01 dicembre 2017

Giorno 1

M. ha una voglia grigia sulla mano destra, una specie di ovale poco sotto il mignolo, sul dorso. Ogni tanto se la gratta nervoso, più come un tic che perché davvero gli prude, è il suo modo di concentrarsi in realtà, quando un pensiero più consistente degli altri gli attraversa la testa dà una grattata alla macchia, senza accorgersene, solitamente con l'anulare ed il medio della mano sinistra. Dura un attimo, il tempo di focalizzare meglio il barlume di pensiero passato dietro gli occhi, trovare un nome, un oggetto, un'azione che lo rappresenti ed a quel punto, come i rami di un albero, il pensiero si ramifica facendosi scenario di se stesso. Il prurito allora è già un ricordo, la macchia rimane lì naturalmente, non prudeva prima, non prude adesso. M. ci tiene a questi pensieri, sono il suo lavoro in fondo, è proprio costruendo la struttura a quel pensiero che poi riesce a trovarne il bandolo, a scioglierlo, a renderlo certezza, ed a quel punto il pensiero è risolto. Sì, se gli chiedi che lavoro fa M. ti risponde che "risolve pensieri", li rende leggibili, li fa suonare come fossero degli spartiti quando prima erano solo note che si litigavano tra loro. Ora M. è seduto alla sua scrivania, la persona davanti a lui ha appena finito di parlare, gli ha raccontato una storia, una storia con tanti nomi che si intrecciano, con tanti numeri che ballano. M. sembra assente, guarda il suo interlocutore ma è come se lo trapassasse con lo sguardo, in realtà lo vede ma sta cercando qualcosa più dentro che fuori. C'è un silenzio interrotto solo dal leggero fruscio del pc che, ormai in modalità stand-by, attende un comando. Prima che la situazioni diventi irreale M. rimette a fuoco la persona davanti a lui e gli dice che ha capito tutto, che gli farà sapere. L'altro si alza sollevato e con un veloce "buonasera" scappa via. Nella stanza torna il silenzio freddo del pc, M. si sta grattando la macchia grigia.

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