Sono sicuro che molti di voi diranno "finalmente!", ci ho messo quattro mesi a processare tutte le foto che ho scattato nel viaggio negli Stati Uniti, milleeduecento foto da cui ho tirato fuori anche più di cinquanta panoramiche; quattro mesi ma, alla fine, le ho finite, sono pronte, poi mi sono detto che forse mettere tante foto avrebbe fatto tanto "diapositive delle vacanze", quelle cose per cui gli amici ti tolgono l'amicizia, fingono di non conoscerti, cominciano a parlare in sanscrito ed allora ho deciso di metterne solo una, di foto ma che in realtà il viaggio lo rappresenta in pieno, totalmente. Ma prima parliamone, no? Era la fine di luglio e dopo tre voli e ventiquattro ore nel corpo ma non sull'orologio ecco Los Angeles, tappa di partenza, non vista, solo lievemente annusata. Il giorno successivo si cerca il bus che, nei sei giorni successivi ci farà attraversare l'Ovest americano, su asfalto; si trova il bus e una compagnia che si rivelerà ottima e si parte, 620 km di tappa di trasferimento, in mezzo a due deserti, fino ad arrivare in un posto chiamato Scottdale, in Arizona, dentro un caldo secco da circa 50° alle sette di sera, praticamente un phon perennemente acceso sulla faccia. Il giorno dopo è ancora roccia e cactus dalle braccia ampie fino ad arrivare al Gran Canyon, una lunga frattura scavata da acqua e vento, una rappresentazione della pazienza della natura. Mentre eravamo lì ci hanno raggiunto pioggia e vento fino a portarci, a cena, sulla Route 66, con 12 gradi. Vi tralascio le mie colazioni americane, buone per alimentare uno staterello centr'africano e continuiamo fino ad arrivare in mezzo alla magnificenza, alla vastità, alla Monument Valley; potrei dire che è solo roccia rossa e polvere ma non sarei onesto, vi mentirei, ci ho lasciato un bel po' di occhi lì e descriverlo non renderebbe che un centesimo di quello che è. Come non rende parlare di Lake Powell, luogo di villeggiatura per americani, lago creato da una diga dentro un canyon enorme, vicino al paese con il maggior numero di chiese di religioni diverse che io abbia mai visto: cercano Dio come minatori belgi e forse lo hanno sotto gli occhi e non lo sanno. Dall'immensità alla ristrettezza, siamo passati attraverso un lungo cammino sottoterra in cui il vento ha disegnato dei Mirò naturali e ne siamo usciti, immersi nel caldo. Forse ci saremo mossi in un modo particolare, in circolo o ballando; o sarà stato perché eravamo in terra indiana ma fatto sta che abbiamo chiamato la pioggia che ci ha accompagnato per un bel tratto tra le montagne, tra paesini con lo stadio del rodeo, con il canestro da basket sul garage, con le sedie a straio sul patio. Ma l'America è grande, talmente grande da riproporci un deserto, quello del Nevada e al centro di quel deserto il più grande luna park per adulti mai visto: Las Vegas, la città degli eccessi e delle luce, la città del kitch per eccellenza. Ho giocato al tavolo del blackjack, ho vinto, al tavolo del blackjack, mi sono divertito, al tavolo del blackjack e poi, il giorno dopo, siamo andati via, abbiamo preso un aereo pieno di statunitensi e siamo arrivati a San Francisco. Meriterebbe un capitolo a parte, San Francisco, e forse lo avrà, chissà; una città bellissima, metropoli che sa di esserlo ma non te lo fa pesare; sarà che mi sono sentito a casa incontrando due blogger, due amiche, Simona e Silvia, che ci hanno spiegato in due modi diversi San Francisco facendola capire molto meglio; facendola amare un po' di più, se già quello che avevamo visto non fosse bastato. Pesante è stato ripartire per tornare in Italia, dove abbiamo trovato, ad attenderci, uno sciopero. Ora, direte voi, "E la foto???", un attimo, un attimo, adesso arriva; dicevo che ho deciso di sceglierne una, una che rappresentasse il viaggio, ed ho scelto questo:
Adesso, però, andiamo a chiudere, il 2014 si sta per concludere, negli anni scorsi l'ho chiuso felice, l'ho chiuso triste, l'ho chiuso incazzato; ho augurato cose buone, cose brutte, cose pessime e cose meravigliose, parti di me lo fanno ancora adesso, augurano, stramaledico, amano e odiano ma l'anno lo voglio chiudere e basta, senza buoni o cattivi propositi, senza saluti speciali ma solo con la convinzione precisa che il tempo è tempo, magari a volte sembra, a posteriori, essere passato in un attimo ma non è così, è fatto di ogni fottuto secondo e questo sarà sempre. Chiudo il 2014 con questo post anche perché questo è il mio post numero settecento, il seicentesimo era stato un bellissimo regalo che mi hanno fatto e in cento post, incredibilmente, sono cambiate un sacco di cose e un sacco di altre, per quanto mi riguarda, sono rimaste uguali. Non lo so cosa ci sarà su questo blog nel 2015, l'ho scritto prima, niente buoni o cattivi propositi; so che sarò sempre quello che sono, nel bene e nel male, e questo è assolutamente il mio pregio migliore.
Tanti auguri a tutti, vi voglio bene (chi più chi meno ma mi permetterete classifiche personali).
28 dicembre 2014
19 dicembre 2014
Esercizio n. 6
Parole
Volto
sguardo sorriso
calore vampa brivido
contatto stretta abbraccio
respiro apnea buio odore mani pelle
attimo
eternità
distacco
trauma
lacrime rabbia
banchina vagone fischio finestrino
sguardo
volto
addio
Volto
sguardo sorriso
calore vampa brivido
contatto stretta abbraccio
respiro apnea buio odore mani pelle
attimo
eternità
distacco
trauma
lacrime rabbia
banchina vagone fischio finestrino
sguardo
volto
addio
no
04 dicembre 2014
Cinque anni che sto qui
Dovrei scrivere come faccio di solito ma, in realtà, la cosa più triste è che posso tranquillamente riproporre quello che ho scritto un anno fa; non è cambiato nulla, tranne che sono un anno più stanco.
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