29 dicembre 2010

Chiudiamo il 2010 per favore...

1) Noah Gordon – Medicus
2) Gianrico Carofiglio – Né qui né altrove (riletto)
3) Niccolò Ammaniti – Che la festa cominci
4) Piergiorgio Odifreddi – Perché non possiamo essere cristiani
5) Giorgio Scerbanenco – Milano calibro 9
6) Alessandro Baricco – Novecento (riletto)
7) Aldo Nove – Milano non è Milano
8) AA. VV. – Crimini italiani
9) AA. VV – Rac-corti
10) Maurizio Crozza – Buonasera onorevole
11) Gianrico Carofiglio – Le perfezioni provvisorie
12) Piergiorgio Odifreddi – Il matematico impertinente
13) Niccolò Ammaniti – Ti prendo e ti porto via
14) Tullio Avoledo – Mare di Bering
15) Scarlett Thomas – Che fine ha fatto Mr Y.
16) Ernest Hemingway – Il vecchio e il mare
17) Raymond Queneau – I fiori blu
18) David Foster Wallace – Brevi interviste con uomini schifosi
19) Johann Wolfgang von Goethe – I dolori del giovane Werther (riletto)
20) Giampaolo Perna – Ansia
21) John Kennedy Toole – Una banda di idioti

Questo è quello che ho letto durante il 2010, insieme a riviste, fumetti, giornali, avvertenze, bugiardini, istruzioni e, naturalmente, i vostri blog. Questa lista non riporta voti o consigli, non è una classifica né una recensione, sono solo i libri che ho letto (a volte, per poter scrivere i reloaded, riletto), se volete sapere come sono, chiedete. Pensavo che ne avrei letti anche meno in questo 2010, invece sono arrivato a quasi due al mese, considerando che, come lettore, sono altalenante, alterno periodi di lettura feroce ad altri di non lettura; visto che però mancano due giorni alla fine dell'anno, anche iniziando un libro adesso, non credo che riuscirei ad allungare la lista. Insomma, è finito anche il 2010 ed adesso uno dovrebbe pure fare dei bilanci, cosa che, visto il mestiere che faccio, dovrei saper fare bene eppure è sempre difficile perché, a volte, si è troppo concentrati su come ci siamo sentiti negli ultimi giorni per poter davvero analizzare come è stato tutto l'anno passato. Per me è stato un anno strano, bellissimo e bruttissimo, ho incontrato delle persone meravigliose, che hanno arricchito la mia vita e, per un caso (s)fortuito del destino ho anche incrociato degli essere ripugnanti (non riesco a chiamarli in altra maniera...e considerate che sono una persona molto obiettiva); ho visto posti bellissimi nonostante sia un personaggio stanziale e vissuto giorno per giorno il grigiore di dove vivo; ho sorriso felice ed inghiottito incazzato. Il 2010 è stato l'anno vissuto qui, tutto, totale e totalizzante, con momenti di euforia (pochissimi) e momenti di scazzo&sconforto (quasi tutti); sono una persona fortunata, dopotutto, lo so bene e non sputo su questa fortuna. Spero che il prossimo anno sia uguale e migliore nelle cose buone e che si ribaltino completamente le piccole, medie e grandi sfortune, che diventino fortune; auguro a voi la stessa cosa. Questo blog forse si prende una pausa, forse no, forse breve, forse lunga...o magari domani scrivo ancora.
Un abbraccio a tutti

24 dicembre 2010

Ambivalenza...



Siamo alla vigilia, la vigilia di Natale e, come è noto, bisogna essere tutti più buoni ma, visto che in ognuno di noi c'è bene e male, calma e rabbia, bontà e cattiveria e che siamo come metronomi che si alternano tra uno stato e l'altro ad una velocità dipendente dalla nostra musica, dal momento e da altri cazzi allora ho deciso di andare in controtendenza e dire:

vaffanculo

vaffanculo a chi cerca di zittirci con il dito al naso e la prosopopea di non so cosa
vaffanculo a chi ci fa fare il sangue amaro, a chi ci riempie di livore
vaffanculo a chi crede, costantemente, di avere tutte le risposte e non si pone mai un dubbio
vaffanculo a chi quelle risposte te le vuole dare anche se non gli fai nemmeno una domanda
vaffanculo a chi non sa capire quando è il momento di levarsi dai coglioni
vaffanculo a chi, continuamente, ammazza i sogni delle persone
vaffanculo a chi se ne frega di povera gente su una gru
vaffanculo a chi se ne sbatte della gente che manifesta
vaffanculo a chi, ogni giorno, si pulisce il culo con la democrazia
vaffanculo a chi non sa far altro che metterla in violenza
vaffanculo a chi si mette sette contro uno
vaffanculo a chi si beve le stronzate
vaffanculo a chi parla per partito preso
vaffanculo a chi ci taglia la strada e ci frega un parcheggio
vaffanculo a chi si prende tutte le precedenze
vaffanculo a chi non ha le palle
vaffanculo a chi pensa di avere i diritto di poter far tutto
vaffanculo a chi fa sciacallaggio del dolore
vaffanculo a chi ruba senza avere fame
vaffanculo a chi uccide un qualsiasi essere vivente solo per piacere
vaffanculo a chi stupra con il corpo o con le parole
vaffanculo a chi instilla la paura
vaffanculo a chi evade le tasse e crede sia pure giusto
vaffanculo a chi ti guarda storto se fai qualcosa che non piace a loro
vaffanculo a chi non rispetta le idee degli altri
vaffanculo a chi non rispetta proprio del tutto, gli altri
vaffanculo a chi dice che è da stupidi pensare solo all'immagine e poi ti giudica solo con uno sguardo
vaffanculo a chi picchia gli indifesi
vaffanculo a chi fa distinzione tra le razze
vaffanculo a chi fa di tutta l'erba un fascio
vaffanculo a chi predica bene e razzola male
vaffanculo a chi ti dice "tanto non capisci"
vaffanculo a chi si permette di giudicare la tua libertà

Ed a voi invece, a voi che siete tutti gli altri, a voi a cui sono affezionato, a voi a cui voglio bene; a tutti voi non vanno le cose dette prima a voi dico...

17 dicembre 2010

Campagna acquisti

Secondo me alla fine si confonde, mette Cassano sottosegretario e Scilipoti dietro le punte.

13 dicembre 2010

Un anno che sto qui



Mi piace questa canzone, si porta con sè un sacco di ricordi. Ce l'ho nel mio lettore mp3 da tempo e mi ricorda mille e mille passi, messi uno dietro l'altro, quando vagavo per le strade di Milano con gli occhi lanciati in giro e la musica nelle orecchie. Ormai è più di un anno che sono tornato e c'è ancora gente che si meraviglia del perché questa città mi manchi così tanto, del perché io la consideri bella; "Bella? Milano?! Ma sei pazzo??", spesso non ci perdo nemmeno il fiato a spiegare il motivo, se parli con persone che non vogliono ascoltare, perché sprecare le parole? Come glielo spiego il piacere di camminare senza avere davvero una meta, cercando solo di seminare i pensieri e riuscendoci benissimo? Come spiegare il vorticare di facce tutte diverse che si mischiano in una babele di lingue e dialetti? E poi il perdersi, solo con una cartina sgualcita in mano, tra le vie di una città in cui non sei un turista, una città che stai vivendo, che ti sta vivendo. Perdere lo sguardo nel cielo terso di maestrale che disegna il suo celeste acceso tra i palazzi, respirare l'aria fredda e buttarla fuori come sbuffi di vapore, solo con il naso a prendere aria. Come spiegare la luce trasversale del sole che, in una domenica mattina di gennaio, cade sul sagrato di Sant'Ambrogio e fa brillare la neve caduta da pochi giorni? Oppure la follia del carnevale che esplode in un arcobaleno di colori accesi tra piazza Duomo e via Torino? Come spiegare piazza Cordusio e le sue luci in una sera di ottobre, il primo vero impatto con la città dopo il tramonto? Oppure un giapponese solitario che nel freddo di una sera di gennaio fotografa le vetrine di via Montenapoleone con la sua macchina fotografica e il suo treppiedi. Questa canzone, insieme ad altre, rappresenta i chilometri di marciapiedi ed asfalto camminati senza fretta, per passare il tempo, da solo, volutamente e piacevolmente da solo perché senti il bisogno di farti delle domande anche se non ti interessa risponderti. Un anno che sto qui, che sono tornato, non so se per una decisione oculata o avventata, un anno che i ricordi a volte mi coccolano, a volte mi assalgono mozzando il fiato con il loro suono del "non torneremo più", sapendo che rimarranno chiusi nella mia testa, fatti di facce, posti, colori, sapori e suoni.

06 dicembre 2010

Da una foto

foto presa da qui

In medio stat virtus

- Miché, hai finito con l’immondizia?
- Sì, sì, è tutto davanti all’entrata, speriamo che arrivino presto a ritirarla perché me ne voglio andare a casa.
Tutte le sere così, ti ci vorresti mettere anche tu in quel cumulo di sacchi neri e farti portare via, i piedi gonfi, gli occhi rossi, il mal di schiena, la puzza di fritto e non so che altro che ti è entrata dentro la pelle, forse dentro le ossa. Arrivi a sera e ti senti svuotato, con tutta la tua forza che si è consumata, persa negli occhi delle centinaia di facce che ti sono passate davanti con l'unico sollievo del sorriso di una turista che non sarà bellissima ma almeno ti sorride, in mezzo a maleducazione, fretta, richieste assurde, lamentele. A volte nemmeno le pause ti puoi godere, magari sei lì che, dopo esserti avvelenato con non sai cosa, ti avveleni con la cara vecchia nicotina; stai appoggiato al muro o seduto sul primo ripiano stabile ad altezza culo che trovi e ti arriva uno che ti chiede: “Ma non ti fai schifo?”e mentre cerchi qualcosa per tirarne in ballo la madre o, almeno, una sorella, già sai dove andrà a parare ché dopo un po’ capisci come vanno le cose e senza attendere la tua risposta, continua: "Non ti fai schifo? Stai avvelenando tutte quelle persone!" e tra le mille possibilità, tra tirare fuori una battuta come “Vabbè che il fumo passivo uccide ma non pensavo che da qui arrivasse fino dentro” oppure mandarlo a fanculo e rientrare, te ne stai lì e ti sorbisci la ramanzina perché quella è la tua cazzo di pausa e non puoi interromperla per lui. Ti sorbisci la storia della carne macinata fatta con non si sa cosa, macellando anche altri tessuti insieme alla carne; del pane che è un mistero di natura, degli additivi zuccherosi per far venire fame, delle multinazionali e dello sfruttamento; e vorresti rispondere, dire che non sai un cazzo di cosa c’è nella carne, che non sai se i panini marciscono o meno perché a te ti hanno detto che dopo un tot che stanno sullo scivolo senza essere comprati vanno eliminati e che, quindi, non hanno nemmeno il tempo per raffreddarsi pensa tu quello per marcire. Vorresti indicargli il barbone che sta mangiando un hamburger seduto per terra e dirgli che quel tizio con i due euro che aveva in tasca è comunque riuscito ad avere un panino con dentro della carne e dell’insalata, è riuscito a pranzare anche oggi e vorresti dirgli che, quando capita, se ci riesci, gli passi pure un po’ di patatine fritte di nascosto e se così lo hai avvelenato beh, è una cosa del lungo periodo ma, nel breve, ha evitato di saltare il pranzo. Vorresti rispondergli che pure tu, ogni tanto, te ne mangi uno e che ti piace, che non sai cosa ci mettono dentro per farlo piacere ma che quello che ci mettono fa la sua porca figura perché funziona alla grande; vorresti dirgli che respiri ogni giorno tanta di quella merda che mangiare quel panino qualche volta non è nemmeno il peggio. Vorresti dirgli che anche tu, come il barbone, ti compiaci di riuscire a pranzare spendendo poco o nulla perché anche a te piace mangiare le cose genuine ma, nel mondo, in quella città, con quello che si spende per mangiare una sola volta una cosa genuina, lì dove lavori ci mangi una settimana; perché, ed è questo che vorresti fargli capire, quello che lui vede come il nemico per te è solo il posto dove lavori, che non te lo sei scelto tu, che a ventisette anni, una laurea di primo livello in lettere e filosofia, tu, volentieri, faresti altro ma che hai trovato solo quel posto del cazzo in cui, a turno, cucini, friggi, vendi, servi e pulisci e che quindi, sinceramente, in quel momento hai, egoisticamente, altri cazzi a cui pensare. Vorresti dire tutto questo ma non lo dici, perché sarebbe inutile e farebbe solo prolungare la sofferenza mentre, con il silenzio, speri che si stanchi e ti lasci in pace, magari concludendo con il più classico dei “venduto”; se davvero sono un “venduto” devono avermi comprato ai saldi, vista la cifra irrisoria pagata. Non rispondi però, anche perché non ha nemmeno torto, te ne accorgi anche tu del costante odore dolciastro che c'è lì e che dalle narici sale a rincoglionire le cellule cerebrali fino a fargli credere di avere fame; li vedi anche tu i bambini sempre più obesi ed irascibili e maleducati che si ingozzano di panini enormi e litri di bevande; sai che c'è qualcosa di sbagliato, di esagerato, come di corsa verso un traguardo che non si raggiungerà mai veramente. Quelli che ti vengono ad urlare contro sono tanti e tutti diversi, c'è chi ci crede veramente e chi lo fa per moda, chi lo fa con la pancia piena di cose salutari e chi vorrebbe solo migliorare le cose, chi è insensibile a necessità e ragioni degli altri e chi ha orecchie per ascoltare. Sono due estremi e, come la verità, tu stai semplicemente nel mezzo.
- Miché, sveglia! alzati da quella sedia, sono arrivati, dai che ce ne andiamo a casa.
- Arrivo.

Memento audere semper

Ci lavoro da cinque anni.
“Tanto per non stare senza far nulla, mentre cerco altro...”
Così avevo detto a chi mi conosceva e veniva a mangiarsi un Mac, o forse è così che ho raccontato a me stessa, una specie di autoconvinzione... poco convinta. Poi, tra un Mc Chicken e un Royal Delux, il “cerco altro” se ne è andato a far benedire e con esso i miei sogni, i miei studi, le mie ambizioni.
Quando per anni avevo fatto laboratorio nella facoltà di archeologia, non avrei mai pensato che mi potesse tornar utile per riconoscere e dividere un Happy Meal da un Menu Salads Plus. A pensarci oggi però, non ci passa un granché di differenza: prima catalogavo resti ossei, oggi imbottisco panini con resti di cadaveri più o meno recenti. Sarei tentata dall'azzardare una prova del C14, sai che sorprese...
Qui dentro le bestie arrivano già sezionate, la loro carne trita, mischiata a “chissàcos'altro” è identica per dimensioni, odore, sapore (dicono) e io scarto e confeziono un prodotto che non considero nemmeno cibo, sorrido alla mamma che premia il suo bimbo portandolo alla grande M, le auguro un buon break e le consiglio il muffin al cioccolato “che oggi è in offerta con due 0.3 di coca”. La vedo fulminare un tipo che fuma sull'uscio dell'entrata, come se quello che lascia ingurgitare al figlio sia meno dannoso della nicotina. Faccio l'occhiolino al piccolo che con un sorso ha già finito metà bibita e...

… tutto ad un tratto sono minuscola, entro di traverso nella poltrona di pelle marrone e verde bottiglia che i miei nonni hanno in cucina, di fianco al camino in pietra, sono le sedici e ho ancora gli occhi appiccicati per il riposino post pranzo; un Paolo Bonolis giovanissimo, ma già brillante, conduce Bim Bum Bam e io attendo fiduciosa la sigla degli snorkies, mia nonna mi porge un piatto di ceramica che io afferro senza distogliere lo sguardo dallo schermo, con le piccole dita stringo qualcosa e, solo dal gusto, riconosco quel pane fresco fatto in casa e quei pomodori maturi, rossi, che mio nonno riporta dalla campagna...

“Per me un Filet-o-Fish e una patatina piccola”
In una frazione di secondo ritorno grande e nostalgica...
“Subito”
Dalla cucina sale il calore e l'unto delle friggitrici, quest'olio me lo sento sempre addosso, mi è entrato nella pelle. E' il Mc che appartiene a noi o siamo noi che apparteniamo a lui? Io mi sento sua prigioniera, o prigioniera di questo sistema che ti permette di vivere (sopravvivere) solo se ammazzi i tuoi sogni, “perchè lavoro è sacrificio” e gli ideali, bhè quelli... non ti danno da mangiare.

“Nonna mi dai l'acqua?”... i denti li affondo nel pane e pezzi di pomodoro salati mi cadono nel piatto che reggo sotto il mento, proprio come mi hanno insegnato... “sennò ti sporchi...”. Un intermezzo simpaticissimo mette Marina Morra e Uan a testa in giù e non mi spiego perchè, quando lo faccio io contro il muro, a me si “sparano” in aria anche i capelli... a loro no! In qualche modo ho “impomodorato” la maglietta cambiata solo stamattina, sbircio verso mia nonna che “capa” le verdure seduta al tavolo e mi prendo la frecciata che già sapevo di meritare: “mo te la tieni così!”. Mi guardo il petto e penso che quando ti sporchi non puoi che gioire, non hai più l'obbligo di stare attenta nel mangiare....

“Signorina il mio Mc Menu?”... “Si, si, un attimo e le porto tutto”. Oggi non riesco a lasciare fuori i pensieri, non che di solito mi rimanga facile concentrarmi nel lavoro ma... in alcuni giorni la mente non ne vuole sapere di rimanere dentro i “recinti” imposti dal dovere. Appena giro l'angolo della cucina mi sparo in gola, al volo, un sorso d'acqua e mi scuoto la testa insistentemente come a voler cacciare uno sciame d'api fuori dalle orecchie. L'orologio a muro fa le 15:05... “forza che tra un'oretta sei fuori di qui...”. Mr Potato mi sorride con rassegnazione, gli abbiamo affibbiato questo soprannome da quando è arrivato e ora, a dirla tutta, non ricordo più il suo nome. Mi fa un cenno con la testa, le patate sono pronte... si finisce così quando passi otto ore davanti ad una friggitrice? L'olio ti tira via tutta l'espressività e ti si svuotano gli occhi e la mente?

“Cento nani stupirò che goloso lo yo yo.... che sorpresa scoprirò se mi mordo lo yo yo... ho trovato lo yo yo molto in alto volerò... io mi mangio lo yo yo, un perchè lo troverò!”... mi stringo le gambe al petto e penso che qui, in casa di nonna, lo yo yo non s'è mai comprato: “Che Stefano ce l'ha gli yo yo nonna?”. Stefano ha un emporio, un piccolo, minuscolo, negozio (che null'altro è che il suo garage di casa) dove dentro si vende di tutto, dalle sigarette, agli alimentari, ai regali... “e penso di si, ma che ci devi fare? Quelli ti fanno male!”. C'ha gli occhiali un po' scesi sul naso nonna e quando mi risponde mi guarda da sopra le lenti, il ciglio sempre un po' arcuato e il tono di chi va sempre di fretta e non ha tempo da perdere. A me piace guardarla quando fa gli gnocchi (a volte riesco anche a fregarne qualcuno crudo da mangiare sotto il tavolo) e i lavori ai ferri, ma mai mi aspetterei da lei un gesto d'affetto esplicito... “Bhè che so mo ste stupidaggini? Vai a giocà, corri...”. Spalanco così forte la porta a vetro di casa che le grate di ferro sbattono sul muro, la sento urlare qualcosa ma sono già lontana, con i piedi sui pedali della mia graziella fucsia...

“Oh le vuoi ste patatine o no?” mi fa Mr Potato mentre si passa la manica del grembiule bianco sopra la fronte. Le afferro al volo, forse anche troppo al volo, ne vedo cadere a terra una decina e, nel tentativo di riprenderle, rovescio tutto sul pavimento. Rimango ferma ad osservare quello che qualcuno (non di certo io) ha combinato, mi sfilo il grembiule dalla testa, non sento più il vociferare della sala, nessun odore di fritto mi arriva alle narici... ci sono solo io, la mia bici, l'aria rovente di agosto in faccia, la campagna verde e marrone che mi scorre sui fianchi... la mia felicità.


Questi due racconti nascono entrambi ispirati dalla foto che c'è in apertura; uno e mio e l'altro di Maraptica; tutto nasce da un suo post, dopo averlo postato le ho mandato, tanto per prenderla un po' in giro, quella foto ed alla fine abbiamo deciso di cercare di scrivere, entrambi, un racconto ispirato a quella per vedere che cosa ne sarebbe venuto fuori, ed eccoci qui.