22 marzo 2007

La storia della “gelataia”

L’antica città di Barium era un fiorente porto mercantile ove merci e genti di ogni dove s’incrociavano giornalmente, tutte le nuove mode dell’Oriente e dell’Occidente passavano per le sue porte. Quivi v’era anche un’importante gilda di commercianti la cui scuola del commercio era famosa in tutte le terre conosciute, ogni giovine ch’intendesse intraprendere cotanta carriera sognava di essere accolto tra le sue stanze. Tra i pochi fortunati ad essere accettati v’erano due giovini di bell’aspetto, figli di rispettose famiglie delle città vicine, che le giovini pulzelle si contendeano tra sguardi compiaciuti. In quei giorni il solleone bruciava le terre dei contadini e la città, nelle ore i cui il sole era verticale sullo zenith, diventava come una fornace e le genti cercavano refrigerio in ogni modo; tra questi i due giovini rampolli si dissetavano all’ombra di due cedri nella piazza antistante la scuola durante una delle poche pause che l’estenuante studio loro concedea. Proprio in fronte ad essi v’era la magione di Donna Cassandra, importante nobildonna, la cui unica figlia, giovine fiore di rilucente bellezza e prosperità, era ambita da tutti gli uomini della città compresi gli studenti della scuola; ella avea rapito con un sguardo il core del più giovine dei due amici che non perdea occasione per comunicarlo al suo sodale il quale lo invitava a farsi avanti. La giovine era seduta all’ombra del suo patio e suggeva una coppa di neve, proveniente dai nevai di famiglia, aromatizzata con zucchero e frutta, per rinfrescarsi dal caldo opprimente; i due giovini la guardavano invidiando quel refrigerio quando, nascosto dietro gli alberi, da codardo qual’egli era, un altro degli studenti, un ceffo capitato lì in quanto figlio di secondo letto del capo della gilda ma per niente degno di quella famosa scuola, apostrofa la giovine con un’allusiva frase sulla frescura donatale da ciò che ella suggeva. Al sentir tanta volgarità la giovine volse lo sguardo ma il primo volto che ella vide non fu quello del villan codardo ma quella del rampollo a cui avea rubato il core e ne rimase tristemente afflitta essendo anch’ella presa di lui in segreto. In lacrime ella fuggi all’interno della sua magione da cui poco appresso il padre come una furia corse fuori cercando il colpevole di tale affronto. I due giovini amici lesti acciuffarono il villan codardo e, prima ancora ch’il padre della giovine potesse proferir parola lo costrinsero a confessare. Il marito di Donna Cassandra era molto potente e, nonostante il bruto fosse imparentato con il capo della gilda, riuscì a farlo cacciare dalla scuola ed egli, andando via minacciò di vendetta i due rampolli; solo in seguito si scopri ch’era, egli, consanguineo del più giovine dei due amici ma questa, messeri, è un’altra storia.

Il caldo arrivò sulla città come lo schiaffo di una donna tradita: forte ed improvviso. Non dava respiro se non nelle ore più profonde della notte, il sole faceva friggere l’asfalto, fumava come se lo avessero appena posato. Dom e Hub, come al solito, perdevano tempo seduti davanti al bar “Teorema”, più che un bar una scuola di vita dove si vedeva gente di ogni tipo, tutta la fauna del quartiere passava da lì. I due cercavano refrigerio in bibite dai colori strani e dai gusti pure che però avevano una temperatura vicina allo zero assoluto, erano stremati, più che seduti erano sciolti sulle sedie. Erano tutti intenti a convincersi che non faceva così caldo quando dal bar, con un calippo al limone fumante per la sublimazione immediata, uscì la Mary. Mary era la padrona del negozio di intimo di fronte al bar che, per vendere meglio, non faceva che mettere in mostra la mercanzia tanto che la clientela era più fatta di mariti che di mogli. Alla vista della Mary in top sbottonato e minigonna ascellare i due ragazzi raddoppiarono la sudorazione non capendo più se per colpa del caldo o degli ormoni. Il colpo di grazia lo diede la donna andandosi a sedere sulla panchina di fronte, all’accavallarsi delle gambe l’unità coronarica dell’ospedale ebbe un sovraccarico di pazienti tutti provenienti dallo stesso quartiere della città tanto che si pensò al primo caso al mondo di epidemia di infarti. Al primo assalto che fece al gelato ai due iniziarono ad imbizzarrirsi pure i cromosomi. Ormai la stavano ad osservare mentre le loro bibite evaporavano senza che se ne accorgessero quando dal buio una voce impastata di alcool disse: “E come ti piace quel gelato!” aggiungendo una risata sguaiata; era stato Tony, l’ubriacone del “Teorema”, un tipo da birra all’alba, tanto per fare colazione. Per il caldo era arrivato alla ventesima birra dalla mattina ed erano solo le undici; pur reggendosi a malapena sul bancone, alla visione della Mary aveva avuto la bella idea di uscirsene con quella frase pensando fosse una cosa divertente. La Mary, a sentire quelle parole, alzò lo sguardo ed i primi che vide furono Dom e Hub, con le facce stravolte dal caldo e dal testosterone, che la fissavano, si alzò di scatto e li guardò come si guarda una merda su un cuscino di seta rossa e senza dire una parola si girò e se ne tornò al negozio e nelle sue movenze si capiva che intendeva: “ora ve la potete proprio scordare”. I due si guardarono senza neanche avere la forza di essere tristi, si finirono le loro bibite ed andarono via mentre all’interno del bar Tony cercava di violentare il frigorifero ma questa, mi spiace, è un'altra storia.

- Prima che si giunga a delle conclusioni vorrei riassumere i fatti che hanno portato i miei clienti qui con l’accusa di molestie da parte della signorina Titty Biggebreast. I signori Dohmick e Hubreto sono due attivi protagonisti della vita associativa della città e, ogni volta che gli è possibile, prestano servizio come volontari alla mensa della Caritas davanti alla quale si sono svolti i fatti; aiutano in cucina, puliscono e servono i pasti ai senzatetto, non sono, insomma, dei malviventi, come ha cercato di farci credere il Pubblico Ministero. Ma torniamo ai fatti ed i fatti ci dicono che quel fatidico 21 di giugno c’era una temperatura media di 29 gradi centigradi. -
- L’avvocato non ci vorrà mica far credere che l’aggressione verbale subita dalla signorina Biggebreast sia stata causata dal caldo spero?! -
- Se mi lasciate finire l’esposizione vedrete come, pur non essendo la causa, l’elevata temperatura sia elemento fondamentale per capire i fatti. Verso le 14:10 i miei clienti, una volta finito il primo turno di servizio alla mensa, sono usciti per cercare un pò di refrigerio e riposo seduti all’ombra sui gradini antistanti la mensa. Come sappiamo dal racconto diretto della signorina Biggebreast la stessa lavora come sportellista nella banca di Bolzano che si trova sulla stessa piazza della mensa della Caritas; nella pausa pranzo, quel giorno, invece di andare, come al solito, con i colleghi nel ristorante accanto alla banca ha preferito fare due passi ed andare a mangiare semplicemente un gelato perché, leggo le testuali parole della deposizione della signorina Biggebreast: “il troppo caldo mi aveva tolto appetito e desideravo solo qualcosa di fresco”, ed infatti si reca alla gelateria “Weierstrass” ed acquista un mottarello artigianale che si accomoda a mangiare proprio sulla panchina all’ombra che si trova di fronte alla mensa. La scena non passa certo inosservata a gli occhi dei miei due clienti, non per la motivazione che tutti credono ma semplicemente per fame; vorrei far presente alla giuria come i miei clienti, per quanto avessero servito in una mensa, fossero praticamente a digiuno, potete immaginare come ai loro occhi di uomini affamati, stanchi e stroncati dal caldo, quel gelato fosse una tentazione ed era l’unica cosa a cui fossero interessati in quel momento, come hanno continuato a ripetere sin da quando sono stati fermati. La stessa scena però era stata osservata, dall’interno della mensa, da uno dei senza fissa dimora che aveva appena usufruito del pranzo gratuito; il soggetto in questione si chiama Rey Vittony, è uno spiantato della zona che approfitta giornalmente della bontà di persone come i miei clienti. Anche lui aveva assistito alla scena, dicevo, ed è lui che, con la pancia piena, ha pensato fosse divertente apostrofare quella bella ragazza seduta sulla panchina dicendole, e qui, la giuria e soprattutto la signorina Biggebreast mi perdonino se ripeto quella frase offensiva: “Ah bella! Ti piace il gelato ricoperto di cioccolata eh?!” aggiungendo, come se la frase già non bastasse, una sguaiatissima risata. Sentendosi apostrofare in quel modo naturalmente la ragazza ha alzato gli occhi inorridita e spaventata e i primi volti che ha incontrato sono stati quelli dei miei due clienti ed ha subito creduto fossero stati loro, mettendosi ad urlare. Signori della giuria, lo sguardo che la signorina Biggebreast ha incrociato nei miei clienti non era di concupiscenza ma semplicemente di fame, la concupiscenza era tutta nel Vittony che osservava divertito nascosto nell’ombra della mensa. -
- Mi oppongo! Signor Giudice, l’avvocato vuole chiaramente discolpare i suoi clienti addossando la colpa ad un povero senzatetto che non sappiamo nemmeno se fosse davvero lì quel giorno! -
- Signor Giudice, se mi lasciate il tempo vedrete come ho la possibilità di provare non solo la presenza del Vittony quel giorno alla mensa ma anche la sua colpevolezza. -
- Respinta! Avvocato vada avanti ma la avverto di non abusare della mia pazienza e di quella della giuria. -
- Grazie signor Giudice. Il Pubblico Ministero mi chiede come possa provare la presenta del Vittony alla mensa, è semplice, ho la testimonianza di tutti i presenti di quel giorno oltre che del direttore della mensa stessa che affermano che il Vittony quel giorno era lì per il primo turno e che andò via verso le 14:30 molto divertito. -
- Questo non ne prova la colpevolezza avvocato. -
- Un attimo e ci arrivo. Poco più avanti lo stesso Vittony è stato fermato per aver infastidito una ragazza che, guarda caso, mangiava un mottarello ed è stato fermato proprio per averle detto la stessa identica frase che si accusa abbiano detto i miei clienti. Per provarlo ho chiamato a testimoniare proprio la signorina che ha subito l’aggressione verbale, la signorina Roundeasse, e vorrei che fosse accettata fra i testimoni a discarico. -
- Lei che ne pensa Pubblico Ministero? -
- Per quanto avrei gradito essere avvisato prima di questa cosa io non ho pregiudiziali a che venga accettata la testimonianza della signorina Roundeasse; vorrei però porre all’attenzione vostra e della giuria quello che ho appena saputo da uno dei miei collaboratori sul signor Vittony, lo stesso è consanguineo del signor Hubreto! -
- Mi oppongo! Signor Giudice, questa è un'altra storia! -

Contento Porzione?

16 marzo 2007

L’elenco telefonico di Atlantide

“L’elenco telefonico di Atlantide”
Tullio Avoledo
Ed. Einaudi

Perché si sceglie un libro? Cosa ci fa prendere proprio quello e non un altro dallo scaffale? C’è chi in libreria ci va già con le idee chiare, chi invece ci va per lasciarsi trasportare. Io non ho un metodo preciso; un libro lo scelgo perché me lo hanno consigliato, perché ne ho letto una buona recensione oppure perché mi piace il titolo; ecco, questo libro l’ho scelto per quel motivo, il titolo mi ha colpito subito, poi ho letto la quarta di copertina e mi sono detto “perché no?”…ed ho fatto bene! Se non avessi seguito il mio istinto mi sarei perso un gran bel libro, con un protagonista che non è un eroe ma, anzi, è una specie di italiano-tipo. Non cito nessuna frase del libro, non perché non ce ne siano da ricordare, quanto perché è la storia in sé ad essere interessante, è un libro che si fa leggere molto volentieri.

10 marzo 2007

Chain...

Ancora una volta Viola mi ha “incatenato”, no, non preoccupatevi mie cari blogger, non la girerò a nessuno questa volta, posterò soltanto (un forte sospiro di sollievo pervade l’Italia).


SONO: Uno che tiene tantissimo all’amicizia.
TENDENZIALMENTE SEMBRO: Un gran rompipalle.
FREQUENTO: Le persone che mi fanno stare bene.
EVITO: Di rischiare troppo.AMO: Leggere, scrivere e sognare.
ODIO: Gli ipocriti ed i presuntuosi.
ADORO: La pizza!
DETESTO: Le cime di rapa.
RICORDO: Tutto, soprattutto le brutte figure.
RIMUOVO: Ci provo ma non ci riesco.
RESTO INDIFFERENTE: Di fronte a poche cose e solo se mi sento “scollegato”.
MI COLPISCE: Uno sguardo sincero.
MI INNERVOSISCE: Sentirmi un pesce fuor d’acqua.
MI RILASSA: Un bagno caldo.
CHIEDO: Un po’ di tranquillità.
OFFRO: Tutto quello che posso dare.
SE MI DANNO 10: Ho una scarica di esaltazione che, ahimè, il mio cervello esaurisce molto in fretta.
SE DO 10: E’ perché è meritato.
IMPAZZISCO: Per un risultato ottenuto.
MI DEPRIMO: Pensando a quello che sarei potuto diventare.
MI VESTO: Dipende da come mi sento.
MI SPOGLIO: Con calma.
MI ELETTRIZZA: Una novità.
MI DEMORALIZZA: Pensare a come stiamo messi.
MI PIACEREBBE: Fossimo messi meglio.