A guardarsi in giro, a stare attenti, a prestar occhio ai particolari, si vede che la povertà è incrementata; si vede gente che si costringe a disabituarsi ad un'abitudine, anche un semplice caffè in meno, un passare veloce davanti ai ripiani del supermercato per evitare di cadere in una tentazione che non ci si può permettere, non oggi, magari domani, forse. Allora a me viene da pensare ad una signora anziana che chiedeva l'elemosina fuori dal supermercato vicino casa, quando ero via di qui, al nord. Me la ricordo perché era lì, quasi tutti i giorni, dimessa, vestita in abiti scuri magari reduci di un lutto passato e ormai dipinti addosso. Lo sguardo spento dalla vita, perché la vita sa essere un bel po' stronza con i suoi figli, democratica, senza fare distinzioni. Me la sono immaginata la vita precedente di quella donna, magari casalinga, marito con lavoro dignitoso, uno stipendio, una casa di proprietà, nulla di che, non una reggia, ma magari due stanze con bagno e cucina, per viverci la vita. Ecco, la stessa vita che poi ti dà uno schiaffo, una malattia, un licenziamento, una fuga, non so, non è dato saperlo; solo che lo schiaffo e forte, di quelli che ti destabilizzano e ti fanno cadere, certo ti rialzi ma non sei mica più lo stesso, qualcosa è cambiato da lì in poi, ed allora sembra un susseguirsi di sfortune, magari si rompe la lavatrice ed aggiustarla costa, magari le bollette cominciano a sembrare più pesanti e ti neghi un ora al giorno di calore, in inverno. Quello che si aveva fa presto ad andare via ed allora ti dici che, in fondo, il vecchio portacandele d'argento non ti serve e puoi darlo via, e quel quadro? Magari al marito piaceva tanto, a lei un po' meno e comunque un po' di grana la si tira su e via via comincia a rimanerti poco ed allora apri un cassetto e trovi quegli orecchini di brillanti che non metti da tanto tempo, ricordo di un'altra vita, di un'altra età; sono così belli, sono preziosi, ci potresti tirar su un bel po' di soldi però gli oggetti sono anche affetto a volte, si caricano di un senso, di un potere, che non si può facilmente spiegare e allora no, troverai un altro modo per arrivare a domani ma quella cosa così preziosa, più per il cuore che per le tasche, beh, quella cosa deve rimanere con te e allora li indossi, anche se magari è un rischio, anche se sembra una follia ma no, al cambio oro non li porterai mai. Poi penso a tutto il mondo intorno, a quelli che passano e guardano e vedono tanta mestizia, tanta mortificata richiesta di qualche spicciolo per mangiare e poi giudicano quel brillare quasi strafottente senza nemmeno farsi passare un solo attimo, nella testa, di quanto quel brillare potrebbe essere l'unica cosa che la collega ancora all'essere una persona.
06 novembre 2017
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
9 commenti:
Di scene come quelle che descrivi tu, qui a Roma, ce ne sono tante...
eppure non so.... io non do quasi niente di scontato nella vita. ma i "nostri" figli (e ci metto la mia) stanno meglio di come stavamo noi negli anni 80 e 90, che pure erano anni di espansione. e non parlo solo degli smartphone in mano a loro, ma di tante e tante cose. gli anziani....ma non diciamo sempre che è la forte spesa previdenziale che mette in ginocchio il paese? che i nonni mantengono figli e nipoti? boh, guarda, io dico che la povertà è morire di fame. e in Italia nessuno muore di fame
Non deve esser facile la vita per chi ha questa sensibilità negli occhi.....
Che amaro in bocca. Che desolazione. Chi ha troppo, magari neanche onestamente e chi... Che tristezza.
Grazie Baol
siamo fragili e continuiamo a non capirlo e a non occuparci di questi problemi se non quando interessano da vicino
a presto
Caro Baol,
io sarei arrivato a questa conclusione: la vita non è fatta a scale, ma è fatta a strati. Come potrebbe essere fatta una zuppa inglese: uno strato di crema, un'altro di cioccolata, un'altro ancora di ciambella. E noi, come formichine minuscole, felicemente li attravversiamo.
Ma potrebbe essere a strati, come lo è il terreno: uno stato di merda di cavallo, un'altro di durissima arenaria, un'altro ancora di argilla. E noi, come formichine minuscole, mestamente li attravversiamo.
La difficoltà vera non è passare dalla ciambella all'argilla; e nemmeno transitare dalla cioccolata alla merda: la reale difficoltà sta nel masticare l'arenaria, ogni giorno, cocciutamente, nella speranza che prima o poi ceda e finalmente ci lasci gustare la crema.
Ma più l'età avanza e meno voglia hai di sgranocchiare pietre; ed inoltre anche la crema si indurisce ed il diabete avanza.
Un abbraccio, caro mio.
Non deve essere facile neanche fare il commercialista...
@ tutti: Grazie, scusate se non vi ho risposto...
Posta un commento