29 dicembre 2011

E che palle...

L'anno scorso, prima di Natale, ho scritto questa cosa, perché è proprio in periodi così che va lasciata aperta quella piccola valvola che durante l'anno si incrosta di quieto vivere. A me il Natale piace, mi piace l'atmosfera anche se non è che qui da me faccia poi così freddo, non credo, a memoria mia, di aver mai avuto da queste parti un Bianco Natale ma vabbè, non fa niente. Insomma non è che sono un tipo che proprio in questo periodo si sente anche più scazzato del solito no, solo che, prima o poi alcune cose vanno dette. Che palle! No? Scendo di casa e trovo tante di quelle cartacce da farci un pupo di cartapesta, anzi, un Pupo, Enzo Ghinazzi, a gradezza naturale; ma vaffanculo a te, signora, che come se non te ne fregasse un cazzo, perchè non te ne frega un cazzo microcefala imbecille, appallottoli e fai cadere sull'asfalto lo scontrino che avevi nella busta e tu che ridi a fare ragazzino?! Che cazzo ti ridi? Non è che tu sei da meno con la carta oliata della focaccia che, porca puttana, non ti andava di fare dieci passi per arrivare a quel fottuto cestino no, non ce la facevi proprio. E basta, bastaaaaaa, tutti quelli che hanno tanto di quel cerume di ego nelle orecchie che tanto non ti sentono, no, c'hanno sempre ragione loro, ma che palle! Ma lo sapete che siete uno sfrangiamento di coglioni? No? Non lo sapete? Ve lo dico io. Voi sapete come le cose devono andare, sempre, e state lì a sfrantumarci le palle con il questo e con il quello, cazzo se c'ha ragione Manuel Agnelli quando canta "la mia generazione ha un trucco buono, critica tutti per non criticar nessuno"; non vi passa manco per l'anticamera del cervello che, magari, anche altri, prima di parlare, magari dico, per caso, un pensiero, nel cervello se lo elaborano dopo aver soppesato delle cose, non sempre parlando tanto per aprire la bocca, e che cazzo! Mamma mia che palle gli oroscopi di 'sto periodo, c'ho Urano in trigono con 'sto cazzo, vedi tu che annata ne viene fuori. Ma poi, tutte le parole del mondo, ma a te, sì, dico a te, gran penna di 'sta minchia, ma ti è mai passato per il cervello che se non ti cagano nemmeno di striscio è perchè fai cacare??? No, lo vogliamo pensare oppure è sempre una specie di complotto fascista per tappare le voci contro? No, fatemelo sapere, e che due coglioni!!! Magari la vita è anche quello che appare, ogni tanto eh, non dico sempre e ci stanno pure cazzi ben più grossi da sopportare. E che palle i consigli sulla linea, c'ho la curva io, non c'ho la linea, rotolo che è una bellezza e allora?? Ma basta, bastaaaaaaaaaaaa, respirate ogni tanto, uscite, guardate il cielo e se vedete un meteorite, andategli incontro.

Voilà, per la prima volta su questi schermi, un post personale, molto personale; scusatemi ma avevo la valvola incrostata, ora sto meglio.

A tutti voi invece, auguro un 2012 meraviglioso, vi voglio bene.

25 dicembre 2011

Buon Natale!

Per tante parole c'è sempre tempo, oggi, semplicemente, vi auguro tutto quello che desiderate, con il cuore.

14 dicembre 2011

Cose che infastidiscono2

Avete presente quando vi viene il languorino tipico della fame di mezza mattina e vi ricordate di aver comprato degli snack in bustina di tarallini aromatizzati e ne andate a prendere una dalla dispensa e prendete con pollice e indice della mano destra la linguetta sulla cima della busta e con pollice e indice della sinistra il lato opposto alla linguetta ed iniziate a tirare con entrambe le mani ma non ci riuscite e non demordete e tirate più forte sforzandovi tanto da farvi venire la vena gonfia in testa e vi iniziano a sudare le dita ed a scivolare e vi parte una gomitata con il braccio destro che colpisce al naso uno che sta passando per caso procurandogli una forte epistassi che poi bisogna tamponare con una pezza con dentro del ghiaccio per fermare l'emorragia e mentre lui si tampona bestemmiandovi in almeno tre lingue tra cui il circassico voi prendete le forbici grandi dal secondo cassetto e vi avventate sulla cima della bustina ma la pellicola di plastica scivola tra le due lame senza tagliarsi ed allora, gettando le forbici sul divano, riprovate con la forza bruta e ce la mettete tutta provocando la fuoriuscita da voi stessi di rumori molesti e non solo ma sentite che la busta sta cedendo magari per pietà ed invece di aprirsi lentamente si squarcia di botto lanciando i tarallini in aria per tutta la stanza e voi vi lasciate cadere stremati sul divano senza ricordavi delle forbici gettavi sopra poco prima? Ecco.

11 dicembre 2011

Sarah

Sarah si sente confusa, come immersa in una ridda di voci che raccontano mille storie diverse oppure una sola, la sua. O come in certi momenti, sott'acqua, giusto vicino alla spiaggia, dove ti arrivano ovattate le grida dei bambini, le chiacchiere dei bagnanti e non capisci nemmeno una parola ma solo il suono, come una tromba con la sordina in un pezzo jazz tutto sbagliato. Quante cose tutte in una volta, “ho solo due occhi...” pensa Sarah, “ho solo due orecchie...”, non posso guardare tutto, non posso ascoltare tutti; confusa, seduta sul letto, guarda le foto appese al muro, guarda il bordo laterale dei suoi libri, messi alla rinfusa secondo un ordine impreciso ma tutto suo; legge i titoli per ritrovare un filo, come la sirena del porto quando c'è nebbia. Sente freddo, ripiombata per un attimo in un ricordo terribile, nell'odore di disinfettante industriale e di pasti di altrettanta natura, di fiori recisi ed appassiti dal troppo sole, dal troppo vento, dal troppo tempo; è caduta in quel ricordo terribile, forse per testardaggine oppure per semplice paura di quello che non scorderà mai, di quello che dentro ha lasciato cicatrici ben più grosse. Non se lo spiega Sarah, come tante altre cose, se lo chiede senza una risposta vera, come una domanda lasciata lì, sul piano della cucina, quasi dimenticata; non si spiega la confusione in testa e quella nel cuore, non si spiega il dolore ma nemmeno la sua assenza, ed allora ha paura Sarah, paura proprio di sensazioni che sembrano sfuggire; gli viene in mente il ghiaccio, quando tieni in mano per tanto tempo un pezzo di ghiaccio perdi la sensibilità; la mano, fino a quando non riprende a far scorrere il suo sangue, non sente più nulla. “Troppe mancanze” si dice Sarah, “Troppe e tutte insieme”; un mondo, una vita, che scappa via all'improvviso giusto un attimo prima di poterla salutare, un futuro che è nuvola nera che copre il sole, la schiena di un amore codardo. Allora le si mozza il fiato, le si annacquano gli occhi e stringe i pugni sul lenzuolo fino a sbiancare le nocche perché vuole di nuovo sentire e ripensa ad altri momenti, a profumi questa volta, odori andati via tanto tempo fa, a sapori antichi ancora sulla lingua ed ha un effetto strano tutto questo; Sarah si sente ancora confusa ma, come un vento caldo improvviso, come una sciarpa messaci al collo da un sentimento silenzioso, per un attimo si scioglie in un tepore lieve; solo un attimo però, solo un momento prima di perdersi ancora in pensieri che sono una foschia fredda, odorosa di funghi e foglie cadute, di autunno che finisce, fino al prossimo refolo caldo di memoria.

04 dicembre 2011

Ritratto di famiglia con maniaco

A volte capita, ammirando un panorama, che una nuvola improvvisamente copra il sole e cambi lo scenario; quello che sembrava un placido scorcio di natura si ammanta, in quella luce filtrata a malapena dalle nubi, in quel cambio repentino di illuminazione, di un aspetto diverso. Eppure non è cambiato nulla, è lo stesso orizzonte che osservavamo giusto un attimo fa ma ci sembra di percepire qualcosa di diverso, di cupo; una specie di brivido ci corre lungo la schiena, magari è solo un attimo ma viene quasi voglia di guardare altrove; è bastata un'ombra e tutto ci è sembrato diverso. Ecco, questo fa Belinda Bauer nel suo Blacklands; descrive una famiglia come tante della periferia dell'Inghilterra, una famiglia che si sforza, ogni giorno, per avere una vita normale ma, in realtà, un'ombra si staglia su tutti i suoi componenti; sulla nonna che osserva dalla finestra in attesa del ritorno di chi non tornerà mai ed il tempo e la mancanza hanno reso dura e silenziosa; sulla mamma che non riesce più a sorridere, ad abbracciare; sul piccolo Davey che, a volte, si chiede cosa succeda ma, soprattutto, su Steven che vorrebbe essere come tutti i dodicenni e che, per farlo, per dare alla sua famiglia quella normalita che l'ombra ha tolto, per tre anni scava nella brughiera alla ricerca del corpo dello zio Bill, ucciso undicenne quasi vent'anni prima da lui, dall'ombra che incombe, Arnold Avery. La Bauer ci prende per mano dalla prima parola del libro e ci mette di fronte ad un incrocio di vite, ci fa essere ognuno dei protagonisti in una girandola che accelera il suo vorticare andando avanti, fino a trovarsi quasi a rincorrere la parola successiva dopo aver letto la precedente per poi arrivare al punto che chiude tutto con una specie di vertigine, accorgendoci, in quel momento, di aver trattenuto il fiato.