REGOLAMENTO
Regola 1: postare il regolamento
Regola 2: parlare di otto fatti a caso e curiosi o che non si sono mai raccontati nel blog che riguardino se stessi in un post dedicato
Regola 3: scegliere altre otto persone da incatenare e dire loro che sono state incatenate.
Però il regolamento non dice COME ve li devo raccontare questi otto fatti e così ve li racconto a modo mio :)
1) “Bambino che vuoi fare da grande?”
Galles: Ciao.
Baol: Ciao.
G.: Come ti chiami?
B.: Bedrosian e tu?
G.: Galles. Posso giocare con te?
B.: Va bene.
G.: Sai che hai dei soldatini bellissimi?
B.: Grazie.
G.: Senti, me ne presti uno?
B.: Va bene, però poi me ne riporti due.
G.: Ok, ma posso portarmelo a casa?
B.: Sì, però se te lo porti a casa, domani oltre ad un soldatino in più mi porti anche una macchinina.
G.: …
B.: Senti, ma tu da grande cosa vuoi fare?
G.: Io il barista, il mio sarà un bar bellissimo, si chiamerà Apocalypso. E tu?
B.: L’usuraio.
G.: Non so perché ma lo avevo capito.
2) “La creatura”
Anche se sono al buio posso sentire il suo lieve, impercettibile rumore, potrei impazzire. Io lo so che è lì, aspetta solo che illumini la stanza per poter fare ciò che sa fare meglio. Il sudore inizia a scendermi dalla fronte e lo stomaco si chiude in una morsa di orrore e disgusto, lo so che è lì, lo so. Adesso accendo, tremante porto la mano all’interruttore, mi fermo un attimo per respirare. Accendo; lui inizia la sua corsa verso di me.
AAAAAAAhhhhhhh!!! Oddìo!!!
Quanto mi fanno schifo gli scarafaggi!
3) “kabalinata”
A me quando mi chiedono che lavoro faccio mi mandano in crisi, lavoro poi, vabbè, diciamo quella cosa che faccio dietro la scrivania che ci sto comodo eh, mica no. Dicevo, io vado in crisi quando mi chiedono ‘sta cosa perché, se non sbaglio, io dovrei rispondere “libero professionista” o magari in futuro “commercialista”, ma questa è un’altra storia. “libero professionista”, dice che così veniamo chiamati, cioè, a volte si viene anche chiamati peggio ma vabbè; mio padre lo dice e lui dovrebbe saperlo bene chè questa cosa la fa da più di trentacinque anni e lui sì che è un libero professionista, ma io mica lo so se sono un libero professionista, al massimo sono un “libero principiante” visto che ho iniziato da poco; che poi, “libero” mica tanto mi sa che uno per essere libero deve potersi andare a prendere una boccata d’aria quando cavolo gli pare, che una bella boccata d’aria fa sempre bene; anche se, con tutti i veleni che ci son nell’aria al giorno d’oggi mica lo so quanto è salutare l’aria. Uno dovrebbe essere libero insomma, altrimenti che razza di libero professionista è? Ed invece c’è sempre qualcuno che ti dà un appuntamento e tu devi dirgli di sì che se no si offende, tranne se proprio non hai altri impegni, tipo che ti partorisce la moglie ed allora penso che “no” glielo puoi pure dire, solo che io non sono sposato quindi non lo posso dire. Che poi di sentire tutti ‘sti discorsi sulle tasse che nessuno le vuole pagare, che uno si chiede come deve campare lo Stato e tutto il resto ed allora quando li sento parlare di tutte queste cose qui che te le stanno sempre a ripetere, penso a come sarebbe bello stare solo, in un bel laboratorio a controllare i parametri di un esperimento sui neutrini e magari vederli pure, che io il fisico volevo fare.
4) “Passione”
Scorrere con le dita la pelle liscia, guardare i polpastrelli che l’accarezzano e sentirne il leggero vibrare sotto il tocco, poi fermarsi. Fermarsi in un punto preciso, consapevoli, con un brivido lungo la schiena ed un sorriso sulle labbra, con le dita ferme e precise, terminazione di una volontà. Una leggere pressione, quasi un soffio, un lieve gemito strozzato.
Adoro schiacciare i punti neri.
5) “INCHIODATO”
La stanza è buia e fumosa, una luce fredda la illumina poco e male, due persone sono sedute uno di fronte all’altro, più vicino alla porta, in piedi, c’è un soggetto in penombra, non muove un muscolo ma osserva soltanto. Il più rilassato guarda quello che ha di fronte, è nervoso.
Commissario: Allora, “signor” Bedrosian Baol, sa perché è qui?
Baol: Veramente lo vorrei sapere, mi avete prelevato in piena notte e mi avete portato qui senza darmi uno straccio di spiegazione.
C.: Ci arriveremo “signor” Bedrosian Baol, ci arriveremo…
Si vede che si diverte a caricare di sarcasmo la parola “signor”. Infatti all’altro da fastidio.
B.: La smetta di dire “signor” con quel tono!
C.: Io uso il tono che mi pare, chiaro?!
B.: Ma insomma, si può sapere per quale cazzo di motivo sono qui?
C.: Non si alteri signor Bedrosian Baol, qui le domande le facciamo noi.
Il tono è duro ma la sua espressione non è cambiata per niente, sempre con un sorriso di sfida sulle labbra, il sorriso di chi sa più di quello che chiede.
C.: Si ricorda dov’era il giorno 12 aprile del 1991?
L’altro spalanca gli occhi sorpreso ed indignato.
B.: Ma come faccio?! Sono passati sedici anni!
C.: Su, signor Bedrosian Baol, faccia uno sforzo.
B.: Facevo il primo superiore quel anno, avevo 14 anni.
Il commissario sembra soddisfatto.
C.: Bravo, vede che qualcosa ricorda?
B.: Mi ricordo solo questo, sarò stato a scuola quel giorno, cos’è? Avete scoperto che ho passato il compito di italiano al mio compagno di banco?
Parla con finta sicurezza, si sente nelle parole che è nervoso.
C.: Non faccia lo spiritoso signor Bedrosian Baol, lei potrebbe essere in guai seri, molto seri.
Questa volta anche la faccia del commissario si è fatta seria.
B.: O Signore! Ma mi volete spiegare?!
La voce di Baol è più alta di un’ottava. Il commissario se ne accorge e riprende la stessa faccia di prima.
C.: La sua classe quel giorno partiva per la gita, meta: i paesi etruschi.
B.: Quel giorno?
C.: Sì, proprio quel giorno…
B.: Ed allora?! Non si può nemmeno andare in gita adesso? Siamo ancora in democrazia mi pare.
Il nervosismo sale, è palpabile in Baol.
C.: Perché si agita signor Bedrosian Baol? E’ nervoso? Dicevamo, la sua classe partiva per la gita…
B.: Se lo dite voi devo credervi, non ricordo la data esatta.
C.: Sì, ci creda, è esatta, e lei partecipò a quella gita?
Lo sta cucinando a fuoco lento; un quasi impercettibile velo di sudore copre la fronte di Baol.
B.: Se mi fate questa domanda la risposta la sapete già.
C.: Ma io voglio sentirla dalla sua voce.
B.: Sì, ci andai.
C.: E cosa successe durante quella gita?
B.: Cosa successe?
Lo ha ripetuto più a se stesso che al commissario.
C.: Lo sto chiedendo a lei signor Bedrosian Baol, me lo dica.
B.: Niente successe, niente. Cosa volete che succedesse?!
C.: Non so, lei cosa ricorda?
Sembra il gatto che gioca con il topo, quel suo sorriso è proprio da gatto.
B.: Poco, l’ho rimossa quella gita.
C.: E perché, signor Bedrosian Baol?
B.: Perché una che mi piaceva si mise con un altro.
Non lo guarda in faccia rispondendogli, come se fosse ancora una ferita aperta di cui si vergogna.
C.: Brutti ricordi signor Bedrosian Baol, vero?
B.: Sì, nei primi anni della scuola ero abbastanza sfigato.
C.: Capita signor Bedrosian Baol, capita. Sono cose che succedono durante le gite, ma io sono interessato ad un avvenimento accaduto un po’ prima: durante il viaggio di andata.
Il volto già pallido di Baol è ormai terreo, come se un terribile ricordo gli fosse affiorato alla memoria.
B.: Eh?!
Farfuglia.
C.: Sì signor Bedrosian Baol, durante il viaggio di andata, sull’autobus è accaduto niente?
Il commissario sta per affondare il colpo, si fa più insistente e le difese di Baol sono ormai allo stremo.
B.: Ehm, non so, dormivo.
C.: No no, signor Bedrosian Baol, sappiamo che lei non è mai riuscito a dormire sugli autobus, nemmeno dopo una notte insonne.
B.: Ed allora chiacchieravo con il professore che ci accompagnava.
Baol si fa sempre più piccolo sulla sedia mentre il commissario è ormai in piedi con le mani appoggiate al tavolo.
C: Signor Bedrosian Baol, lei era uno sfigato ma non fino a questo punto. Vi eravate portati da mangiare?
Eccolo l’affondo, il commissario fa la domanda scandendo bene le parole. Gli occhi di Baol si spengono, guarda davanti a se ma non è presente.
C.: SVEGLIA! Sto parlando con lei! Vi eravate portati qualcosa da mangiare?
Baol si ridesta con un leggero movimento della testa.
B.: Sì, dei panini, il pranzo al sacco.
C.: E da bere? Cosa aveva da bere signor Bedrosian Baol?
B.: Acqua! Una bottiglietta d’acqua.
C.: No signor Bedrosian Baol, sappiamo che lei aveva comprato una lattina di Coca-Cola.
Baol è esausto, ha le braccia lungo il corpo e la voce si è fatta più flebile.
B.: Sentite, qui mi state trattenendo contro la mia volontà, se dovete accusarmi di qualcosa fatelo.
C.: Confessi signor Bedrosian Baol, le conviene.
Il tono del commissario diventa più amichevole, sa che ormai Baol è inchiodato.
C.: Non vede che sta sudando freddo? Lei aveva una lattina di Coca-Cola e la bevve e poi che fece?
B: Ok, basta! Confesso! Sono anni che mi porto dentro ‘sta cosa.
Ormai Baol è un fiume in piena, con gli occhi lucidi di lacrime.
B.: Una volta finita la lattina non mi andava di tenermi il vuoto e visto che eravamo sull’autostrada, mentre gli altri scherzavano e ridevano, ho aperto la finestrella superiore e l’ho buttata fuori.
C.: Dopo che ha sempre frantumato le palle a tutti con l’ecologia!
B.: Ma non volevo, ero giovane e stupido.
Gli occhi di Baol cercavano un conforto dal commissario, un conforto che non arriva.
C.: Le lacrime ed il pentimento non servono ora, doveva pensarci prima.
B.: Ho bisogno di un avvocato, vero?
C.: Sì, le sarà utile.
Ed è l’ultima cosa che dice prima di chiudersi la porta alle spalle.
6) “The Jokers live at the birthday”
Questo bootleg è l’unica testimonianza registrata dei “The Jokers”, nella formazione originale, senza i rimaneggiamenti che, successivamente, ne hanno decretato il declino. Sono solo quattro brani, quattro cover per l’esattezza, ma che potenza! Questi all’epoca diciassettenni, avrebbero qualcosa da insegnare a tutte le band giovanili che, adesso come adesso, stanno nascendo solo per la spinta del marketing. La potente voce di Jack Batiste dà a questi brani una nuova forza aiutato, naturalmente, da tutti i componenti della band; dal tessuto sonoro della chitarra di Andy Moresco, virtuoso delle sei corde, coadiuvato ottimamente, nella melodia, dal tastierista: Lean Coldwind. Per non parlare della sezione ritmica, sostenuta vigorosamente dalla batteria di Joe Peacock e da Bedrosian Baol, bassista talentuoso e scenicamente prorompente. Quindi, se volete un disco di Musica, cercate questo, sarà una ricerca difficile ma vedrete che ne varrà la pena.
7) “I misteri dell’universo”
Era il decimo giorno dell’ottavo mese dell’anno 3999 del calendario neogregoriano, in quella parte della galassia una periodica nube meteoritica avrebbe solcato i cieli. Con un gruppo di studiosi ci accingevamo a studiare il fenomeno da una distesa di silice, prospiciente una formazione liquida di bi-idrogeno ossigenato al cloruro sodico, che si perdeva verso l’orizzonte. Ci eravamo attrezzati con un nucleo energetico a carbonio che avrebbe assicurato un’ottima emissione termico-luminosa. Avevamo tutti delle microtute a polimeri plastici per accertarci dell’effetto della pioggia di meteoriti sull’epidermide umana. Il nostro ufficiale medico aveva preparato una scorta di integratori biologici a fermentazione chimica, ad assimilazione diretta: trentasei dosi base a fermentazione del malto, un multidose concentrato a fermentazione del frumento, potenziato con bacche di coltivazione arboricola ed aveva anche portato un suo composto, sempre multidose, di integratore a fermentazione di ginepro e acido citrico anidridato. Probabilmente una sconosciuta interazione tra integratori, specialmente quelli a base di malto con quello a fermentazione di frumento potenziato, con lo sciame meteoritico, alterò il mio stato psicofisico costringendomi ad abbassare in maniera consistente e continuata gli acidi presenti nel mio corpo. L’addetto alla registrazione dei dati dell’esperimento riporta che, per via del forte scompenso, le mie capacità dialettiche furono intaccate, riducendosi alternativamente ad una mia confessione di affinità elettive nei confronti di una giovane scienziata del gruppo e l’intenzione di andare ad abbassare il mio livello di liquidi, dentro la formazione di bi-idrogeno ossigenato al cloruro sodico. Lo studio del fenomeno meteoritico a quel punto per me non ha avuto seguito, due miei colleghi mi hanno riaccompagnato alla base onde evitare effetti irreversibili. Si segnale come tale scompenso non sia più avvenuto da allora.
8) “Sul finire dell’estate”
Il sole moriva lento dentro il mare lanciando riflessi dorati che ferivano gli occhi; i due ragazzi erano vicini e stavano in silenzio, si sorridevano di quei sorrisi fugaci in cui gli sguardi si toccano appena per poi ritirarsi impacciati ma curiosi. La ragazza parlava tanto e muoveva le mani, cercava inutilmente di calmarsi così, sentiva il cuore che batteva forte e non sapeva se le parole che le uscivano avessero un senso o meno. Lui annuiva fingendo sicurezza, avrebbe annuito anche se le parole di lei non avessero avuto senso perché non erano le parole che dovevano averlo. Anche lui era nervoso, sentiva le gambe molli che quasi sbattevano e ringraziava, dentro di sé, il fatto che fossero immersi nell’acqua fino alla vita. Lei si sentiva un po’ più sicura in acqua, era il suo elemento. Lui sentiva lo stomaco che si apriva e si chiudeva al ritmo veloce del cuore e quando parlava gli si incrinava lievemente la voce per l’emozione. Il mare era calmo e trasparente nonostante il controluce del tramonto; in acqua qualche bagnante, non troppi, solo quelli che si trattengono anche per l’ultima settimana di agosto. Lei disse: “l’acqua è un po’ fredda”, facendo dei cerchi con le dita sulla superficie, lui rispose: “vero” e si maledisse per la sua timidezza durante il breve, eterno silenzio che seguì, poi tirò un respiro profondo e le fermò la mano che faceva disegni sull’acqua e si guardarono negli occhi, gli sguardi non fuggirono timorosi ma rimasero a sorridersi, poi si avvicinarono lentamente l’uno all’altra e goffamente, districandosi nell’incrocio tra i nasi, le loro labbra si toccarono con timidezza scambiandosi i sorrisi per un tempo indefinito. Lei appoggiò la fronte alla sua e rise felice, lui ricambiò e guardò il sole che, ancora per poco, li salutava con i riflessi dorati sull’acqua e fu sicuro che non avrebbe mai scordato quell’estate, l’estate del suo primo bacio, l’estate dei suoi diciotto anni.