30 settembre 2013

Intermezzo

Ci sono nuvole nere, cariche. Incombono e, ogni tanto, si illuminano di scariche. Minacciano, promettono, affermano. Ho guardato fuori, è uguale.

Mi è tornata in mente questa canzone.

27 settembre 2013

Distraente, accomodante, amico

Premessa: il 25 ottobre 2009 ho chiesto ai miei lettori di darmi, nei commenti, tre parole; per l'esattezza un aggettivo, un sostantivo ed un verbo, ed io ci avrei tirato su un racconto. Ne arrivarono tante, di triplette, circa trentatre! All'inizio sono partito anche bene, spedito, poi, vuoi la vita, vuoi gli scazzi, ho rallentato la scrittura dei racconti; l'ultimo, infatti, risale addirittura all'8 ottobre 2012, praticamente quasi un anno fa, però non ho mai abbandonato l'idea di scriverli tutti ed infatti eccomi qui che ne posto un'altro. Li potete (dovete?) leggere tutti qui.

Il post dalle tre parole di vitty

Solo una sera di fine estate


E’ solo una sera di fine estate, la gente affolla le strade con passi diversi, in bilico tra la fretta e la lentezza. Una ragazza da un’auto regala un “ciao bello” al tuo passo cadenzato, che si perde in una breve, convulsa, esplosione di clacson. Tutto intorno è un distraente insieme di facce diverse su cui la giornata ha disegnato una storia, su cui la serata sta disegnando una promessa; mentre tu ti muovi, convincendoti di essere inconsapevole, cercando di scordarti di tutto quello che sai. A passi lenti ti ridisegni in testa il concetto di “amico” e tutto quello che comporta ed implica ed anche a voler essere accomodante, non si sovrappone affatto al tuo perimetro, se non in un paio di curve dell’anima. La musica ed i passi ti portano nel luogo prestabilito, indossi un sorriso morbido esattamente della tua misura e, nell’attesa, scambi parole con le dita. Intorno, la gente, passa come navi che aggirano uno scoglio, senza modificare troppo la loro rotta, come già sapessero che eri lì, come se facessi parte della scena. Le persone passano intorno, veloci, ma, giusto all’attacco di una canzone, una si ferma e, allora, ti scordi di essere inconsapevole, tutto assume il suo contorno più nitido e diventa più difficile ma c’è sempre tanta gente tutto intorno; in fondo è solo una sera di fine estate.

25 settembre 2013

Non va.

Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va. Non va.

L'ho detto che non va?

15 settembre 2013

I giorni mi cadono via veloci...

...tanto da scordarmi molte cose e ricordarne altre, sempre, fisse nel cervello. Eppure me lo sarei dovuto ricordare, cazzo, è partito tutto da qui, ormai sette anni fa; per gioco credo, per la voglia di provarci. Non pensavo nemmeno che sarebbe durato, che dopo sette anni, SETTE, sarei stato ancora qui a scrivere parole, mie, di altri, di altre vite, di universi paralleli, di universi trasversali; ed invece sono ancora qui e per favore non tirate in ballo Vasco Rossi. Questo post, per stare in regola, avrei dovuto scriverlo il due settembre e non quasi due settimane dopo ma m'è passato di mente, d'altronde, il 4 ho scritto di pensieri, per raccontare quanto tempo, dentro una testa, si possono fermare alcuni pensieri, è una cosa che sapevo da tempo ed ho imparato da poco. Solo che i pensieri, quelli forti, costanti, spingono via gli altri, quelli futili, chiamiamoli così. Eppure ripenso spesso a tutto quello che è passato attraverso questo blog, a tutti gli amici che m'ha fatto conoscere, che, spero, continuerà a farmi conoscere e mi accorgo anche che, bene o male, dentro questo blog ci sono tutti i miei cicli evolutivi, i momenti in cui scrivevo per far ridere ed i momenti no, quelli tristi. Mi è stato detto tempo fa che non scrivo più con la stessa leggerezza, mi è stato detto anche nello scorso post, e quando te lo dice una persona che ti conosce bene, penso significhi che è così. Vi confesso che, a volte, sono stanco, guardo tutte le cose che ho scritto, guardo le idee folli in cui mi sono imbarcato, le promesse che ho fatto, e sono stanco; finirò mai i racconti dalle tre parole? L'ultimo è quasi di un anno fa. Ed i racconti che ho promesso di scrivere, gli altri, quelli che nascono dalle canzoni? Ed i reloaded? Ne scriverò ancora? A volte ho un sacco di entusiasmo, davvero, ho anche l'idea giusta in testa ma poi qualcosa mi mozza il pensiero, mi mozza il respiro. Passerà? Si attenuerà? Non lo so, alla fine anche questo è crescere, non sapere o sapere bene, tanto bene. Quanta vita ci sta dentro sette anni? Tanta, così tanta che, spesso, nemmeno si riesce a raccontare, quello che ero in quel lontano 2 settembre 2006, quello che sono in questo 15 settembre 2013, quello che è stato e spero sia ancora, sempre e per sempre, io non mi siedo o siederò mai con le spalle alla porta, io attendo e spero sempre, al bancone. In questi sette anni ho fatto tante scelte, tante non scelte, alcune sono palesi, altre meno, altre ancora devono essere capite, altre non bisogna per forza farle. Alla fine, insomma, questo blog è qui da sette anni e, spero, continuerà ad esserci per tanto tempo ancora, nonostante la stanchezza. Mo, però, basta, non vorrei che mi si dica che sono patetico; tanti auguri al mio blog per il suo compleanno, perchè ormai è un ometto, per tutte le persone con cui mi collega, per quello che verrà.

08 settembre 2013

Il prestigiatore

Sono qui, seduto in un angolo ad un tavolino sporco; entrando non mi si vede, mi mimetizzo con la tappezzeria macchiata, abbiamo le stesse chiazze. Sono di spalle, faccio spettacoli di magia per il muro, faccio apparire del pessimo whisky in un bicchiere, opaco di mille lavaggi, e lo faccio sparire. Sono bravo, un paio di volte mi è sembrato che il muro applaudisse. Il gioco mi viene bene, lo faccio da tanto tempo, mi alleno tutti i giorni, l'allenamento è importante, è quello che differenzia i professionisti dai principianti. Una volta era diverso, mi sedevo rivolto alla porta, come se aspettassi di vedere entrare qualcuno, da un momento all'altro. Aspettavo e bevevo, poi ho smesso. Di aspettare.


04 settembre 2013

Pensieri

I pensieri sono come le punture di zanzara, appena vieni punto cominciano a prudere da pazzi, si arrossano, si gonfiano e tu vorresti strapparti la pelle purchè smettano di prudere; cominci a cercare una soluzione, gratti tutto intorno, come per delimitare, ma nulla, quella continua a prudere e allora cerchi di non toccarla, speri che si acquieti da sola, quella maledetta puntura, quel maledetto pensiero. Dopo un po' succede, il prurito diminuisce, piano piano, e ti rimane la bolla, meno rossa, che la guardi e pensi che, forse, prima, quando ti saresti inciso a vivo la carne purchè smettesse, forse, eri stato un po' esagerato. fai pure un sorriso, alla puntura, al pensiero. Però lo sai bene che non è mica finita lì, no, perché, seguendo regole tutte sue che nemmeno approfonditi studi hanno mai svelato, la puntura ricomincia, all'improvviso, a prudere di nuovo; forse perché, involontariamente l'hai sfiorata, forse perchè la puntura ha dentro un timer che segna quando deve ricominciare a prudere, forse non aveva mai smesso di prudere ma tu eri stato bravo ad ignorarla. Solo che le punture di zanzara, come i pensieri, non puoi ignorarli per sempre, no, prima o poi ricominciano a prudere, anche più forte di quando sono nate, sia la puntura che il pensiero, e di nuovo sei lì che ti gratti, prima con il dorso dell'unghia, cercando di essere leggero per non lasciare segni, poi sempre più forte, con il dritto dell'unghia, quasi a voler sovrastare il prurito con il dolore dei graffi, come spararsi nelle orecchie una musica credendo serva a non far battere il pensiero. E' inutile, si sa, ma non se ne può fare a meno, come una specie di riflesso condizionato. All'improvviso come è arrivato il prurito smette di nuovo e di nuovo pensi, guardando quella piccola bollicina, che, forse, eri davvero esagerato quando pensavi che avresti volentieri versato benzina sulla puntura e le avresti dato fuoco, con tutto quello che c'è intorno; però sai bene che è solo una tregua, la puntura, come il pensiero, tornerà a farsi sentire. In media, che ti gratti o non ti gratti, una puntura di zanzara prude per circa cinque giorni e quindi saresti portato a credere che, vista la similitudine, anche il pensiero, bene o male, dopo cinque giorni sparisce, e qui sta l'errore. La zanzara, quando ti punge, ti instilla dentro un po' del suo anticoagulante, perché mica può far di corsa, deve avere il tempo di bere, mica può stare lì a succhiare con le piastrine che si adoperano per tappare il buco, ecco, anche per i pensieri è così, anche loro, quando nascono, ti instillano un po' di veleno per poter fare con comodo. Ora, va da sè, la massa media di una zanzara è di circa 1 milligrammo, a parte quelle dei Navigli, a Milano, che pesano circa mezzo chilo; quella di un umano è circa 70 chili, a parte la mia che... vabbè, questa è un'altra storia. Un umano, quindi, è settanta milioni di volte più grosso di una zanzara, ve lo scrivo in cifre così vi fate un'idea, 70.000.000. I pensieri non nascono dalle zanzare, nascono dagli uomini, quindi, in proporzione, se una puntura di zanzara prude, a fasi alterne, a sorpresa, quando cazzo gli pare, in media, cinque giorni, un pensiero rimane, a fasi alterne, a sorpresa, quando cazzo gli pare, in media trecentocinqua milioni di giorni. 350.000.000 di giorni. Praticamente il pensiero rimane lì, ora più ora meno, circa 959.000 anni, un tempo, tutto sommato, ragionevole. Quindi, tu, pensiero che torni, io lo so e forse lo sai anche tu, che mi accompagnerai per tutta la vita perché, sinceramente, voglio campare a lungo ma novecentosessantamilionidianni mi pare una abominevole rottura di coglioni.