Il tempo sulle scale è tempo dedicato ai pensieri, fai mente locale sulle cose mentre, infilando la mano in tasca, cerchi con la punta delle dita le chiavi di casa; nello spazio del corridoio ti sei quasi dato tutte le risposte e infilando la chiave nella serratura, prendendo inconsapevolmente la mira, già non te ne frega più un cazzo. Appoggi la borsa e ti togli le scarpe, riprendi confidenza con il pavimento, lo gratti un po' con le dita dei piedi, quasi fosse un gatto; molli le chiavi nel posacenere e ti slacci la cravatta, senti il respiro che un po' si allunga e lanci la giacca sulla poltrona. Apri il frigo e cacci fuori una birra mentre, con l'altra mano, hai ritrovato un apribottiglie vintage dentro un cassetto. Con gesto quasi meccanico apri la birra godendoti il fresco della bottiglia ed il piacevole sibilo dell'aria, intrappolata nel collo, che si libera nello stappo. Apri la finestra sulla sera e t'affacci, piedi nudi e birra in mano; mentre dai un senso alla birra che hai stappato, cerchi di ricordare le risposte che t'erano venute e le domande a cui corrispondono, non fai a tempo a farle combaciare che la birra è finita, regalandoti un sospiro di goduria colto ad occhi chiusi e collo esteso e ti dici che, alla fine, se le risposte sono giuste, che arrivino quando servono.
31 luglio 2013
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24 luglio 2013
Tanto per dire
A: Quando fai così giuro che non ti sopporto, va all'inferno!!!
B: Io non andrò mai all'inferno, sono sicuro che Dio mi metterà tra gli angeli.
A: Certo, perchè Dio, nella sua immensa grandezza essendo gli angeli, senza sesso, ti metterà dove non potrai rompere il cazzo a nessuno!
20 luglio 2013
19 luglio 2013
Quella cosa che chiami vita
L'erba del lungofiume è verde delle piogge invernali appena finite, brilla nel primo sole, caldo, di aprile ed urla alla primavera di essere pronta; l'acqua scorre veloce sui sassi lisci, grigi e marroni, ed accompagna le pinnate decise di alcuni pesci. Tutto intorno le montagne guardano, come a controllare, lo svolgimento solito delle cose; la ragazza dai capelli sottili cammina svelta con le mani in tasca, fingendo un broncio, mascherando un sorriso; ha falcate sicure di chi conosce la strada ed evita l'erba più alta senza schiacciarla. Il ragazzo si affretta incerto, meno sicuro di dove saranno i suoi piedi al passo successivo ma, grazie a leve più lunghe, con qualche passo veloce ha colmato il distacco. Finge un fiatone più grosso di quello che ha e la ferma cingendole le spalle, lei cerca di trattenere il broncio finto che il sorriso sta spingendo via con forza, lui riesce solo a dire “Hey...”, piano, quasi accompagnando un sospiro; stringe un po' di più le braccia e l'avvicina a sé, affonda la faccia nei capelli sottili e le bacia, lieve, il retro del collo. Un uomo in tenuta da jogging li incrocia e sorpassa sorridendo a quella vista, i suoi passi sono l'unico rumore che supera il fruscio del vento; in alto due rondini si incrociano in volo e macchiano, per un attimo, il sole.
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13 luglio 2013
La fine di un mito?
“E siamo qui riuniti per condividere la gioia immensa di questo giorno con Andrea e Caterina...”. Ma come cazzo mi ci sono trovato in questa situazione?! Baol, tutta colpa sua, lo so, mortacci sua! “Vedo la commozione del testimone...”, commozione un cazzo! Quello sta'a'ride e si nasconde la faccia, e poi, 'sta Caterina ma chi cazzo la conosce?! "Ti devo fa' conoscere una", mi fa quo'o stronzo, "si chiama Caterina. Namo a bere". Ma che minchia amo bevuto?! Cherosene?? Questa Caterina ridefinisce i limiti del concetto di roito, c'ha più barba di me e la barba le sta pure bene, sfina il volto, anche perché per affinare il resto ci vuole una fresa industriale. C'ha begli occhi però, vabbè, uno, quello di vetro, sarà vetro buono, tipo Murano. Guardo Baol implorante, e quello ride!!! Lo possino... Ma tanto mo' quando mi chiede se la voglio prendere come mia sposa dico di no, chemmèfrega a me! Famme vedè chi altro sta in chiesa...TUTTE! Tutte le ha invitate, tutte quelle con cui so' stato, almeno tutte quelle del mio quartiere, tutte tutte non ci stavano; mezza navata della cattedrale so' ex! E rideeee, mo mo'o'magno. Che fa? Mi indica di guardare dall'altro lato, tra i parenti della sposa. E chi so' quei tre colossi?! Saranno padre e fratelli de 'sta Caterina, mi guardano, me fanno cenni strani con le mani, tipo parentesi ma più minacciose, sembra che mi abbiano letto in faccia il mio intento, mi sa che se dico di no qua mi fanno la pelle. “Ma è un giorno felice, perché tutte queste lacrime?” Eh, già, perché?! “Andrea, le tue amiche piangono tutte, sono così sensibili?”, "Sò disperate" je dovrei dì; e Baol ride, anfame!! Ma quando gliel'ho chiesto, a questa, de sposamme?? Io manco la so formulare la frase “mi vuoi sposare?”, mi esce sempre, “scopiamo”, senza nemmeno il punto interrogativo. Ma poi, tutte le pratiche per il matrimonio chi cazzo le ha fatte? Baol! Sempre lui, quello c'ha lo zio da'a'moje che è prete; guardalo come ride! “Prima di procedere con la formula di rito, ci sono gli anelli?”, bene, manco so dove si comprano, le fedi, mi basta l'anello al pollice, quello d'argento; l'anello, non il pollice. “Certo, li ho io”, chi cazzo ha parlato?! Baol! Ma grandissimo fijo de na' mignotta! Mi sa che questo l'ho detto ad alta voce perché mi stanno guardando, il prete è pure sbiancato che secondo me gli viene un infarto. Magari. Sorrido, ridono, me viè da piagne. Baol ride. Guardo ancora i parenti di Caterina, magari non sono poi così grossi; se n'è aggiunto n'artro, pare n'armadio a quattro ante, solo il collo è grosso quanto la mia coscia destra; mi guarda e mi sorride, c'ha un dente sì ed uno no e quello sì è d'oro; c'ha la faccia di uno che chiama per nome tutti i secondini di Rebibbia. Riguardo Caterina, magari non è poi così male, ha pure i baffi curati. Magari ha un buon carattere. Ma che ha fatto? Ja mostrato il dito medio a quelle del mio lato? 'Na signora. E Baol ride, se sopravvivo lo smonto. “Vuoi tu, Caterina, prendere il qui presente Andrea il Banale come tuo legittimo sposo?”, “Avoja!”, confermo: una signora. Sudo freddo, sudo pure l'acqua con cui m'hanno battezzato, la poca che non è evaporata al contatto. E Baol ride e mi fa cenno di guardare il prete, “Vuoi tu, Andrea il Banale, prendere la qui presente Caterina come tua legittima sposa?”, guardo Caterina che mi sorride, ha lo stesso dentista dell'armadio, mi sa; guardo i suoi parenti che stritolano le panche in legno, l'armadio stritola direttamente la balaustra di marmo; guardo il prete che aspetta la risposta; guardo Baol, che ride, e urlo “NOOOOOOOOOOOOOO!”. Mi sveglio nel mio letto, madido di sudore, due barche di sushi e sei birre mi sa che so' tante, o forse è stato il kekab prima di andare a dormire. Squilla il cellulare, è Baol: “Banà, ti devo fa' conoscere una, si chiama Caterina”, “Mavattelapijànderculo!” e chiudo.
Confido nel senso dell'umorismo di Andrea il Banale
10 luglio 2013
Intermezzo
Perchè il vuoto c'è, il vuoto arriva, il vuoto accade; come un'improvvisa variazione di pressione. E' la mancanza di sostegno, l'appiglio consueto che si spezza. Il vuoto avviene, si appalesa, e lo senti mentre cadi e sembra non fermarsi mai, non finire mai. Ma lo senti anche quando ti rialzi, quando lotti e quando imprechi e lo senti che ti spinge e risali, sia una mano, sia una vita, sia un sorriso.
08 luglio 2013
Tornato
E' che ce ne sarebbero di parole, tante, su ogni volta che torno a Milano, che ogni volta è uguale, che ogni volta è diversa. Ho rispettato quello che avevo scritto, viverla libero da certi pesi che comunque ci sono, sono dentro, non se ne andranno mai ma se li metti nel loro compartimento stagno, dopo che sono tracimati per un sacco di tempo, beh, forse riesci ad essere quello che dovresti essere, te stesso. Sono tornato, come ogni volta, più ricco; no, non di soldi (magari) ma più ricco di vita, di immagini, di rabbia buona, di fame. Sono tornato ed ogni tanto penso e sorrido e per questa cosa ringrazio, ma tanto. Scriverò ancora, ne ho voglia, ne ho rabbia, scriverò ancora. Sono tornato.
02 luglio 2013
Milano
Sono a Milano, appena arrivato. Come ogni volta ho fatto mio, da subito, ogni passo, ogni respiro. Non importa sia di polvere e caldo, ogni respiro è un ricordo, ogni strada un'immagine. Si dice che un posto, per capirlo, va vissuto; io questa città l'ho vissuta, un tempo breve e eterno ed ogni volta che torno mi riconosce e mi dà qualcosa. Sempre uguale, sempre diversa; felicità, tristezza, euforia, rabbia. Da sole e tutte insieme. Per un periodo l'ho guardata appannata, dietro una cataratta di tristezza e rabbia, cercavo risposte dentro le cose, cercavo persone dentro le facce, senza nemmeno sapere cosa avrei fatto una volta trovate le risposte. Senza nemmeno sapere cosa avrei detto se avessi incontrato le persone. Quando ogni angolo ti racconta qualcosa è difficile tirare un respiro; che sia una fermata della metro, o un tram o, addirittura, una fredda panchina di cemento. Poi, l'ultima volta che sono stato qui, una rivelazione, come il click di una telefonata che si chiude e cadono, con la comunicazione, anche gli orpelli e cade, addosso a te, la tua stanchezza e ti ripiomba addosso anche la tua logica ma, soprattutto, il tuo orgoglio e allora quella cataratta, quella patina, cade anche lei e vedi tutto. Tutto il bello che tale rimarrà ma anche tutte le stronzate che le persone hanno il coraggio di dirti, le stronzate che hanno il coraggio di bersi. Sono di nuovo a Milano e torno a rivedere i ricordi, nitidi, belli; torno a ripensare alle penombre e alle strade, al caldo di luglio e al freddo di febbraio. Sono di nuovo a Milano ma, soprattutto, ho di nuovo fame.
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