29 giugno 2010

Walter Simmons

I miei genitori pensavano che sarei diventato
grande come Edison o più grande:
perché da ragazzo costruivo palloni
e aquiloni meravigliosi e giocattoli a molla
e piccole locomotive che correvano su rotaie
e telefoni di barattoli e filo.
Suonavo la cornetta e dipingevo,
modellavo la creta e recitai la parte
del cattivo in Octoroon.
Ma poi a ventun anni mi sposai
e dovevo vivere, e così, per vivere
imparai il mestiere dell’orologiaio
e avevo una gioielleria in piazza,
e pensavo, pensavo, pensavo, pensavo,-
non agli affari, ma alla macchina
che progettavo di costruire.
E tutta Spoon River aspettava impaziente
di vederla in funzione, ma non funzionò mai.
E qualche anima buona pensò che il mio genio
fosse in qualche modo impedito dal negozio.
Non era vero. La verità era questa:
non ero un genio.

Edgar Lee Masters

27 giugno 2010

Entropia

Tic
Il ticchettio è un boato nella caverna del mio mal di testa. Si propaga nella sua forma d'onda lungo le ossa, arriva ai denti e li stringe. Mi chiedo quando...
Tac
Quando ci siamo incontrati? Quando ho incrociato i suoi occhi portatori sani di guai? Era martedì. Era ottobre. Era un'altra vita.
Tic
Trattengo quasi il fiato tra la sistole e la diastole dei battiti meccanici, come se tutto sospendesse e venisse risucchiato altrove. Un profumo...
Tac
Caffè sudamericano, nero, profondo; un odore di tostatura che si ficca nelle sinapsi dritto dalle narici e ne moltiplica la frenesia delle informazioni trasportate.
Tic
E' giorno. La luce obliqua che taglia il pulviscolo della finestra mi confessa che sono le dieci e l'orologio al mio polso le dà ragione. Ho i piedi nella macchia gialla del sole. Un colore...
Tac
La rabbia ha un colore? La sua era un buco nero, assorbiva la luce del suo contorno nel personale “orizzonte degli eventi”. Il tramestio intorno rubava le parole meno importati ed isolava drammaticamente quelle definitive.
Tic
Guardo le facce degli altri e ci scovo le differenze che li... che ci rendono tutti uguali ma non mi chiedo perché, guardo solo le facce, la sua faccia...
Tac
La sua faccia non aveva emozione, probabilmente rubata, sparita nel fiume delle parole, annegata nella rabbia, anestetizzata dall'odio. Le emozioni erano nelle sue mani che si muovevano come farfalle impazzite e si aprivano e chiudevano, si sbiancavano e si arrossavano facendo da punteggiatura al racconto.
Tic
Le sue mani sono calme adesso, è davanti a me, con la stessa faccia che non tradisce emozioni, che non svela dubbi. Il ticchettio è un respiro, inspirazione sospensione espirazione; come un respiro sfiata, come un respiro sbuffa, come un respiro si trattiene, come un respiro esala...
Boom

24 giugno 2010

Tutto sommato...



Non che mi aspettassi molto di più ma quando ti accorgi, nel secondo tempo della partita definitiva, che non insistendo con gli stessi nomi riesci a fare qualcosa in più forse andrebbe anche fatto un mea culpa...

23 giugno 2010

15 giugno 2010

Sognare, tenacia, forte

Il post dalle tre parole di anonimo


La confessione del destino

Voi che cosa siete in fondo? Voi che vi dibattete persi in un bicchiere d'acqua; inezie, increspature, impercettibili sfumature di grigio nell'immensità uniforme e atona dell'universo. Mi state quasi simpatici con la vostra tenacia nell'aggrapparvi alle pareti lisce della vita, con il vostro scavalcarvi uno con l'altro brulicanti e tarantolati. Ogni tanto trovate un appiglio e vi ci aggrappate forte, vi issate tendendo tutti i muscoli del corpo, scalciando coi piedi la zavorra degli altri ed allora vi guardo con più interesse, nel vostro essere una moltitudine moralmente in fila, troppo impegnati a sognare una vita migliore di quella di chi è dopo di voi o, al massimo, una peggiore per chi sta prima di voi. Vi guardo e, l'ho detto, provo quasi simpatia per i vostri sforzi inutili, quasi vorrei farvene trovare un altro di appiglio, ancora più in alto, proprio per vedervi ancora meglio risplendere della bassezza; gonfiarvi, nonostante l'immenso sopra di voi, della relatività di quel primato, della vertigine del secondo gradino quando tutti sono ancora al primo. E' allora che vi tolgo il sostegno che avete sotto i piedi, intenti in una scalata che non finirà mai; vi tolgo le certezze per vedevi sul volto l'ineluttabilità della caduta ed allora mi state anche più simpatici e rido, perché, alla fin fine cosa siete? Solo il rumore di fondo dell'esistenza, inezie, umani.

i racconti precedenti qui

09 giugno 2010

Frammento n.1

Il cinese aveva lunghe unghie laccate di nero e baffi stretti che pendevano dalle labbra fino al collo, sembrava uscito da un film anni cinquanta su Fu Manchu; somigliava ad un pesce gatto e sono convinto che ne avesse la stessa capacità di nuotare agile sui fondali limacciosi, l’uno dei fiumi, l’altro della vita. Continuava a tirare dadi sulla scacchiera di fronte a lui senza far muovere nessuna pedina, solo per sentirne il rumore di sonaglio quando li faceva girare nel bicchiere e per vederne l’ipnotico rotolare una volta lanciati. “Sei in ritardo”, non aveva nessuna inflessione, vibrava la erre come un qualsiasi occidentale; “Ho trovato traffico”, “Allora dovevi partire prima”, “Ne avrei trovato di più”. La mia risposta sembrò piacergli perché smise il monotono gesto del far ballare i dadi e si grattò la punta del naso con il mignolo della mano destra. Senza essere invitato mi accomodai sulla poltrona di fronte a lui e presi uno dei dadi dalla scacchiera, bello, in madreperla, con gli angoli smussati per rotolare meglio. Se lui sembrava uscito da un film di Fu Manchu, io, con il mio impermeabile, sembravo essere stato cacciato via da un libro di Dashiell Hammett. “Hai notizie per me?”, “Dipende, tu per me hai qualcosa?”, “Molta stima”, simpatico il cinese, risi per cortesia soffiando un po’ dal naso, “Non mi sembra che la stima fosse nei termini dell’accordo”, “Molta stima e cinquantamila euro”, “Così andiamo meglio. Te l’ho trovata” e buttai un paio di foto sulla scacchiera facendo rotolare una coppia di dadi che si fermarono sugli occhi di serpente; ritraevano una ragazza bruna, anche lei sicuramente orientale, che portava in giro un cane di piccola taglia, una specie di topo elegante. “Perfetto”, gli occhi del cinese somigliarono in maniera inquietante ai due dadi che avevo lanciato per sbaglio; “Naturalmente hai anche l’indirizzo”, “Naturalmente, ma chi sarebbe la signorina?”, sorrise facendo fare due strane curve ai baffi, “Adesso sei tu che non rispetti i patti”; aveva ragione, mi aveva chiesto di non fare domande ed io avevo accettato volentieri, anche perché è una mia regola base non fare domande, in fondo, io cerco persone, non cerco risposte. Sorrisi anche io, “Giusto”, prese una borsa da palestra da sotto il tavolo, la aprii e ad occhio capii che la somma era esatta, “Perfetto”, tirai fuori un biglietto e glielo diedi, “Via von Neumann 11, non è nemmeno troppo lontano”. Gli strinsi la mano e me ne andai. Mi ci volle qualche secondo per riabituare gli occhi alla luce, misi la borsa del portabagagli della macchina e giocherellai con le chiavi prima di sedermi al volante; non ero contento, non era la prima volta che lavoravo per gente così ma non riuscivo a far combaciare tutti i pezzi, non era un ‘brutto presentimento’, non ci ho mai creduto ai brutti presentimenti, ho sempre pensato che fossero solo degli escamotage che si trovano in romanzi o film, nemmeno troppo belli, per far quadrare le cose; nella vita vera nessun presentimento ti avvisa quando l’onda di merda ti sta per colpire.


Continua?

02 giugno 2010

Un regalo per voi



Questa canzone secondo me è tra le più belle che ci sono in giro ultimamente e ne ho scelto una gran bella versione live...buon ascolto e buona festa della Repubblica!!!