24 febbraio 2009

Uno se le va a cercare

Amico di Baol: "Oh, non ci si può fidare più di niente e nessuno!"
Baol: "Cosa è successo?"
AdB.: "Ho comprato un cd, l'ho scartato con piacere, l'ho messo nel lettore...Non c'era niente, nemmeno un suono!!"
B.: "Ma che cd era?"
AdB.: "Il best di Hillary Duff"
B.: "Vabbè, ma pure tu? Nel best di Hillary Duff non c'è un suono e tu ti meravigli?!"

21 febbraio 2009

Le acque si ritirano

Il treno aspetta pronto sulla banchina ed il suo fischio alla partenza squarcia l'aria, ci guardiamo dietro i vetri come due meringhe in pasticceria, una faccia riflessa nell'altra parlando senza voce, leggendoci le labbra poi il treno si muove e da sovrapposte, le facce, si discostano. Un saluto con la mano con i pensieri coperti dal rumore e torno sui miei passi con le mani in tasca. L'Oceano porta le sue onde lontano.

Non preoccupatevi, sfortunatamente non c'è niene da votare

12 febbraio 2009

Il primo giorno



"Ci sarà un amico
ad offrirti un letto
entrerai distrutto
uscirai rifatto
lotti poi per tutto
ciò che senti in petto
brinda alla salute
come in un banchetto
e una frase antica
torna di sfuggita
questo è il primo giorno
del resto della tua vita"


Perchè ogni tanto va fatta una cosa così, mettere un punto su qualcosa, anche piccola, non bisogna sempre e solo mettere punti su cose grandi perchè i panorami sono fatti di dettagli ed allora basta mettere un punto ad un dettaglio e cambiare il senso del quadro. Bisogna lasciare le altre cose uguali e scegliere una cosa sola, una per la quale dirsi che ok basta così e da domani sarà diverso.

Tanto per fare un po' di comunicazioni anche il mio terzo esame è andato e da oggi Oceano e qui a Milano, mi capirete se le mie già rade apparizioni nella blogosfera si diraderanno...vero?! Oh, non abbandonatemi però eh che forse potrebbe esserci qualcosa da votare.

02 febbraio 2009

Un indirizzo per ritrovarsi e cento per perdersi

La metro ogni tanto curva e se guardi in fondo vedi nettamente il cambio di prospettiva, sembra che anche il tuo sguardo curvi insieme al treno. Seduto in mezzo alla gente continuava a maltrattare il biglietto che aveva fra le mani; ormai, a furia di piegarlo e riaprirlo, arrotolarlo e svolgerlo, guardarlo e passarlo fra le mani, la carta aveva perso la sua consistenza, sembrava anche più trasparente, a passarci i polpastrelli si sentivano le milioni di piccole rughe che si erano formate. L'inchiostro per fortuna reggeva, quello che c'era scritto si leggeva ancora: via dei Millefiori, 71; sorrise, lo divertiva che in una metropoli come quella, con la quasi totalità delle sue vie formate da incroci di grossi palazzi di pietra e cemento, ci fosse una via con un nome del genere; si ricordava di aver pensato la stessa cosa anche quando gli era stato comunicato quell'indirizzo. Intanto le stazioni si susseguivano con i loro nomi di scultori, musicisti e sconosciuti e quelle che lo dividevano dalla sua meta diventavano sempre meno, ormai ne avanzava una, alzandosi per piazzarsi di fronte all'uscita piegò per l'ennesima volta il biglietto dopo averlo fissato, quasi che l'indirizzo scrittoci su potesse cambiare, e lo mise in tasca. Cercò di non farsi fregare dal finto equilibrio e si mantenne aspettando la frenata. Fuori, sulla banchina, cercò l'uscita per via dei Millefiori, mentre si incamminava diede un'altra occhiata al biglietto e già che c'era, uno sguardo all'orologio: le due del pomeriggio. Ad attenderlo, alla fine delle scale, il bianco della luce improvvisa e poi la solita strada tra i palazzi, come sospettava di fiori nemmeno l'ombra. Il numero 71 non era troppo distante, sul vetro del gabbiotto del custode un biglietto avvisava che era fuori a pranzo, non gli importava molto, sapeva dove andare. Il portone si apriva a spinta, probabilmente un difetto della serratura; le scale profumavano di odori di cucina, la tipica essenza di condominio; la porta che interessava a lui era subito dopo aver girato, alla seconda rampa di scale. Il campanello emise tre note tristi, alla domanda su chi fosse rispose con il nome di chi gli aveva dato il biglietto, ormai consumato, che teneva in tasca. Dopo una piccola overture meccanica per serrature blindate la porta si aprì sulla faccia interrogativa di un uomo di mezza età, lui lo guardava negli occhi ma non si chiedeva niente, disse: “mi scusi” e chiuse la frase con il soffio muto del silenziatore disegnando un punto sulla fronte della faccia interrogativa; richiudendo la porta come se niente fosse diede un'altra occhiata al biglietto, l'ultima, e fece la strada al contrario. Si avviò verso la fine della via dei Millefiori fermandosi nel primo bar, alla cassa domandò se avessero uno stradario e fu felice della risposta positiva. Seduto ad un tavolo con davanti l'elenco delle vie chiuse gli occhi e ci puntò un dito sopra: via Bagnacavallo, ecco, oggi si sarebbe perso lì.

Questo racconto lo avevo promesso, lo avevo promesso quando, leggendo uno dei meravigliosi post di Lorenzo Bartoli avevo letto la splendida frase che mi ha ispirato il racconto.