23 novembre 2008

Un giorno è molto poco

Che giorno era? Era venerdì, era l'ora di pranzo ed io guardavo davanti a me, in realtà non guardavo davvero davanti a me, fissavo un punto che era dentro la mia testa in cui si incrociavano parole in italiano e parole in inglese, magari anche un po' maccheronico, colpa o merito della lezione di lingua appena finita, colpa della fame, colpa della distanza. Non mi sono chiesto per troppo tempo “Lo faccio o non lo faccio?”, l'ho chiesto al mio cervello una volta sola e lui mi ha detto “yes”; perché contraddirlo? In fondo spesso ci prende ed allora lasciando agli eventi il campo libero in cui formarsi mi sono informato meglio che in una canzone di Battisti, mangiando come uno in libertà vigilata, ed ho preso davvero due cose due. Ancora una volta il treno notturno, troppe sensazioni da descrivere ora, magari un'altra volta; chiacchiere da scompartimento e rumore continuo nella notte. Non per tutti la vita si riannoda sempre, alcuni si ritrovano con il gomitolo in mano e l'unica cosa che credono sia possibile in quel momento è tranciare il filo di netto; così ha fatto qualcuno in quella notte, almeno così dicevano in stazione, dicevano che qualcuno non c'era più ed allora ti accorgi che forse si è più egoisti di quanto non sembri se la cosa migliore che ad alcuni è venuto in mente di dire è “ma non poteva scegliere un altro modo così non facevano ritardo?!”, non so, mi dà molto da pensare e non tutti i pensieri sono gentili. Poi però la notte ci ha ripreso ancora una volta e ci ha spinto dove volevamo andare, dove dovevamo andare ed il venerdì è diventato sabato e la notte giorno. Ho trovato il freddo a casa, quello meteorologico, pioggia vento e freddo; tanto di quel vento che anche il ramo di un albero ha avuto voglia di venirmi a salutare in macchina ma era un ramo antipatico e lo abbiamo scansato. La stanchezza è una specie di zaino che ti porti sulle spalle ed ogni ora che passa diventa più pesante, però magari vedi certi sguardi colossali e, come cantava Benigni, come non perdersi in certi sguardi colossali? Quando ci si perde così gli zaini pesano meno, pesano meno le ore ed i chilometri ed allora non ti sembra tanto una follia partire una notte di venerdì per tornare un mattina di domenica, non è poi una così grande cazzata farsi più di milleseicento chilometri tra andata e ritorno, non è questo grande sbaglio viaggiare diciotto ore per poco più di ventiquattro con il proprio cuore che si riempie. Ora è domenica ancora per poco e penso che un giorno sia molto poco, ma è meglio di niente.

14 novembre 2008

Compartimenti stagni

Spesso mi chiedono come faccio, sì, mi chiedono come faccio. Anche io me lo chiedo spesso, come faccio; come faccio a ricordarmi particolari, piccoli, infinitesimi, ed evitare di pensare al concetto generale. Come faccio a ricordarmi facce e scordare i nomi e vivere le sensazioni e lasciarmi scivolare addosso altre cose. Mi domandano come faccio a stare in piedi, ritto, sotto colpi che abbatterebbero una sequoia e poi farmi sbattere per terra da un soffio di vento, da uno sguardo. Me lo chiedo anche io, spesso, come faccio ad essere irascibile e calmo insieme e distintamente, come faccio ad avere il sangue che ribolle e le mani ferme e poi voce tremante senza un motivo apparente. Mi guardano in faccia e me lo chiedono; mi chiedono come faccio ad avere lo sguardo sornione e la voce interessata oppure la voce stanca e lo sguardo sveglio. Ho il cervello a compartimenti stagni, forse, che apro e chiudo quando mi serve e basta, forse ho la vita a compartimenti stagni e mi lascio piovere addosso quando mi sento il sole dentro e poi ci sono giorni in cui il cielo è azzurro ma non lo guardo. Mi chiedono come faccio, come faccio ad essere ansioso quando ho sempre dimostrato di sapere, me lo chiedo anche io da anni e non lo so; è il cervello a compartimenti stagni, forse, ne chiude uno e ne apre un altro ed allora è tutto nuovo e come prima. Mi chiedono come faccio ed anche io me lo chiedo e mi chiedo anche: perchè tutte queste domande?


Primo modulo andato! Due giorni di quasi riposo.

08 novembre 2008

Un tizio alto con gli occhi chiari

"Vengo a Milano per un convegno, ci facciamo una pizza?" Ma quando una blogstar ti dice così puoi rispondere di no? Ma ci mancherebbe! Poi capita che lo dici ad un altro blogger, ma che dico blogger? Un altro amico! Ma la pizza dove? Beh, un posto ci sarà qui a Milano...uno solo?! Seeee, un'infinità! E poi ti chiama un parente, una colonna qui, uno che per me è una bombola di ossigeno, e ti fa "Vado in pizzeria con dei colleghi, vuoi venire?", gli dici di no? Macchè! Gli dici "Sì, siamo in tre". Allora tra metro e strada ti ritrovi davanti alla pizzeria che chiacchieri con l'amico ed aspetti la blogstar, che come tutte le blogstar si fa aspettare perchè si perde con il navigatore poi arriva questo tizio alto con gli occhi chiari che ti dice "Domenico?" che l'aspirazione della "c" è meglio del suo avatar e lo riconosci al volo. Passano via due birre, fritti misti, pizza con la bufala e torta ricotta e pere in mezzo a risate e racconti di vite passate lontane e vicine e ti accorgi che la blogstar è proprio come te la aspettavi, anche se così, in giacca e cravatta sembrerebbe quasi un mio collega di master. Ti saluti molto felice dell'incontro e ti dici che è davvero troppo tempo che non vedi Firenze.

04 novembre 2008

Accidentally...

La caffettiera borbotta sulla fiamma e la schiuma mi si asciuga sulla faccia mentre mi guardo col rasoio in mano, mi allargo un occhio e poi un altro, il colorito è normale, saranno le borse a stonare. Passo la lama sulla faccia avanti ed indietro facendo cambiare colore alla schiuma che diventa di un bel rosa tipo salsa tonnata mentre corro a spegnere il caffè prima che bruci e diventi ancora più schifoso di quanto già è. Devo ancora fare colazione e doccia e le lancette dell'orologio girano sempre dallo stesso lato, ma non si annoiano mai? Decido di bere la mia tazza di latte sotto la doccia ma mi persuado che il latte durerebbe troppo allora con una mano mi verso il latte e con l'altra il caffè, mi ustiono bestemmiando tra i denti e mi rovescio addosso il contenuto della tazza il che mi fa accorgere che sono pronto per mettermi sotto la doccia perché oltre al palato mi ustiono altro. Mi infilo in bocca biscotti per l'equivalente di una colazione equilibrata, tutti in una volta ché non ho tempo, rischio di soffocare e di dovermi tracheotomizzare da solo, lo faccio però sotto la doccia che, nell'ordine, passa da calda a ghiacciata a bollente a ustione con bolle, ma tanto, ustione più, ustione meno, non ci faccio più caso. Pattino sul pavimento uscendo dalla doccia e sento menisco e legamenti del ginocchio che recitano il rosario e mi sa che vengono ascoltati perché raggiungo la camicia che, previdentemente, avevo uscito già ieri, certo potevo sbottonarla invece di cercare adesso di estirpare i bottoni uno per uno. Decido di infilarla dalla testa sperando che la stessa, per una magia voodoo sia rimpicciolita tanto da passare dal collo chiuso, però ho come la sensazione di aver dimenticato qualcosa. Salto a piè pari nei pantaloni evitando di fratturarmi una gamba solo perché non avrei saputo come giustificarmi con il 118 quando sarebbe venuto a prendermi, alzo la cerniera e capisco cosa mi ero scordato: l'intimo va messo prima!. Sono tentato dal lasciare le cose come stanno ma poi penso che, con la fortuna che ho oggi, magari i miei ormoni mi regalano pure una bella figura di merda ed allora, cercando di bestemmiare il meno possibile torno sui miei passi e ricomincio da capo con l'abbigliamento. Ho quasi finito, devo solo fare lo scorsoio alla cravatta e sono pronto, mi sorrido allo specchio perché, dopotutto, fuori c'è il sole, è dietro i litri di pioggia e le nuvole ma c'è. Infilo la giacca ma manca qualcosa, ci penso mentre cerco di ingoiare quei due o tre etti di biscotti che si sono fermati ad osservare il panorama dal piloro come fossero affacciati dalla grave delle Grotte di Castellana poi penso che è tardi e che i biscotti scenderanno da soli. Naturalmente l'ascensore è da qualche parte che non è il mio piano ed allora scendo a piedi e naturalmente è al piano terra che mi accorgo di non aver preso né la borsa né il cellulare e si torna su, un po' di moto fa bene, magari i biscotti si stancano e decidono di scendere. Alla fine arrivo in orario dove devo arrivare e mi domando perché nessuno mi ha avvisato che oggi si entrava più tardi.



Ho scritto questo pezzo "sotto l'effetto" di questa canzone, era da tanto che non scrivevo "sotto l'effetto" della musica e mi ha fatti bene...a proposito, questo è il mio DUECENTESIMO post...