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29 gennaio 2015

Takki alti

La leggenda vuole che, per fare i capelli a Mr Takki, arrivi appositamente un barbiere che per tutto il resto del tempo vive rinchiuso in un manicomio criminale di Manaus, al centro della foresta amazzonica. Altre versioni della stessa leggenda, invece, dicono che il barbiere sia stato rinchiuso lì dopo aver visto i capelli di Mr Takki. Fatto sta che una volta al mese Takki si chiude in una stanza da cui provengono, per due ore, urla disumane e dopo esca con i suoi capelli in perfetto stato brado; dopo di lui, solitamente, pare esca una certa Wanda, una stangona di due metri con un vezzoso neo sul pomo d’Adamo. Il suo vero nome, all’anagrafe, è Carlo ma viene chiamato Mr Takki per la sua insana passione per la carne di tacchino. Va detto, per dovere di cronaca, che alcune malelingue affermano che il nome è dato dalle scarpe che solitamente indossa, la sera, sui controviali. Bambino timido ma precoce, quando, a sei anni, seppe che avrebbe cominciato la scuola elementare disse solo “C’è figa?”, i suoi furono molto divertiti da questa affermazione, lo furono meno quando, il secondo giorno di scuola, furono mandati a chiamare dal Dirigente scolastico perché il figlio aveva guardato sotto la gonna della maestra. Alla domanda “Perché lo hai fatto?!” il bimbo rispose “Per interesse antropologico”; dopo aver controllato sul dizionario la parola ‘antropologico’ il padre si soffermò, con il piccolo, sull’eziologia di questo suo interesse; il piccolo ascoltò con molta cura le parole del padre, soppesò le affermazioni e si convinse di essere andato troppo avanti con il metodo sperimentale, questo tra una cinghiata e l’altra. Va da sé che tale interesse antropologico comunque non poteva essere estirpato dalla mente del piccolo; tanta era la sua voglia di sapere che, ogni volta che poteva, prendeva in pugno la situazione e studiava dei trattati che i compagni di scuola più grandi gli passavano a prezzo di favore, come dimostra la tesina “L’importanza de ‘Le ore mese’ nello sviluppo muscolare del fanciullo”. Questo studio “matto e disperatissimo” (Cit.) non poteva che avere conseguenze sul fisico in crescita del piccolo Carlo; due fra tutte, un braccio destro da giavellottista olimpico ed un evidente calo della vista. Il problema alla vista diventa serio quando, all’età di tredici anni passa mezzora a parlare con l’attaccapanni credendo fosse sua zia Pinuccia; portato ad una visita oculistica il medico cerca insistentemente di fargli leggere la seconda riga del pannello sulla parete, quando ormai sta per dire ai genitori di prendergli un cane con la pettorina con la croce si accorge che Carlo non sta guardando il pannello ma la scollatura della sua assistente, debitamente allontanata la quale gli viene diagnosticata una forte miopia che lo obbligherà a portare gli occhiali, gli stessi occhiali che diventeranno il suo segno distintivo, insieme al tatuaggio “Ramon sfondami” sulla chiappa sinistra, ricordo di un viaggio in Sudamerica di cui non ama parlare. Dopo una carriera scolastica abbastanza positiva ed un corso da video maker da migliore della sua classe, due eventi accadono, a poca distanza l’uno dall’altro, che cambiano per sempre la sua vita: la scoperta dell’esistenza di Vine e l’incontro con il Bomma. Pare si incontrino per la prima volta ad un gruppo di autocoscienza per dipendenti da internet, i “pipparoli anonimi”; in realtà questa versione dei fatti è stata messa in giro dai loro familiari per coprire l’amara verità: i due si sono incontrati per la prima volta tra il pubblico di un concerto di Paolo Belli in cui uno indossava una t-shirt con la scritta “Ruba la mia bicicletta, sarò il tuo sellino” e l’altro aveva un cartoncino con su “Baccini non ti merita”. Si conoscono nell’attesa del loro idolo mentre comprano due birre da 66cl che bevono in un sorso solo e, ruttando in contemporanea, lacerano il timpano del bibitaro; e lì, suggellata da una risata e dalle legnate del neosordo, nasce una solida amicizia.

In questi giorni avevo bisogno di ridere ed allora, ecco a voi un altro di quei personaggi incredibili che ho incontrato su Twitter.

09 ottobre 2014

Eunuchicità

Leggenda vuole che quando, all’età di dodici anni, il Bomma venne a sapere che in Medio Oriente gli eunuchi erano addetti al controllo delle donne negli harem decise su due piedi che quello sarebbe stato il suo lavoro, da grande. Si chiamava Bomma perché, quando dovevano decidere il nome, il padre, patito della vela, voleva chiamarlo Timone, per celebrare questa sua grande passione mentre la madre, invece, voleva chiamarlo Pampero. Alla fine la donna convenne che quella del marito fosse una passione più celebrabile e gli chiese soltanto di scegliere un nome meno fraintendibile ed egli scelse “Boma”, solo che l’impiegato dell’anagrafe era di origine sarda e finì per registrarlo come Bomma. Avuta l’epifania sul suo futuro, il Bomma, pieno di eccitazione corse a dirlo a suo padre. Alcuni agiografi raccontano che andò direttamente dal padre, altri che, prima, fece tappa in bagno. Alla notizia “Da grande voglio essere un eunuco” il padre rimase molto colpito, come rivela il referto del cardiologo del pronto soccorso. Mentre lo portavano via in barella il padre del Bomma cercava di spiegargli cosa sognava per lui, con frasi spezzate diceva: “Tu devi navigare, tu devi gridare ordini, TU DEVI DIRE ‘CAZZATE’!!”, “Va bene papà” disse il Bomma. Il comportamento successivo del ragazzo fa chiaramente capire come, in quel caso, egli fraintese ampiamente il padre. Ormai però il sogno di diventare eunuco era radicato dentro di lui, già si immaginava prendersi cura delle trenta vergini dell’emiro. confessò il suo sogno alla madre che, domma pragmatica ma molto diplomatica, cercò di far capire al figlio cosa implicasse tale scelta; gli disse: “Per farlo bisogna andare a Casablanca. Devi darci un taglio!”. Vuoi per la discrezione di quella santa donna che, non volendo scioccare il figlio, usò circonvoluzioni, vuoi per la caratteristica del Bomma di fraintendere, fatto sta che il bambino si immaginò che a Casablanca ci fosse una scuola di formazione per eunuchi e che, dato il costo elevato, doveva smettere di chiedere. Fu così che decise che, appena possibile, si sarebbe trovato un lavoro per guadagnare i soldi per la scuola di formazione. Raggiunti i sedici anni, col suo sogno ben piantato nel cervello, il Bomma trovò lavoro nel settore dei pezzi di ricambio: procurava 127 per Antonio Gagliardi, detto Tonino lo scanna pecore, meccanico di contrabbando. Lavorò alacremente e quando portò a Tonino una 128 nuova fiammante fu promosso a responsabile spedizioni all’estero. Anche in quel caso corse dal padre a raccontare la lieta novella ma lo trovò che bestemmiava in aramaico perché gli avevano fregato la 128 appena presa dal concessionario, ed allora evitò di infastidirlo. Quando compì diciotto anni il padre lo chiamò nel suo studio e gli disse: “Ormai sei un uomo, pensavo di regalarti una 127 usata”, “Grazie papà, me ne occupo io.”; un po’ perplesso dalla risposta continuò il discorso che si era preparato: “Mi sembra sia anche il momento di parlare di api e fiori”, “Papà, lo sai che sono negato per il giardinaggio, ho fatto morire i fiori in salotto ed erano di plastica.”, “No, figliolo, intendo parlarti di sesso.”, “Aaaah, ma mi ha già spiegato la mamma.”, “La mamma?”, “Sì, mi ha raccontato una roba di spinotti delle cuffie e di sterei in cui si mettono”, “E che altro ti ha detto?”, “Che secondo lei farò ancora un sacco di karaoke”. Sceso il silenzio glaciale nella stanza fu il Bomma a romperlo: “E poi papà, io sono negato con le donne.” e lì il padre sorrise e disse: “Conquistare le donne è facile, basta farle ridere” ed anche lì pare che il Bomma non capì bene bene perché la sera stessa andò dalle nigeriane sul lungo Po con un libro di Gino Bramieri. Quello però fu solo un intoppo nella carriera di casanova del Bomma anche perché le cronache lo descrivono come “l’uomo capace di ingravidare una donna con lo sguardo”; certo, ci sono delle malelingue che aggiungono “perché non può farlo con nient’altro” ma sono soltanto malelingue, anche perché tanto era il successo del Bomma con le donne che l’università fece uno studio intervistando quelle che avevano avuto a che fare con lui; studio da cui appare chiaro come il Bomma fosse un amante instancabile ma anche una persona dal cuore puro. Pubblichiamo, di seguito, un piccolo stralcio di tali interviste:

D. Il Bomma è una persona di cuore?
R. Ce l’ha come un bambino di cinque anni.
D. Com’è, a letto, il Bomma?
R. Ce l’ha duro come la pietra.

Certo, gli ultimi studi hanno ipotizzato che, a causa di disguidi in fase di catalogazione, le risposte qui sopra vadano invertite. La carriera di casanova del Bomma finì il giorno che incontrò quella che sarebbe poi diventata sua moglie; era, come suo solito, in discoteca e quando lei lo vide ballare non potè fare a meno di correre da lui: era infermiera e pensava che stesse avendo un attacco epilettico. Chiarito il disguido fu amore a prima vista, lei era miope. Il Bomma però non aveva mai rinunciato al suo sogno e un giorno, mentre erano a letto abbracciati, lui le disse: “Amore, da quando ho dodici anni il mio unico sogno è fare l’eunuco.”, lei lo guardò spalancando gli occhi e disse: “Ma guarda che per diventare eunuco devono toglierti l’uccello”, lui mise le mani sula bocca, terrorizzato “No! Ci tengo troppo a Twitter”, sottolineando ancora una volta la sua perspicacia.

Ribadisco che, a volte, ci sono personaggi su Twitter che mi scatenano la fantasia.

23 settembre 2014

Mitologia norrena

La leggenda narra che Thor e Loki avessero un cugino, era egli il figlio di seconde nozze del fratello più piccolo di Odino, quello che aveva lasciato l’attività di famiglia di divinità per aprire una birreria con cucina ad Ásgard. Dopo essere stato abbandonato dalla prima moglie, una modella di calzari scappata con un rappresentante di scudi, si era risposato con una viticoltrice di Campobasso da cui era nato un figlio il cui nome era Diode Glizilla preso, pare, da un fratello prete della mamma; anche se alcune malelingue dicono che il nome vero fosse Diodeglizilla poiché fu la prima parola detta dal padre quando lo vide. Nonostante Odino ed il fratello non si frequentassero i tre cugini erano molto amici e Diode, a parte il vizio di farsi fare degli autoritratti improbabili, era un bravo ragazzo. Pur non essendo un dio come i cugini era comunque un semidio, anche lui dotato di poteri: se Thor aveva il suo martello ed il potere del fulmine e Loki il suo bastone ed il potere dell’inganno, lui aveva il suo cavatappi ed il potere del hangover senza mal di testa. Certo, potrebbe sembrare un potere da poco ma provateci voi ad andare in ufficio dopo una nottata con due mojito, tre moscow mule e mezza boccia di vodka liscia; Diode ci riusciva sempre, certo, la mattina dopo doveva anche capire chi fosse con lui nel letto, tipo una volta che si trovò un certo Enrico, anche se Diode non raccontava mai questa storia volentieri; comunque lui riusciva ad andare in ufficio senza mal di testa, magari gli faceva male altro ma per quello usava antidolorifici. I cugini uscivano spesso insieme e frequentavano “La Valkiria”, la discoteca più famosa di Ásgard, dove cercavano di rimorchiare le ragazze del posto. Thor era famoso per la sua bellezza e non aveva problemi e comunque, essendo figlio di Odino, non ne avrebbe avuti nemmeno se fosse stato un Picasso periodo cubista; dal canto suo Loki, con la storia del potere del bastone aveva molto successo con le milf di Ásgard. Diode però non era da meno perché con il suo apribottiglie riusciva a procurare free drink a iosa. Il giorno in cui Odino chiamò Thor per assegnargli il compito di scendere tra gli umani Diode era insieme a lui, si stavano fumando il muschio della parete nord del castello di Bilskimir. Appreso del suo compito Thor chiese al padre “Non c’è niente per Diode?” e Odino, nella sua immensa saggezza pensò ‘E mo a questo che cazzo gli faccio fare?’ e allora chiamò Diode e gli disse “Tu scenderai sulla Terra e spiegherai a gli umani i pericoli dell’abuso di alcolici”. Dopo essere stati venti minuti a ridere fino alle lacrime Odino, Thor e Diode si ricomposero e quest’ultimo chiese al potente zio “Come porterò a termine questo mio compito?”, “Con il tuo apribottiglie ed il suo potere”, “Non è che si potrebbe avere il potere del bastone?”, “Ancora con questa storia?!” disse magnanimo Odino e aggiunse “Ora scegli un luogo ed un tempo in cui manifestarti” e Diode, che aveva capito tutto, rispose “A Milano, durante il Salone del Mobile”. Prima che partisse Thor gli chiese “Dovrai usare un altro nome, laggiù, per confonderti con gli uomini, anche perché Diode è davvero un nome del cazzo, che nome userai?”, “Pig Floyd” e Odino guardò il cielo ed allargò le braccia in segno di buon augurio.

Il fatto è che su Twitter si incontrano personaggi incredibili e a me viene voglia di dedicar racconti.

25 giugno 2014

La misura del cazzo che me ne frega

Giusto poco fa, in un simposio su Twitter, si discuteva animatamente con altri esimi studiosi sulla misura che può assumere, in particolari situazioni, il cazzo che me ne frega. La discussione contrapponeva gli “statici”, che ipotizzano una misura costante del cazzo che me ne frega, uguale per tutti e molto ampia, e i “dinamici” che, invece, sono dell’idea che il cazzo che me ne frega sia variabile. Essendo io uno dei massimi esperti del cazzo che me ne frega vorrei, dunque, chiarire una volta per tutte la querelle: il cazzo che me ne frega, che alcuni, molti, chiamano anche “il cazzo che me ne fotte” e altri ancora, meno, “il cazzo che me ne sbatte”, per lo stesso riferimento all’organo in questione, è variabile. La sua elasticità o anelasticità varia in base a molte, scusate la ripetizione, variabili; anche la stessa identificazione della misura non ha avuto una classificazione metrica precisa, c’è chi parla di metri, chi di chili, chi di yarde, chi di pounds, metri quadri, metri cubi, eoni, parsec e via così; questo, però, non incide sul fatto che il cazzo che me ne frega subisca forti variazioni, anche basate su progressioni geometriche, sulla base di molteplici fattori. Uno dei fattori è lo stato del soggetto che chiameremo “passivo”, ovvero colui che quantifica il cazzo che me ne frega; se il soggetto passivo si trova in una condizione di empatia, dovuta al buon andamento della giornata, oppure, più probabile, all’assunzione di sostanze psicotrope, il cazzo che me ne frega è di dimensioni molto ridotte, a volte anche nulle, anche di fronte a notizie di importanza vitale quali “Hai visto il nuovo taglio di capelli di Rihanna?!”. Sono chiaramente, questi, stati di alterazione che capitano raramente, per fortuna, perché, di solito, la misura del cazzo che me ne frega del nuovo taglio di capelli di Rihanna è pari, spesso e volentieri, ad un campo di calcio compresa pista di atletica. Un altro dei fattori che incide sulla misura del cazzo che me ne frega è il soggetto che chiameremo “attivo”, ovvero quello che interagisce con il soggetto passivo e su cui quest’ultimo parametrizza il cazzo che me ne frega. Tale variabile è soggetta, chiaramente, al concetto quanto mai poco identificabile e valutabile dell’affezione; c’è un rapporto di semi proporzionalità indiretta tra affezione e cazzo che me ne frega: più è alta l’affezione nei confronti del soggetto attivo più è bassa la misura del cazzo che me ne frega, e viceversa. Per fare un esempio che può essere chiaro a tutti, se la persona che amate vi comunica che il suo punto di vista sulla questione mediorientale è di favore ad un sottogruppo di matrice cattomusulmana composto da tre membri che non si conoscono, voi chiedete addirittura i nomi dei tre; mentre se il collega dell’ufficio vicino che spara cazzate alla velocità di un Uzi vi chiede quale sia l’indirizzo mail del cliente su cui state lavorando così da mandargli il report del lavoro al posto vostro, firmato però da voi, voi rispondere: “sono le quattro meno un quarto”. Questo avviene perché nel primo caso la misura del cazzo che me ne frega è praticamente nulla, in inversa proporzionalità con l'affetto che provate (o con la misura del reggiseno del soggetto attivo); mentre nel secondo caso la misura del cazzo che me ne frega è pari alla distanza tra la Terra e la Luna passando prima da Plutone. I più attenti di voi avranno notato che, però, ho parlato di SEMI proporzionalità, per il semplice motivo che esiste quello che noi scienziati chiamiamo BBP, Breaking Ball Point, Punto di Rottura dei Coglioni che sfalsa la proporzionalità relativa alle alte affettività: se una persona verso cui provate alta affettività insiste su posizioni chiaramente sbagliate e controproducenti che continua incessantemente a professare come verità assolute autoconvincendosi, si raggiunge il BBP e la misura del cazzo che me ne frega raggiunge estensioni che vanno a comprendere anche la quarta dimensione. L’ultimo dei fattori che possono modificare sensibilmente la misura del cazzo che me ne frega, forse il più importante, è l’oggetto su cui si basa il cazzo che me ne frega, l’argomento specifico; va da sé che, su argomenti importanti, quali il mio stato di salute, lo stato di salute dei miei cari, cosa si mangia a pranzo e, soprattutto, l’ammontare delle birre in frigo, il cazzo che me ne frega rasenta lo zero e, a volte, è anche un numero negativo; mentre, nel caso di comunicazioni riguardanti personaggi mai cagati nemmeno di striscio, posizioni politiche basate sull'estremismo, esultanze sportive di dubbio gusto ed esposizioni personali non richieste, la misura del cazzo che me ne frega arriva a livelli di guardia. Come avete visto, dunque, la misura del cazzo che me ne frega non è affatto statica ma dinamica e variabile sulla base di “quando”, “chi” e “cosa” e raggiunge, spesso e volentieri, dimensioni ragguardevoli.

19 gennaio 2014

Baol per il sociale

Ho deciso di organizzare una giornata per la salvaguardia delle razze bovine.
Si chiamerà VACCA CARE.

24 luglio 2013

Tanto per dire

A: Quando fai così giuro che non ti sopporto, va all'inferno!!!
B: Io non andrò mai all'inferno, sono sicuro che Dio mi metterà tra gli angeli.
A: Certo, perchè Dio, nella sua immensa grandezza essendo gli angeli, senza sesso, ti metterà dove non potrai rompere il cazzo a nessuno!

20 giugno 2013

Ci sono giornate...

...in cui basta poco per sentirsi addosso più anni di quelli anagrafici, basta la sveglia, basta una faccia, basta un "appunto".

24 dicembre 2012

Gli auguri di quest'anno

Ho riso come uno scemo per tutto il video, fantastico! Chi ha detto che anche da serio sono scemo?! Eh?! CHI?? Hey, ma qualcuno senza braccio alzato non c'è? Mi conoscete tutti così bene?? Cazz, avrei dovuto lasciare un alone di mistero su di me ed invece...

Vi auguro un po' tutto quello che desiderate. Che poi, ci avete pensato? Se io auguro a due persone che si avveri quello che desiderano e poi le due cose sono in conflitto, come si fa? Io, per esempio, vi sto augurando tutto quello che desiderate ma, sicuramente, tra voi alcuni si augureranno il bene di altri, e metti che io, invece, a certe persone auguri una bella diarrea potentissima per le notti del 24, 25 e 26? No, perchè, pensateci, potrebbe anche essere, no? Cioè, voi magari siete affezionati a qualcuno che a me sfracella le palle; non sapete che, bene o male siamo tutti collegati? C'è chi dice che la teoria dei sei gradi di separazione ormai sia superata, grazie alla rete e ai social network i gradi sono meno e quindi potrebbe pure essere che l'entità testadicazzica lo sia per me e non per voi ed io vi auguro con il cuore che si avverino i vostri desideri e tra i vostri desideri, mettiamo, ci sta il bene dei sunnominati? Come la risolviamo? Vabbè, la risolviamo che, volendovi tanto bene, io vi auguro davvero, per questo Natale, tutto quello che desiderate, ma tutto tutto (a parte il mio male eh, che questo diventa un altro discorso lungo che, metti che, sì, mi leggete, ma vi sto sul cazzo pure io?(Oh, può succedere, no?(Oddìo, ancora la sindrome da parentesi))). Insomma, questo Natale siate felici, qualsiasi cosa vi scateni la felicità.

V'abbracci'attuttieh!!
Ah, sì, il video è opera di questo genio

10 dicembre 2012

La bocca brutta

E quando pensi di aver digerito, ti risale in bocca un brutto sapore, ti impasta le fauci, ti enfia le gote; ti fa soffiare sbuffi che appestano il naso, gorgogliare lo stomaco, risalire di acido. Ti chiedi quale delle cose che hai mangiato si sia fermata lì senza andare via davvero, aspettando il momento di tornare a galla, appesantirti la testa e distrarti il cervello; scorri il pranzo al contrario, dal caffè all'aperitivo, ti studi le portate ingrediente per ingrediente, tra uno sbuffo e l'altro. Proprio non ci credi che risalga quest'aria mischiata con non si sa cosa, una vecchia pietanza che credevi passata, ormai ricordo addirittura del fegato; eppure risale peggio di come è entrata, magari avariata già dalla partenza, lasciandoti la bocca brutta, cerchi una mentina, un digestivo, una limonata, qualcosa che sciacqui via il sapore, che fermi quella risalita.

19 maggio 2012

il fattore di Crop

Adagiato tra le colline del Kirkcudbrightshire, nella Scozia del sud, il piccolo villaggio di Crop vive principalmente di agricoltura e pastorizia; è noto, infatti, che il miglior haggis di Scozia si faccia con le pecore di Crop. Molto note sono anche le patate rosse che ivi si producono. Si può dire, dunque, che quasi la totalità degli abitanti di Crop siano contadini ed allevatori. Tra questi il fattore Angus McFlanagan è sicuramente quello più famoso; basta chiedere a chiunque, nel villaggio, dove si possano trovare le patate o le pecore migliori per sentirsi rispondere, non senza una punta di invidia, che il posto che cerchiamo è la fattoria di McFlanagan, a sud di Crop, quasi al confine con quei “dannati” inglesi. McFlanagan riesce ad ottenere patate e pecore grandi quasi il doppio di quelle degli altri produttori e da anni praticamente tutti gli abitanti di Crop e non solo, cercano di scoprire il suo segreto; c'è chi dice sia l'acqua del suo pozzo, chi la terra dei suoi campi e dei pascoli. C'è chi, addirittura, arriva a dire che abbia fatto un patto con una banshee e che, dunque, le sue siano patate e pecore ottenute con la magia. Quale sia il segreto per cui i prodotti di McFlanagan siano migliori di quelli degli altri non si sa e sicuramente lui non lo rivelerà mai; fatto sta che le sue patate e le sue pecore vincono sempre il primo premio in tutte le fiere agricole del sud della Scozia, tanto che in tutte le contee vicine se chiedete del “fattore di Crop” vi verrà fatto un solo nome: Angus McFlanagan.

in realtà il fattore di crop è questa cosa qui, volevo solo attirare sul mio blog qualche appassionato di fotografia.

06 settembre 2011

22 aprile 2011

Made in China 4

Niente da fare, la crisi non stenta ad allentare la presa e mentre in politica ci si interroga se modificare l'articolo 1 della Costituzione o abrogarla direttamente qui c'è chi non arriva alla fine del mese e deve ingegnarsi. Per fortuna ci sono sempre i miei amici cinesi pronti a pagarmi qualcosa per dei blog taroccati, dopo i primi, i secondi ed i terzi ne ho pronti altri, tutti per loro:

Il blog dell'allagatore: Sito vetrina di un esperto nel procurare lavoro agli idraulici

La cerchiatura del quadro: Blog di un corniciaio con la fissa per le cornici rotonde

Siiclemente: Raccolta di frasi per chiedere perdono

Finchè c'è Rita...: Diario di un marito che sta bene solo se c'è la moglie

Il rantolo della vaiassa: Le confessioni di una donna sguaiata e volgare raccolte prima che esalasse l'ultimo respiro

Il blog di chi?: Misterioso diario online di cui non si conosce l'autore


Ogni tanto mi viene la stupidera e mi piace divertirmi così, questo è per augurare a tutti voi una bellissima e felicissima Pasqua!!!

11 aprile 2011

Ma come le fanno le matite al giorno d'oggi?!

Stamattina sono andato a comprare una di quelle matite del Bologna, quelle rosse da un lato e blu dall'altro, avete presente? Quelle che usavano i professori per segnare gli errori dei compiti in classe e tu stavi lì a controllare quanti ce ne erano di blu e quanti di rossi e da lì calcolavi, attraverso una equazione conosciuta da tutti gli studenti, la gradazione di viola dei lividi delle mazzate che avresti preso per quegli errori. Quando sono uscito di casa ho visto il cielo terso, il sole splendente e la brezza primaverile e mi sono detto: Perchè entrare subito in ufficio? Quasi quasi mi vado a comprare una di quelle matite del Bologna, quelle rosse da un lato e blu dall'altro, quelle che usavano i professori una volta, quando i risultati dei compiti non te li davano su facebook. In realtà mi chiedo tutti i giorni perché entrare subito in ufficio, anche in quelle giornate in cui piove e fa freddo. Uso quelle matite sul lavoro, no, non segno in blu o in rosso gli errori sulle dichiarazioni dei redditi dei miei clienti, no, le uso quando mi preparo su un qualsiasi argomento, è un'abitudine che ho preso a Milano, è come se dicessi al mio cervello: concentrati moltissimo sulle cose in rosso e molto su quelle in blu e visto che mi piace prepararmi bene cerco di dire al mio cervello di stare il più attento possibile, gli prometto anche un po' di endorfine come zuccherino se si comporta bene. Il cielo era terso, il sole caldo e mi sono incamminato verso una cartoleria, avrei potuto recarmi alla cartoleria di un mio amico ma sarei finito nel mercato settimanale, sia chiaro, non c'è niente di male nel mercato settimanale ma c'è quel chioschetto di salumi e formaggi a metà percorso che emana un odore di pecorino di fossa che alle nove del mattino mi mette fame e poi non avevo voglia di fauna locale di primo mattino ed allora sono andato ad un'altra cartoleria. Visto che è anche la mia edicola di fiducia ho comprato l'ultimo numero di Topolino dato che avevo saltato l'uscita di mercoledì scorso; certo i giornali li vende anche il mio amico ma ci vado da anni lì, perchè cambiare? Insomma avevo pure da prendere il Topolino ed infatti mentre camminavo sotto il cielo terso nella brezza primaverile, mi chiedevo se mercoledì il Topolino lo avessi preso oppure no ed infatti non lo avevo preso. Il Topolino esce il mercoledì ed è una vita che fa parte delle mie letture, mica posso saltare un numero no? Insomma entro e, dopo aver preso l'ultimo Topolino che era proprio come pensavo e non lo avevo ancora preso, chiedo una di quelle matite del Bologna, quelle rosse da un lato e blu dall'altro, quelle che usavano i professori per correggere i compiti ed io utilizzo per studiarmi leggi, libri e circolari. Sulle prime sembra che di queste matite non ce ne siano più perchè hanno poco mercato ed ho pensato che ormai i ragazzi fanno tutti errori rossi e quindi le matite bicolori non servono più; poi però, in uno degli anfratti di un sottocassetto di qualche stipo l'edicolante ha trovato una scatole di queste matite del Bologna, quelle rosse da un lato e blu dall'altro, una scatola nuova nuova di dodici matite rosse e blu che sembravano i giocatori del Bologna con uno in più in campo. Che poi, ora che ci penso, ma si chiama edicolante? Cioè, di nome fa Umberto ma, visto che mi stava vendendo una matita, posso dire "l'edicolante" o devo dire "il cartolaio"? Però mi ha anche venduto il Topolino, e quindi? "Edicolaio"? "Cartolante"? Bel dubbio, la prossima volta pago a parte il Topolino. Insomma prendo Topolino e matita e pago tre euro e trenta che, visto che il Topolino costa due euro e trenta, mi viene una matita del Bologna che costa un euro. La matita era di quelle grosse, quelle che si temperano nel buco grosso dei temperamatite doppi, avete presente no? Quelli che sembrano la faccina perplessa che si mette nelle chat, quella fatta con la "O" maiuscola e la "o" minuscola e l'underscore nel mezzo; io la volevo proprio così perchè ho proprio quel temperamatite ma solo matite normali, in ufficio, e mi sembrava un po' uno spreco avere il temperamatite doppio ed usare un buco solo. Me ne torno in ufficio respirando il più possibile l'aria tersa e la brezza primaverile che, diamine, è un po' esagerata all'ombra, meglio andare per la strada al sole che mi riscaldo un po'; torno in ufficio e mi metto alla mia scrivania e prendo tutto contento il temperamatite doppio ed inizio a fare la punta al lato blu, non so perché ma ho cominciato dal lato blu, la matita non era stata pretemperata, aveva le due punte piatte, esagonali con la mina bene al centro. Ho temperato e temperato e quando stavo per fare una bella punta, la mina si spezza, e ricomincio e giù di nuovo la punta che avevo fatto con tanta fatica; intanto sulla scrivania avevo più riccioli del pavimento di un barbiere. Ho ottenuto una punta utilizzabile quando la parte blu è già più o meno la metà di quella che era prima e comincio con la rossa; forse la mina rossa la fanno più resistente perché la punta mi viene un po' più facilmente. Apro il libro alla pagina che mi interessa, "vediamo un po' questa scissione", mi dico. La prima parte della pagina è roba generale, roba da sottolineatura blu, appoggio la matita del Bologna dal lato blu, faccio una leggera pressione e si spezza la mina; a questo punto potrei dire che ho preso la cosa con filosofia ma credo che ci siano ancora l'eco delle mie bestemmie ai produttori di matite del Bologna che si aggira per i corridoi dell'ufficio. Riprendo il temperamatite a doppio buco e tempero per rifare la punta blu chè quel punto del libro non era assolutamente da sottolineatura rossa e mi si spezza circa tre volte e ritempero altrettante volte fino ad avere la punta che mi serve. L'appoggio al foglio e mi viene una bella riga blu che mi riempie di orgoglio, dopo il primo rigo faccio il secondo ma a metà si spezza ancora e mando una bestemmia ad inseguire quelle di prima. Tutto sommato, mi dico, questo punto credo sia importante e meriti la sottolineatura rossa ed appoggio la punta rossa e sottolineo il periodo; l'ho sempre pensato che la parte rossa la facciano più resistente; parto con il secondo periodo e mi tradisce anche lei, si spezza, ma una temperata se l'è meritata, visto come va mentre tempero, si merita anche la seconda e la terza; alla quarta mando due bestemmie sul lato rosso ad inseguire quelle del lato blu, ormai in ufficio schivano bestemmie. Ho sottolineato mezza pagina di un capitolo di un centinaio di pagine ed ho praticamente finito una matita del Bologna, quelle rosse da un lato e blu dall'altro che i professori usavano per correggere i compiti in classe, costata un euro ed ho capito che il buco all'istruzione è colpa delle matite rosse e blu!

31 marzo 2011

L'uomo che risolve i problemi

Arriva in aereo l'uomo che risolve i problemi, con il jet privato, per essere precisi; lui se la sarebbe fatta a piedi camminando sulle acque ma gli hanno consigliato di tenere un profilo basso. Arriva con il sorriso delle grandi occasioni l'uomo che risolve i problemi, quello di maiolica, abbaglia le prime due o tre file e per sicurezza vengono distribuite maschere da saldatore alle donne anziane. Ha i tacchi alti e il culo basso ma non è la Ramona di Vinicio, è l'uomo che risolve i problemi, non ha avuto il tempo di crescere di più, lui doveva lavorare, crescere è roba per nullafacenti. Fa uno sguardo di commiserazione l'uomo che risolve i problemi, sa bene cos'è la pietà, glielo ha spiegato il suo segretario poco prima di scendere altrimenti si scordava, non ha tempo per queste cose l'uomo che risolve i problemi, lui risolve i problemi, non ha mica tempo di sapere quali. Abbraccia la folla con lo sguardo e bacia i bambini, l'uomo che risolve i problemi, bacerebbe volentieri anche la biondina in terza fila ma l'altro segretario gli ha detto che sarebbe meglio evitare; si è chiesto il perchè l'uomo che risolve i problemi, lui risolve i problemi, avrà diritto anche ad un po' di svago, cribbio! Perchè dice "cribbio" l'uomo che risolve i problemi, lo dice spesso, a volte è come la linea di sottolineatura nelle parole scritte; "io risolvo i problemi, cribbio!". Cammina per le strade l'uomo che risolve i problemi e vede che è stata davvero una visita improvvisata, non hanno fatto in tempo a spargere i petali, per questa volta si accontenta, l'uomo che risolve i problemi, perchè lui è magnanimo; il consigliere gli ha consigliato di fare il magnanimo e lui ha fatto una battuta su quello che c'era da magnare perchè è simpatico, l'uomo che risolve i problemi e ridono tutti alle sue battute, da nord a sud, rientrano un attimo la lingua e ridono. Uno, una volta, ha riso senza rientrare la lingua e se l'è morsa. Dice che in meno di due mesi farà tornare le cose come prima, ha inventato il teletrasporto l'uomo che risolve i problemi, tutta la gente applaude e dice "bravo"; farà tornare il turismo l'uomo che risolve i problemi perchè la gente lì vive con il turismo ed è preoccupata per il turismo; dice che ha comprato una villa, la gente è sempre più preoccupata per il turismo ma applaude e dice "bravo" e le donne dicono "bello" perchè il contratto diceva almeno cinque applausi due "bravo" e qualche "bello" alla bisogna. Torna a casa l'uomo che risolve i problemi, lo riportano sul jet privato e mentre guarda il mare fuori dall'oblò, si volta verso il segretario principale e gli chiede: "Com'è che si chiama il posto dove siamo stati?".



Dedicato ad un'isola meravigliosa e, visto lo stile, con tutti i limiti, ad Ascanio Celestini...

ps
Ho parlato di "meno di due mesi", circa 60 giorni, in realtà ha detto "60 ore"! Probabilmente non ce la faceva nemmeno la parte ironica del mio cervello ad accettare questa cazzata.

09 marzo 2011

Constatando

- Sai, come diceva Kierkegaard...
- Chi?!
- Soren Kierkegaard!
- Il centravanti del Goteborg?
- Il filosofo!!
- Aaah, era detto "il filosofo", allora non era centravanti, era regista!
- Ossignore! Era un filosofo danese del 1800.
- Io di danesi conosco solo i biscotti al burro, quelli che alzano il colesterolo anche solo leggendo l'etichetta della scatola.
- Ho presente ma non c'entra un cazzo. Insomma, vuoi sapere cosa diceva Kierkegaard oppure no?
- Ho qualche speranza che, dicendo no tu non me lo dica?
- Nessuna.
- Ok, cosa diceva Kierkegaard? Sono curiosissimo...
- Diceva: "La vita si può comprendere solo guardando indietro, ma si può vivere soltanto guardando avanti".
- Insomma, come la fai e la fai ce l'hai al culo!
- Il tuo dono della sintesi mi stupisce tutte le volte.

ps
il dialogo è inventato, sono semplicemente due delle mie troppe personalità che parlano tra loro :D

17 febbraio 2011

Domanda esistenziale

Ma perché nessuno mette più la scorzetta di limone nei fichi secchi?! Stamattina pensavo proprio a questo; guardate che è una cosa importante, la scorzetta di limone dà quel senso di acidulo e di fresco che contrasta con il dolce del fico secco. Stamattina ne mordevo uno (ok, erano due ma solo perché, per chi non lo sapesse, i fichi secchi si fanno accoppiati: si aprono i fichi dal culo (e questo fa capire che è un cibo molto italiano (mi sa che ho ricominciato col vizio delle parentesi)), si fanno seccare, si mette all'interno del fico una mandorla o, in alternativa, appunto, la scorzetta di limone (certi ci mettono anche i pezzetti di cioccolata ma poi diventa una cosa troppo da gourmet (e aridaje con le parentesi)), e poi, dicevo, si chiudono con un'altra coppia di fichi. Il tocco finale sarebbe spolverarli di cioccolato in polvere ma non chiediamo troppo alla provvidenza). Dicevo che stamattina ne mordevo un...due e mi è subito venuto in mente che più nessuno mette la scorzetta di limone; è piacevolo, quando mordi il fico, sentire la consistenza diversa della scorzetta di limone che ti esplode di gusto in bocca. Sono domande importanti queste, mi dicevo stamattina mentre mordevo i fichi e sfogliavo i giornali, ne va dell'equilibrio di una merenda, sottolineavo a me stesso mentre leggevo di processi e donne e "vado avanti". L'equilibrio di una merenda è importante, direi necessario addirittura, perché da lì dipende l'approccio al pranzo, a come ci poniamo davanti al piatto di pasta o di altro che ci attende verso mezzogiorno mentre cerchiamo in tutti i modi di non ascoltare quello che il telegiornale molto spesso non dice. Insomma mordevo e sfogliavo e guardavo le figure (certe figure di merda che vedevo sul giornale che non vi dico (ma non è che tutte queste parentesi danno fastidio?(mannò, nel caso me lo direste(me lo direste, vero?)))) e mi sono fermato con in mano la coppia di fichi meno un pezzo ed ho guardato il mezzo fico con il segno dei miei denti e dentro spiccava il bianco della mezza mandorla appena morsicata e mi sono subito chiesto perché nessuno mettesse più la scorzetta di limone nei fichi secchi, anche a livello cromatico eh, perché quel giallo che spunta (solo il giallo naturalmente, l'albedo sarebbe troppo amaro), quel giallo che spunta nel marroncino del fico secco, dicevo, ha anche la sua bellezza, è piacevole da vedere mentre osservi il mezzo fico con il calco dei tuoi denti. Sono domande importanti eh, mica pizza e fichi (appunto); a volte non ci si rende conto di quanto tutto questo sia pregnante, uno pensa "ma è solo un fico secco!", e no! A parte che sono due, come ho detto prima, ma pensare una cosa del genere denota una estrema superficialità; il giusto equilibrio palatale è una cosa di vitale importanza perché ne va dell'approccio che abbiamo alla giornata. Sono queste le cose importanti, altro che! Per questo stamattina, mentre sfogliavo il giornale facendo merenda mi sono giusto chiesto il perché nessuno più ormai mettesse la scorzetta di limone dentro ai fichi secchi, voi lo sapere?

17 dicembre 2010

Campagna acquisti

Secondo me alla fine si confonde, mette Cassano sottosegretario e Scilipoti dietro le punte.

09 ottobre 2010

Made in China 3

La crisi c'è, si sa, che che ne dica il Premier e l'amico (suo, sia chiaro) Tremonti. La crisi c'è e qui bisogna cercare il modo per arrivare alla fine del mese allora ho ricontattato gli amici cinesi e gli ho chiesto se avevano ancora bisogno dei miei blog taroccati perché, è noto, in Cina taroccano tutto ed allora dopo i primi che gli ho proposto ed i secondi, gliene propongo altri.

Quadestinidirazza: Sito internet che offre nuove vite a chi è scontento della precedente

Nonsolomanna: Sito di e-commerce di prodotti biblici

Cattive lamiere: Prodotti scadenti per l'industria automobilistica

Sun of York: Sito per la promozione dell'abbronzatura in Inghilterra

La signora in rosso: Blog-sfogo si una donna con problemi bancari

Fumettista emotivo: Diaro online di un disegnatore molto timido

Indie cracker revolution: E-commerce di prodotti di panificazione indipendenti

01 ottobre 2010

Berlusconi alla Confcommercio: Io ho salvato il mondo

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Oddìo

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Ho le lacrime

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Basta, basta...

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