo attenta analisi eh ma comunque con un certo impeto, con una certa verve; anche con un certo gusto, devo ammetterlo, che le lettere a formare la parola "idiota" me le sono figurate in testa, le ho fatte ballare tra di loro una specie di valzer, a due a due, girando per la pista del mio ipotalamo. La "i" con la "d", che è sua moglie ed è incinta, l'altra "i" con la "o" che sarà pure in sovrappeso ma è tanto simpatica e poi quel perticone della "t" con la "a" che è anche lei incinta ma si vergogna un po' e sta a testa bassa. Insomma le ho fatte ballare un valzer romantico, quasi fossero al ballo delle debuttanti, e poi, tutte insieme, tenendosi per mano, hanno disegnato "idiota" sul palcoscenico dei pensieri espressi, hanno fatto anche la riverenza. Poi però mi sono accorto di aver sbagliato, sì, di aver comunque dato un giudizio affrettato, di aver basato la mia idea su un costrutto di ipotesi, su uno scontro di ideali, di pensieri in contrasto che mi hanno fatto dare a questa persona uno sconveniente identificativo quale è "idiota"; mea culpa, ammetto il mio errore di valutazione, lo sbaglio nel costruire un perimetro intorno ad un soggetto identificandolo in termini così diretti e classificanti quali sono quelli che lo scarno termine "idiota" racchiude. Mea culpa, a volte un giudizio nasce da analisi con pochi dati, fatte in momenti di non completa lucidità, accorgendosi poi di aver tirato delle somme troppo presto, di esser stati, forse, presuntuosi, credendosi capaci di saper capire da poche pennellate tutto il senso di un quadro. Per questo ho guardato meglio, soppesato, analizzato ancora di più, guardato il filo tenue di ragnatele sociali che ognuno di noi tesse intorno a se, e no, me ne sono reso conto "idiota" non era giusto, era quasi cattivo gusto, faciloneria, era avventato giudizio, era uno sbaglio perché, in effetti, questa persona non è un idiota, no, è proprio un coglione putrefatto. Mea culpa.
03 ottobre 2017
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