30 marzo 2015

Passi di luna

“Passi di luna” danzava svagata ed attenta sulle assi di legno del vecchio teatro; la chiamavo così, tra me e me, non perché mi ricordasse il primo uomo sulla luna, con il suo saltellare goffo e grossolano ma perché, guardandola, veniva da pensare che lei non subisse, come noi, la gravità terrestre ma quella, ben più lieve, della luna. Volteggiava leggera mentre io, addetto alle luci, la guardavo nell’ombra beandomi di essere un ossimoro. Aveva i capelli corti che, con un leggero ondeggiare, seguivano i suoi cambi di direzione; sembrava quasi se ne accorgessero con un lieve ritardo e si affrettassero a seguire il resto del corpo. “Passi di luna” provava con la stacanovistica dedizione di un operaio russo e portava i calli come i generali portano mostrine e medaglie. Ogni tanto, nelle brevi pause che si concedeva le portavo una bottiglietta d’acqua, lei si sedeva a gambe incrociate ed io mi fermavo a scambiare due parole; mi sorrideva e mi guardava con i suoi grandi occhi scuri che, per non contraddire le labbra, sorridevano anche loro. Non che ci scambiassimo segreti di Stato o verità assolute, solo i classici convenevoli necessari a far passare il tempo, senza sforzi però, quasi naturali; in fondo eravamo diventati un po’ uno l’abitudine dell’altra, nulla di che ma solo quella piacevole sicurezza in mezzo alla giornata. Finita l’acqua si rialzava e non nascondo che, ogni volta, il distendersi delle sue gambe affusolate mi provocavano uno strano brivido lungo la schiena che terminava nell’arco di un leggero sorriso. Sono convinto che lo sapesse bene, che indugiavo su di lei, perché sorrideva, in quel caso, di un sorriso da gatta e tornando a camminare sulle assi di legno del palco, prima di spiccare il volo ed ammutolire la gravità, mi strizzava un occhio ed io tornavo al mio lavoro facendole un piccolo gesto di saluto con la mano.

13 marzo 2015

Un chimico

Da piccolo una delle cose che sognavo di fare, una volta adulto, era il chimico; che è strano per un bambino a cui non hanno mai regalato il piccolo chimico ma è così. La chimica mi piace, quel suo combinare degli elementi che, magari, non hanno niente in comune e farne un terzo producendo, solitamente, una reazione che, nel più classico degli esperimenti, è sempre una produzione di energia nella sua forma meglio conosciuta: il calore. Sì, ti dicono che potrebbe essere pericoloso, che a mettere vicino due elementi che magari, presi da soli, sono innocui, delle leggi strane, quasi magiche, possono farteli esplodere tra le mani, farti bruciare. Te lo dicono ma a te questa cosa, non sai spiegarti il perché, ti piace; forse è proprio la cosa che ti attira di più della chimica: capire perché due cose così semplici, placide, messe insieme possono rivelarsi così esplosive, generare un forte calore e, se non regolate con attenzione, bruciare. Te lo chiedi pure perché ti piaccia tanto andare a scoprire la natura delle cose, è un po’ come voler sapere i trucchi del prestigiatore, te ne leva la meraviglia. Ecco, fare il chimico è un po’ andare a scoprire i trucchi da prestigiatore di Dio, serve davvero a qualcosa? In realtà di ragioni per farlo ce ne sono tantissime ma a te, alla fine, le ragioni servono solo per evitare spiegazioni molto più lunghe alla gente, perché a te basta e avanza la storia del trucco da prestigiatore. Poi magari la vita non ti porta a fare esattamente quello che vuoi ma questo non significa che non ti faccia avere a che fare lo stesso con la chimica; no, la vita ti fa capire che anche le persone, spesso, sono elementi che, se messi insieme, producono una reazione che genera calore, che si autoalimenta, quasi a sfidare le leggi della natura; una reazione a volte esplosiva, che può anche consumare totalmente l’uno, l’altro o entrambi gli elementi. Sì, perché le reazioni tra gli umani sono complesse, magari gli elementi non li vedi sparire ma spesso, in realtà, si sono consumati fino a diventare cenere di se stessi; magari sembra che ci sono ancora, gli elementi, magari rimangono tangibili ma la verità è che si sono consumanti nella reazione tra loro. Ci sono, tra le persone, cliché che non ti spieghi, reazioni di attrazione che non capisci, rapporti di composizione sballati ma che girano, bilanciamenti che non quadrano e ti ritrovi con un surplus di energia che non sai dove andrà a finire. Ed il bello sta tutto lì.

Per E. Lee Masters e F. De Andrè